Roma, 26 novembre 2021 – Non capita quasi mai a un sindacato di condividere le posizioni del suo datore di lavoro ma oggi Anaao Assomed non può che concordare con le Regioni quando affermano che “occorre un finanziamento eccezionale al fine di salvaguardare gli equilibri del sistema sanitario nazionale, stante il perdurare di una fase eccezionale e non ordinaria della Sanità”. La gravità della situazione sanitaria nel nostro Paese non permette facili e sterili antagonismi contro il senso delle cose.
L’incremento del FSN di 2 miliardi – sostiene Anaao Assomed – se arresta l’onda lunga del definanziamento, non segna un’inversione delle politiche economiche, visto che basterà appena per gli incrementi contrattuali di dirigenza e comparto (circa 1,3 miliardi per il 2021 e 2022), gli oneri per la Medicina convenzionata, le risorse necessarie alla stabilizzazione di parte del personale reclutato per l’emergenza. Senza contare gli arretrati contrattuali 2019-2020, circa un miliardo, che avrebbero dovuto essere accantonati dalle Regioni ma il dubbio, viste le esperienze del passato, è legittimo.
Il finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale è sì cresciuto dal 2015 al 2019 del 1,1% medio annuo in termini nominali, salendo nel 2020 fino al 7,3% del Pil, grazie agli interventi seguiti all’emergenza sanitaria. Ma, considerando le previsioni tendenziali di spesa sanitaria della NADEF, nel 2024 l’incidenza sul PIL della spesa sanitaria sarebbe pari al 6,3%, inferiore a quella del 2019 (6,4%). Non siamo, pertanto, di fronte a un rafforzamento strutturale del SSN, quanto a una conferma delle precedenti scelte che pongono l’Italia tra i paesi europei con spesa sanitaria meno elevata e in progressiva riduzione.
In uno scenario caratterizzato dall’avanzare di una quarta ondata, con oltre 10mila nuovi contagi giornalieri, aumento di ricoveri ospedalieri e di presenze in terapie intensive, cui si somma la influenza stagionale, causa di quasi circa 8.000 morti tra i pazienti più fragili, la sanità ritorna, con l’incedere del gambero, in una situazione di incapienza, di risorse economiche, umane, posti letto, con problemi cronici intrecciati a quelli creati dal Covid.
Mentre chilometriche liste d’attesa accentuano la sfiducia dei cittadini e le spinte verso la privatizzazione, sentiamo un gran parlare di muri e di tecnologie, ma non di uomini e di donne, di bisogni e di diritti. Ma la sanità è fatta di professionisti qualificati, insostituibili punti di riferimento per i cittadini e garanzia di diritti fondamentali.
Occorre il MES, o almeno parte di esso, come Anaao Assomed sostiene da tempo. Non c’è debito altrettanto “buono” di quello necessario a salvare il soldato SSN, “il bene comune più prezioso che abbiamo” e dare a medici e dirigenti sanitari ben più di una foto ricordo. Occorrono maggiori risorse per occuparsi del loro stress da lavoro correlato e delle loro fughe, espressione di “grande rassegnazione”, e mettere il loro lavoro al centro della agenda con il suo valore, anche economico, per una condizione umana e professionale più soddisfacente.
Il nodo della crisi della sanità pubblica, che il governo non vuole vedere, è nella frustrazione e insoddisfazione del personale del SSN, medico soprattutto, numericamente carente, demotivato, stressato, sottopagato e oberato di attività già in tempi normali, cui la emergenza pandemica ha dato solo il colpo di grazia. Servono architetti di un nuovo lavoro e risorse economiche dedicate, quali quelle del MES. Non capirlo significa continuare a seminare vento. In attesa di raccogliere tempesta.