Le demenze sono uno dei principali temi al centro del 22° Congresso dell’Associazione Italiana Psicogeriatria “Dopo la pandemia: la sfida per una medicina a misura della terza età”. Tre giorni di lavori a Firenze con oltre 800 specialisti. “Le cause, sono molteplici, non solo la patologia neurodegenerativa, tanto che se si attuasse un’adeguata prevenzione probabilmente il 30-40% delle patologie neurodegenerative non si verificherebbe. Su queste concause la ricerca scientifica va avanti: si stanno studiando farmaci che non agiscano sul sintomo ma sulla causa, sul processo di accumulo di amiloide” evidenzia Laura De Togni, neurologa, ASL 9 scaligera, Verona
Verona, 26 maggio 2022 – Le demenze costituiscono delle malattie che caratterizzano sempre più spesso la terza e la quarta età. Distruggono la persona, ma non cancellano la vita: per questo la ricerca scientifica è al lavoro per migliorare la quotidianità di chi ne soffre o rischia di andarvi incontro. Questo è emerso nel 22° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Psicogeriatria – AIP. Tre giorni al Palazzo dei Congressi a Firenze con 800 specialisti tra geriatri, neurologi, psichiatri che si sono confrontati sul tema.
Ricerca scientifica e prevenzione contro le malattie neurodegenerative
“La demenza si può affrontare con modalità cliniche – spiega il prof. Marco Trabucchi, Presidente AIP – Non abbiamo ancora farmaci adeguati, ma il progresso è tale che nei prossimi 2-3 anni avremo una risposta sul piano farmacologico. La ricerca scientifica si sta indirizzando verso la capacità di rallentare la formazione della sostanza beta amiloide nel cervello, la quale genera un’azione negativa sui neuroni: queste terapie mirano a una riduzione dei sintomi e a un rallentamento dell’evoluzione della malattia. Oggi adottando un altro approccio possiamo proteggere i neuroni con la prevenzione. Prevenzione significa evitare la solitudine, stimolare il sistema cognitivo, effettuare un’alimentazione adeguata e corretta, svolgere un’attività fisica che sia di almeno 500 metri al giorno. Rallentare la comparsa della malattia può voler dire anche non avere mai la malattia”.
“L’Alzheimer è numericamente la principale forma di demenza tra le malattie neurodegenerative in tutto il mondo – evidenzia Laura De Togni, neurologa, ASL 9 scaligera, Verona – Riveste circa il 60-80% di tutte le demenze di tipo neurodegenerativo. In Italia ci sono 1,1-1,2 affetti da demenza in generale, di cui il 60-80% affetti da Alzheimer, quindi circa 800mila persone. Le cause sono molteplici, non solo la patologia neurodegenerativa: molto conta anche lo stile di vita, tanto che se si attuassero le azioni preventive emanate da ogni documento scientifico (eliminazione del fumo, controllo delle malattie croniche, socializzazione, cura della depressione, ecc.) probabilmente il 30-40% delle patologie neurodegenerative non si verificherebbe. Su queste concause la ricerca scientifica va avanti: ci sono dei farmaci da 20 anni, ma oggi si guarda avanti e si stanno studiando farmaci che non agiscano sul sintomo ma sulla causa, sul processo di accumulo di amiloide. Si tratta di anticorpi monoclonali che inibiscono i primi meccanismi patogenetici dei precursori dell’amiloide; agiscono quindi in una fase precoce. Il futuro sarà sviluppare una terapia che sia un cocktail di farmaci per agire sulle diverse cause. I primi anticorpi monoclonali sono già stati approvati negli Stati Uniti, seppur con molte ristrettezze, che sono state accentuate anche di recente (possono essere somministrati solo in pazienti in studi sperimentali, sono farmaci molto costosi senza sovvenzioni). L’EMA per ora ha bloccato l’erogazione di queste terapie, ma si spera che la situazione si possa sbloccare in breve tempo”.
Ogni anno negli ospedali italiani un italiano su 5 va incontro a delirium
Non solo Alzheimer: il panorama delle patologie neurodegenerative. “Nel periodo 2015-2017 abbiamo condotto uno studio su 450 ospedali italiani in cui abbiamo riscontrato una prevalenza del delirium del 22-23% tra gli ultra65 – evidenzia il prof. Giuseppe Bellelli, Vicepresidente AIP e Professore Ordinario di Geriatria all’Università Milano Bicocca – Ciò significa che ogni giorno, in ogni ospedale italiano un anziano ogni 5 va incontro a delirium, che però il più delle volte non è adeguatamente riconosciuto: anzitutto perché nelle fasi iniziali è caratterizzato solo da sopore, difficoltà di concentrazione, sonnolenza; in secondo luogo, non ci sono biomarcatori, per cui non è facilmente diagnosticabile e distinguibile, ad esempio, dalla demenza. Sappiamo che il delirium impatta moltissimo sugli outcome di salute, a partire dalla mortalità: in base allo studio suddetto, a parità di età e patologie, il delirium aumenta di due volte e mezzo il rischio di morire durante la degenza ospedaliera. Il decesso è una conseguenza anche a lungo termine. Inoltre, il delirium aumenta di 12 volte il rischio di sviluppare declino cognitivo nel medio termine a parità di età e condizioni morbose. Impatta quindi in modo significativo; è un importante tema di sanità pubblica. Diventa pertanto necessario occuparsi di delirium come fattore di rischio di declino cognitivo, andarlo a intercettare in modo attivo nei pazienti ospedalizzati, pianificare per questi soggetti delle valutazioni seriate dopo le dimissioni e ragionare su possibili interventi legati agli stili di vita nell’invecchiamento”.