Anestesista rianimatore, figura moderna e trasversale. Intervista al prof. Giarratano

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Anestesista rianimatore: medico di sanità pubblica per eccellenza del Terzo Millennio. È quanto afferma in questa intervista Antonino Giarratano, direttore anestesia e rianimazione del Policlinico “P. Giaccone“ di Palermo

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Prof. Antonino Giarratano

Professore, quali criticità ci sono oggi tra il rapporto posti letto delle Terapie Intensive e il fabbisogno reale dei territori?
La carenza cronica dei posti letto di Terapia Intensiva è ancora più accentuata se la considera, su base nazionale, dal punto di vista dei territori. Occorre a mio avviso distinguere, cosa che nei ‘diversi’ Sistemi Sanitari Regionali non sempre viene fatto, tra la carenza anch’essa significativa di posti letto di Terapia Intensiva correlata alle attività chirurgiche generali e speciali (cardiochirurgia, neurochirurgia) e quella del territorio in senso stretto (Sistema dell’Emergenza Territoriale -SUE 118).

La prima si correla alle aumentate esigenze correlate all’avanzamento tecnologico delle nuove procedure chirurgiche e all’avanzamento dell’età anagrafica e delle comorbidità dei nostri pazienti. L’età della chirurgia generale è sempre più spostata in avanti e i nostri reparti, grazie ai progressi dell’Anestesiologia, della Medicina perioperatoria e delle Terapie intensive, vedono una popolazione sempre più critica affrontare interventi che fino a venti anni fa non venivano neanche proposti.

La seconda si correla a tantissimi fattori che hanno un diverso peso e una diversa incidenza. Un territorio che in alcune aree geografiche nazionali non risponde alle esigenze di assistenza, un’aumentata richiesta di cura che alle volte non trova anche eticamente una piena giustificazione e che vede il sistema sanitario come un sistema che deve comunque garantirmi la guarigione, una non adeguata programmazione regionale nella distribuzione per tipologia e specialità dei posti per acuti cui, di recente, si è cercato, da parte del Ministero, di porre rimedio tramite l’applicazione delle linee guida per la riorganizzazione della rete ospedaliera pubblicate nel D.M. 70/2015.

E’ chiaro comunque che anche se in tutte le Regioni in cui è stato applicato si è assistito sulla carta a un incremento dei posti letto di Terapia Intensiva, nella realtà la creazione di nuovi posti letto di terapia Intensiva non è immediata sia per ragioni di ordine tecnico e tecnologico sia per ragioni di natura economico finanziaria.

Quale importante ruolo riveste oggi l’anestesista – rianimatore per il paziente in area critica? E per l’azienda ospedaliera in cui opera?
Medico di sanità pubblica per eccellenza del Terzo Millennio, l’Anestesista Rianimatore si forma oggi in cinque anni di studi di specializzazione. Deve conoscere tutta la Medicina in ‘acuto’ e deve essere capace in ‘acuto’ di diagnosticare e trattare tutte le patologie che complicano le funzioni d’organo spesso vitali.

In tal senso l’atto anestesiologico lo vede artefice esclusivo ma il concetto di medico perioperatorio gli impone anche al di fuori delle aree critiche e terapie intensive, una profonda conoscenza dei meccanismi fisiopatologici e delle soluzioni diagnostiche e terapeutiche.
Non esiste situazione critica pre, intra e postoperatoria, non esiste condizione dolorosa acuta e cronica, non esiste disfunzione d’organo dove team leader non sia un Anestesista Rianimatore.

E’ chiaro che la ‘trasversalità’ e la ‘modernità’ di tale figura professionale fa sì che non ci sia un’Azienda ospedaliera o universitaria, pubblica o privata che in questo momento possa essere ‘produttiva’ secondo i canoni stabiliti dagli obiettivi imposti dalle Direzioni Strategiche, in carenza di Anestesisti Rianimatori.

Di recente il Ministero sta, ma i numeri sono ancora troppo bassi, provando a bilanciare il rapporto tra finanziamenti di posti  totali nelle Scuole di Specializzazione e posti attribuiti alla Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore. Le Regioni che sono più lungimiranti (e che hanno anche maggiori risorse) investono su queste figure professionali che vengono ‘prenotate’ già nel quinto e ultimo anno del Corso formativo.

Può darci alcune anticipazioni sul prossimo Congresso Nazionale che si terrà a Palermo?
Il Congresso è stato fortissimamente voluto dal Presidente in carica e dall’intero attuale Direttivo. E’ un segnale molto forte di ‘Unità d’Italia’ nel senso meno politico e più culturale del termine e non posso che essere orgoglioso della mia terra. Una terra complessa, difficile, non sempre all’onore delle cronache per fatti positivi, ma che riesce sempre, culturalmente, a dimostrare la sua storia e la sua valenza. Una terra che, sarà anche perché si è confrontata negli anni con tutte le etnie subendone quasi sempre la dominazione, vede i suoi uomini essere sempre inclusivi e mai preclusivi.

Come sapete, il Congresso Nazionale è ormai organizzato direttamente dalla Società Scientifica Nazionale che ne cura gli aspetti formativi e scientifici con i propri Comitati al cui interno siedono i più importanti referenti che hanno valenza sovranazionale. E’ quindi impossibile entrare nel merito oggi di cosa ci aspetta a Palermo nel 2018 sotto il profilo delle tematiche scientifiche peraltro in continua evoluzione.

Una cosa però posso dirla ed è che per la disciplina (e di conseguenza per i cittadini che ne beneficeranno) il 2018 rappresenterà l’anno dell’unità culturale scientifica e formativa con quella organizzativa e clinico assistenziale.

L’applicazione della Legge Gelli sta spingendo anche la nostra Società ad adeguarsi alla validazione e qualificazione dei percorsi clinico-assistenziali e quindi possiamo dire che il Congresso SIAARTI di Palermo grazie all’opera dell’attuale Direttivo con il Presidente in testa, sarà il Congresso della svolta per la Disciplina e per le Buone Pratiche Cliniche.

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