La sanità, e quindi la salute dei cittadini italiani e il lavoro dei medici, è fuori programma, fuori cultura, fuori agenda dei Governi. Non si capisce nemmeno a cosa gli serva un Ministro della Salute che, per la verità, di questa presenza-assenza nemmeno pare dolersi
Roma, 15 dicembre 2016 – Niente è cambiato. Nemmeno il gattopardo è più di moda. Come tutti i Presidenti del Consiglio che lo hanno preceduto, anche l’on. Gentiloni nel discorso programmatico davanti alla Camera dei Deputati si è ben guardato dal parlare di sanità. Anzi dal pronunciare la stessa parola, come fosse maledetta. Altro che far tesoro degli errori!!! La coazione a ripetere che colpisce i governanti non risparmia né rottamati né rottamatori. La sanità, e quindi la salute dei cittadini italiani e il lavoro dei medici, è fuori programma, fuori cultura, fuori agenda dei Governi. Non si capisce nemmeno a cosa gli serva un Ministro della Salute che, per la verità, di questa presenza-assenza nemmeno pare dolersi.
Non è un buon inizio né una buona ripartenza. È la rimozione delle diseguaglianze che legano il diritto alla salute a residenza e reddito, in una corsa al precipizio del suo svuotamento e all’attacco a contratto di lavoro e sindacato, espulsi anche dal linguaggio. Come meravigliarsi se, come diceva Einstein, facendo le stesse cose si raccoglieranno gli stessi risultati?
Non c’è da stare allegri se vince una linea di continuità così avara nei confronti dei medici, dei cittadini, della sanità pubblica, condannata all’inefficientamento per favorire uno non più strisciante viraggio verso la privatizzazione di un bene comune come la salute, anche svalorizzando il lavoro dei medici e dei dirigenti sanitari dipendenti del SSN.
Diminuisce il perimetro della tutela pubblica ed aumenta la spesa a carico dei cittadini in una situazione di crisi economica che non accenna a finire. Undici milioni di cittadini si negano l’accesso alle cure per difficoltà economiche ed il Sud risana, almeno parzialmente, i conti semplicemente negando le cure ed abusando dei contratti di lavoro atipici, troppo vicini allo sfruttamento dei giovani.
Non c’è verso di sentire la parola salute nelle aule parlamentari. Se non augurarsi un’epidemia di raffreddore o di allergici che costringa a rispondere, se non altro per buona educazione, ad una salve di sternuti con la fatidica parola: salute.
Fanno bene i partiti a dire che non hanno paura del voto prossimo venturo. Ma qualcuno farebbe meglio ad averne dei risultati.
fonte: ufficio stampa