Roma, 7 ottobre 2021 – La manina che nella notte tra il 29 e 30 settembre ha aggiunto il Ddl “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’art.116 della Costituzione” ai decreti collegati alla prossima legge di bilancio non ha reso un buon servigio alla sanità pubblica, peraltro duramente provata dalla pandemia e dalla carenza di personale.
Questa riesumazione – commenta l’Anaao Assomed – potrebbe, infatti, rappresentare il colpo di piccone definitivo a quello che resta di nazionale del Servizio Sanitario pubblico. Il governo dei migliori, come quelli che lo hanno preceduto, baratta un forte elemento di coesione sociale con l’illusione di un patto politico con una parte della sua maggioranza, balcanizzando l’unico diritto che la Costituzione definisce “fondamentale”.
Il federalismo sanitario nato con la modifica del titolo V – prosegue l’Anaao Assomed – ha prodotto differenze, diseguaglianze, divaricazioni nel tessuto sociale senza minimamente scalfire il gradiente Nord Sud. Ormai fallito, non si salverà nemmeno nella versione “a geometria variabile”, che il Governo intende assecondare, con il rischio di favorire ulteriori spinte verso l’egoismo territoriale e il sovranismo regionale, ridimensionare il contributo fiscale delle Regioni più ricche, aumentare l’entropia istituzionale. In una sanità lacerata da importanti criticità, il diritto alla salute cesserà di essere un bene pubblico nazionale per assumere una valenza locale che ne diventa la fonte primaria.
Un federalismo spesso di abbandono ha creato un neo-centralismo regionale, con relativa bulimia di potere estesa fino alle carriere professionali, ed una salute ineguale, con la declinazione di un diritto uno e indivisibile in 21 modalità differenti in termini di accesso e di esiti, a parità di condizioni giuridiche tra un cittadino lombardo ed uno campano.
Le distanze tra due punti del Paese possono venire espresse non solo in km ma in aspettativa di vita, minore al Sud di 4 anni, e in tassi di mortalità evitabile, maggiori al Sud. La speranza di vita in buona salute presenta un divario addirittura di 20 anni tra i due estremi. Un bambino che nasce al Sud ha il doppio delle probabilità di morire nel primo anno di vita rispetto ad uno nato al Nord.
Le diseguaglianze, però, delegittimano la democrazia e comportano una perdita complessiva di coesione sociale con una accentuazione degli squilibri tra le Regioni. Con il paradosso di una mobilità sanitaria che sottrae ogni anno 4,6 miliardi alle regioni piu povere per finanziare le piu ricche, il cui equilibrio dei conti dipende per parte non piccola da questa fonte.
Non esistono evidenze per affermare che ulteriori gradi di autonomia nelle disponibilità economiche, attraverso il fisco e i ticket, non comportino un netto aggravamento delle diseguaglianze. O che non contrastino con la pari dignità dei cittadini prevista dall’articolo 3 della Costituzione o con l’articolo 32 che caratterizza il diritto alla salute come fondamentale per l’individuo, andando oltre la stessa condizione di cittadinanza. Senza contare che la Legge 833 del 1978, istitutiva del SSN, pone tra gli obiettivi principali il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie.
La richiesta di autonomia differenziata avanzata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna in tema di sanità rischia di spezzare definitivamente uno dei fili verticali che tengono insieme il nostro Paese e sostengono il senso di comunità, cancellando una delle sue più preziose conquiste: il Servizio Sanitario Nazionale, quello che in piena pandemia era il bene comune più prezioso da salvaguardare e che dalla pandemia ci ha permesso di uscire meglio di altri. Un attacco in piena regola ai diritti di cittadinanza e a quelli del lavoro, vista l’aspirazione, nemmeno nascosta, delle autocrazie regionali di vanificare i contratti nazionali prima ancora che vengano sottoscritti.
Anaao Assomed chiede al Parlamento di non di avallare un attacco alla Costituzione e alla stessa unità del Paese, preannunciando il massimo impegno per garantire che i diritti fondamentali siano esigibili allo stesso modo per tutti i cittadini, e per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla residenza. Il diritto alla salute non può perdere una dimensione nazionale perché forti sono i rischi se i cittadini non condividono gli stessi principi di giustizia sociale in un ambito rilevante come quello della salute.