In Italia, una volta acquisita la specialità in anestesia, è possibile trattare tutti i pazienti: dal neonato all’anziano senza alcuna differenza. Sono invece necessari training formativi supplementari, come avviene nel mondo anglosassone. È quanto emerge dall’intervista rilasciata da Edoardo Calderini, Direttore del dipartimento anestesia del Policlinico di Milano
Professore, perché l’anestesia nei bambini è più pericolosa?
“I bambini hanno caratteristiche fisiologiche che variano in funzione dell’età e che differiscono sostanzialmente da quelle dell’adulto (aumentate richieste e minor riserva di ossigeno, maggiore incidenza di laringospasmo, minor compenso cardiocircolatorio) e una diversa composizione dei liquidi corporei che condiziona una diversa risposta ai farmaci. Inoltre le ridotte dimensioni corporee rendono più complicate le manovre proprie dell’anestesia (incanulamento dei vasi, ventilazione in maschera, ecc) e richiedono quindi delle abilità tecniche (manual skill) che possono essere acquisite solo con una pratica continua e non sporadica. La letteratura dimostra che i bambini sottoposti ad anestesia hanno un aumentato rischio perioperatorio sia in termini di morbidità che mortalità rispetto ai pazienti adulti. Un’insufficiente condotta anestesiologica è stata riconosciuta tra le cause più importanti nella genesi delle complicanze perioperatorie più gravi (arresto cardiaco, coma, disturbi neurocognitivi) (Morray et al; Mc Cann et al)”.
In quali ospedali dovrebbero essere indirizzati i bambini che necessitano un intervento chirurgico?
“La popolazione pediatrica che va incontro ad intervento chirurgico (e quindi anestesia) è troppo bassa per mantenere sufficienti abilità tecniche per tutti gli anestesisti in tutti gli ospedali. La letteratura dimostra un incremento di cinque volte nelle complicanze perioperatorie totali (gravi e non gravi) con anestesisti inesperti (< 100 anestesie/anno) rispetto a quelli più esperti (> 200 anestesie/anno) (Tiret). È quindi indispensabile una centralizzazione delle cure pediatriche in ospedali di riferimento che in Italia, salvo rare eccezioni, non è stata attuata. Nella maggior parte delle regioni i bambini vengono operati in ospedali periferici con attività pediatrica saltuaria o in grandi ospedali delle metropoli senza organizzazione specifica pediatrica”.
In concreto, quali misure potrebbero essere attuate per ridurre queste complicanze?
“La riorganizzazione della rete di assistenza pediatrica rappresenta il primo punto nella lista dei possibili correttivi. Ogni regione dovrebbe identificare uno (o più) ospedali pediatrici di riferimento cui riferire i pazienti più complessi (per patologia o età) (Hub) e una serie di ospedali satelliti strettamente interconnessi (spoke) per il trattamento dei casi meno complicati. Gli ospedali con vocazione pediatrica dovrebbero ricoverare almeno 1.000-1.500 bambini chirurgici di età inferiore ai 10 anni ed ogni anestesista dovrebbe effettuare un minimo di 200-300 anestesie pediatriche per anno. È necessario inoltre intervenire sulla formazione degli anestesisti. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito l’anestesia pediatrica (con la cardio e la neuroanestesia) è considerata una subspecialità e richiede un training formativo supplementare dopo la specializzazione e una ricertificazione a intervalli regolari. Viceversa in Italia, una volta acquisita la specialità, è previsto che l’anestesista possa trattare tutti i pazienti dal neonato al grande anziano e non c’ è alcun sistema di “rivalidazione” delle competenze teoriche e pratiche. L’acquisizione di competenze specifiche consentirebbe inoltre di stabilire più correttamente il momento più opportuno per effettuare l’intervento limitando il più possibile le procedure chirurgiche/anestesiologiche nei primi anni di vita. È infine compito delle Società Scientifiche promuovere attività culturali a sostegno della competenze dei propri affiliati. È proprio di questi giorni l’avvio di una interessantissima campagna di sensibilizzazione in Europa “The safe anesthesia for every tot (safetots) initiative” sulla anestesia pediatrica presentata al recente congresso della European Society of Anesthesia a Berlino. L’obiettivo dell’iniziativa è duplice: da una parte identificare i fattori di rischio e le cause che generano le gravi complicanze associate alla anestesia pediatrica e dall’altra fornire agli operatori ed alle Istituzioni i suggerimenti utili alla corretta pratica del trattamento anestesiologico”.
Bibliografia
Morray JP, Geiduschek JM, Caplan RA, et al. A comparison of pediatric and
adult anesthesia closed malpractice claims. Anesthesiology 1993; 78:461– 467.
McCann ME, Schouten AN, Dobija N, Munoz C, Stephenson L, Poussaint T, Kalkman C, Hickey PR. de Vries L, Tasker R. Infantile postoperative encephalopathy: perioperative factors as a cause for concern. Pediatrics. 2014; 133: e751-7.
Tiret L, Nivoche Y, Hatton F, et al. Complications related to anaesthesia in infants and children. A prospective survey of 40240 anaesthetics. Br J Anaesth 1988; 61:263 – 269.
fonte: ufficio stampa