Un consorzio internazionale di cui fa parte l’Università degli Studi di Milano ha scoperto nuove varianti genetiche associate allo sviluppo della patologia. Lo studio, realizzato presso la Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico e pubblicato su Nature Genetics, ha coinvolto oltre 94.000 soggetti in Europa e in America
Milano, 4 aprile 2019 – Sono cinque le nuove varianti genetiche associate allo sviluppo della malattia di Alzheimer scoperte da uno studio internazionale di cui fa parte anche l’Università degli Studi di Milano. Grazie a questo risultato, è stato possibile identificare nuovi potenziali geni implicati nei meccanismi biologici alla base della malattia.
Lo studio internazionale “Genetic meta-analysis of diagnosed Alzheimer’s disease identifies new risk loci and implicates Aβ, tau, immunity and lipid processing”, pubblicato su Nature Genetics, è stato condotto da un team internazionale di ricercatori di cui fanno parte Elio Scarpini, docente del Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti, e Daniela Galimberti, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche, del Centro Dino Ferrari dell’Università Statale di Milano, specializzato in ricerca, diagnosi e terapia delle Malattie Neuromuscolari e Neurodegenerative.
Si tratta del più grande studio genetico ad oggi realizzato, grazie al contributo di più di 300 gruppi di ricerca sia europei che americani, riuniti e coordinati in un unico grande consorzio multinazionale, che hanno studiato il DNA di più di 94.000 soggetti.
Si è svolto presso l’Unità Malattie Neurodegenerative della Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, che ha garantito l’accuratezza diagnostica dei pazienti inseriti nello studio, grazie all’impiego delle procedure diagnostiche più avanzate che consentono ad oggi una diagnosi a livello molecolare della malattia.
La malattia di Alzheimer rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione con più di 65 anni, è una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale che porta a un declino cognitivo sempre più grave e che dipende sia da fattori genetici che ambientali.
La ricerca ha confermato il ruolo di diversi geni identificati già in precedenza come fattori di rischio per l’insorgenza della malattia (come quelli legati al metabolismo dei lipidi, della proteina beta amiloide e della proteina Tau), ma sono stati anche identificati nuovi geni candidati, fortemente associati all’infiammazione e all’immunità.
Secondo Daniela Galimberti, “i risultati che abbiamo ottenuto sottolineano come l’immunità di base, se alterata, abbia importanti ripercussioni sull’insorgere della malattia”.
“I risultati genetici oggi pubblicati confermano che i meccanismi causali della malattia di Alzheimer hanno una significativa componente immunologica, con importanti implicazioni per le future strategie terapeutiche”, commenta Elio Scarpini.