Molteplici ragioni anatomiche, fisiologiche, farmacologiche e di tecnica-manualità, dimostrano che l’anestesia pediatrica è molto diversa da quella dell’adulto. Ne abbiamo parlato con Nicola Zadra, Responsabile Anestesiologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera di Padova
Dottor Zadra, cosa c’è di nuovo nella sedazione pediatrica?
In primo luogo sottolineerei i diversi contesti in cui si usa il termine sedazione pediatrica. I bambini, infatti, si devono sedare in Terapia Intensiva; per eseguire indagini diagnostiche non dolorose ma che richiedono immobilità (NMR, TAC); per manovre invasive (suture di ferite, rachicentesi, prelievi di midollo, endoscopie).
Sono situazioni diverse che richiedono competenze specifiche perché la probabilità di avere complicanze anche gravi è inversamente proporzionale all’esperienza dell’operatore.
Di nuovo c’è la Dexmedetomidina, un vecchio alfa 2 agonista simile alla clonidina, usato per anni in anestesia veterinaria e ora sbarcato nel mondo dell’anestesia dell’uomo e del bambino. È un farmaco che ha bisogno ancora di essere studiato ma che potrebbe giocare un ruolo importante nella sedazione e analgesia prolungate in terapia intensiva pediatrica (è in grado di prevenire e contrastare la sindrome da difficoltà respiratoria, da astinenza da oppiacei, di ridurre la tolleranza agli stessi, non da depressione respiratoria).
La dexmedetomidina può consentire a ‘non anestesisti’ di gestire la sedazione di bambini per procedure diagnostiche come NMR (spettroscopia di risonanza magnetica nucleare), TAC, Scintigrafie, evitando l’uso di farmaci di pertinenza anestesiologica, più efficaci ma anche più pericolosi.
Come è meglio gestire un bambino con dolore cronico?
Il dolore cronico, come nell’adulto, si divide in benigno e maligno. Ognuno richiede approcci diagnostici e terapeutici particolari. Non si può prescindere dalla multidisciplinarietà. La terapia del dolore cronico richiede un team di professionisti, tra i quali non può mancare l’anestesista con competenze specifiche, lo psicologo e il fisioterapista.
Perché nel settore anestesiologico un bambino non può essere considerato un piccolo adulto?
Per ragioni anatomiche, fisiologiche, farmacologiche e di tecnica-manualità.
Ragioni anatomiche: il sistema nervoso centrale non è ancora completamente sviluppato, la mielina è scarsa, il liquor cerebrospinale relativamente più rappresentato e con turnover elevato, il sacco durale arriva più in basso, l’ossificazione delle vertebre soprattutto sacrali è incompleta, lo spazio peridurale più ampio. Le vie aeree hanno forma e caratteristiche peculiari, per cui intubazione tracheale e ventilazione meccanica seguono regole proprie, diverse da quelle dell’adulto.
Ragioni fisiologiche: tutti gli apparati sono immaturi. Il miocardio è diverso da quello dell’adulto e reagisce diversamente al carico volemico e all’esposizione ad alcuni farmaci come le amine. Non sappiamo, ancora oggi, quale sia il valore minimo tollerabile della pressione arteriosa o della glicemia nel neonato. Il fegato metabolizza in modo diverso i farmaci. Il tessuto muscolare è meno efficiente e meno resistente alla fatica e questo ha enormi implicazioni in anestesia e terapia intensiva. Fisiologia polmonare e metabolismo accelerato fanno sì che il neonato diventi ipossico anche per un’apnea brevissima e anche questo ha enormi implicazioni nella gestione delle vie aeree. Qualsiasi fallimento ci lascia pochi secondi per rimediare.
Ragioni farmacologiche: volume di distribuzione, clearance, legami proteici della maggior parte dei farmaci sono totalmente diversi dall’adulto. La farmacologia del bambino piccolo segue regole diverse: per ottenere una uguale concentrazione plasmatica di propofol un bambino può richiedere una somministrazione superiore del 50-100% di quella di un adulto; l’uso degli anestetici locali segue regole totalmente diverse da quello nell’adulto e la conoscenza delle dosi e delle concentrazioni di questi farmaci è fondamentale per la sicurezza oltre che per l’efficacia di una tecnica.
Ragioni di manualità: la ventilazione in maschera del lattante può essere molto difficile e così la venipuntura, l’incannulazione arteriosa e venosa centrale. Eseguire una peridurale in un bambino di 3 Kg richiede esperienza e sensibilità che non si possono improvvisare.
Per finire anche le patologie del bambino e dell’adulto sono diverse: in pediatria manca la patologia cardiovascolare arteriosclerotica, l’artrosi ma in compenso si devono affrontare le complesse malformazioni del neonato, cardiache, polmonari, gastrointestinali, neurologiche. Ognuna con peculiarità sconosciute nel mondo dell’adulto.
Se il bambino possiede le strutture di percezione del dolore già dalle prime settimane di vita intrauterina, come può essere difeso dalle esperienze dolorose?
In primo luogo imparando a misurare il dolore nel bambino: quello che non si misura non è riconosciuto e quindi non trattato. Con l’uso razionale e consapevole degli analgesici, superando alcune paure (quella degli oppioidi); con programmi di prevenzione del dolore postoperatorio istituzionali, al pari dei protocolli di prevenzione delle infezioni postoperatorie o della trombosi venosa profonda; con l’uso diffuso e sistematico dell’anestesia locoregionale per la gestione di tutta la chirurgia del bambino a partire dall’età neonatale.