Roma, 10 marzo 2017 – L’indagine che la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere – Fiaso presenta oggi sull’applicazione della L.161/2014, che recepisce la Direttiva europea sull’orario di lavoro, e sul suo impatto sul sistema sanitario, ha il pregio della chiarezza.
Innanzitutto, dimostra che la Legge, a distanza di oltre due anni, è ancora largamente non applicata, il che lascia l’Italia ancora esposta ad una procedura di infrazione da parte della UE. Ma anche che esistono diverse categorie di furbetti.
Dopo quelli del cartellino, che pretendono di farsi pagare un lavoro non svolto, quelli dell’orario che pretendono di non pagare un lavoro svolto, non riconoscendo, e quindi cancellandone le tracce con atti unilaterali, ore di lavoro regolarmente certificate, o continuando a chiedere deroghe e franchigie, come una qualunque impresa di assicurazione.
Nessuna parola sul finanziamento vicino allo zero della beffa e dell’offesa di un CCNL desaparecido con l’alibi della crisi, rinnegato o manipolato nella prassi delle Aziende sanitarie, nessuna parola sullo scippo continuo, attraverso provvedimenti legislativi o esegesi di comodo, delle risorse accessorie chiamate a retribuire le condizioni di lavoro, nessuna parola sull’ultimo colpo di mano con destrezza (la Fiaso non ne sa niente e niente ha da dire?) che, nel testo sul pubblico impiego, si è spinta fino all’eccesso di delega legislativa.
Nei desiderata della Fiaso scompaiono per incanto milioni di ore di lavoro non recuperate e non pagate, ritmi e carichi di lavoro che mettono a rischio la sicurezza delle cure, la fatica di uomini e donne in turni notturni e festivi oltre i 65 anni, il ricorso a false partite IVA, sacche di precariato stabile, il taglio lineare di ogni prospettiva di progressione di carriera. E le criticità sul versante dell’offerta sanitaria e dell’accesso alle cure dei cittadini diventano ‘trascurabili’, in palese conflitto con la realtà del loro vissuto e con le denunce delle associazioni di rappresentanza.
Le Aziende sanitarie, impegnate nel gioco del Lego di smontaggio e rimontaggio, in una corsa alla ipertrofia organizzativa e retributiva del management, divenuta una mania, danno una ennesima dimostrazione della incapacità di convivere con modelli organizzativi che non siano illegittimi o fondati su deroghe continue. E su di una flessibilità che preveda come elemento legale e strutturale l’uso intensivo, fino all’abuso, del lavoro dei medici e dei dirigenti sanitari. A gratis, ovviamente, liberandosi anche dall’obbligo di pagare un qualunque prezzo, economico o di progressione di carriera o di riconoscimento di un ruolo che appellano dirigenziale solo quando fa comodo.
Commovente il richiamo di qualche Direttore amministrativo alla collaborazione con i professionisti in nome del bene comune, e stridente con una mission che le Aziende sanitarie identificano nel Governo dei costi di produzione attraverso un puro meccanismo di controllo dei fattori di produzione, medici e dirigenti sanitari compresi.
Alimentando la mortificazione del ruolo professionale e l’imbarbarimento delle condizioni di lavoro con l’invadenza e la prosopopea di una cultura manageriale dimentica di ogni obiettivo di salute. Condizioni di lavoro e retributive non sono mai state peggiori di oggi nell’ultimo decennio, per cui rimandiamo al mittente ogni richiesta tesa ad ulteriori peggioramenti.
Senza la restituzione di valore al lavoro professionale in sanità, oggi ridotto a macchina banale, sebbene capace di salvare vite umane, tutti i giorni e le notti dell’anno, come ieri a Parma, a dispetto di condizioni sempre più gravose e rischiose, le Aziende sanitarie, ed i loro Direttori non riusciranno certo a “promuovere, mantenere e recuperare la salute fisica e psichica della popolazione”.
Spiace che la Fiaso, che pure è una Associazione a finanziamento pubblico, non si renda conto che un disagio crescente dei professionisti è in grado di erodere uno straordinario patrimonio civile e tecnico professionale del nostro paese.
Se spera di avere quello che cerca dal contratto, costretto a muoversi nelle condizioni che i suoi aderenti hanno contribuito a creare, andrà incontro ad una cocente delusione. Per intanto chiediamo a Governo e Parlamento di evitare atti di forza contrari ai diritti del lavoro e alla sicurezza delle cure.
fonte: ufficio stampa