Con l’arrivo della primavera per chi soffre di congiuntivite allergica il collirio costituisce uno strumento fondamentale per combatterne i sintomi, soprattutto durante la fase acuta. Ma occorre fare i conti con le problematiche legate all’utilizzo dei colliri, come eventuali bruciori o gli effetti tossici esercitati dai conservanti: quali sono le soluzioni oggi possibili? Ne parliamo con l’esperto
Roma, 31 marzo 2018 – Se è ormai noto che le allergie primaverili rappresentino un problema per circa quattro italiani su dieci forse non sono altrettanto conosciute le problematiche legate all’utilizzo dei dispositivi per attenuarne i sintomi. Soprattutto quando si parla di colliri, come ci spiega il prof. Stefano Bonini, Professore Ordinario di Oftalmologia presso L’Università di Roma Campus BioMedico e Responsabile dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) di Oftalmologia.
“Il prurito e l’irritazione oculare costituiscono una delle principali manifestazioni della comparsa dei pollini primaverili e nella maggior parte dei casi si traducono in arrossamento degli occhi, lacrimazione e sensazione di corpo estraneo. Poiché tali sintomi tendono a diventare cronici a causa dello stimolo allergico ripetuto o del progressivo squilibrio del film lacrimale e della superficie oculare, il trattamento della congiuntivite allergica prevede generalmente l’impiego prolungato di farmaci topici a base di antistaminici come per esempio la levocabastina o di molecole con proprietà antistaminiche e stabilizzanti, come olopatadina e ketotifene. Si tratta di soluzioni che permettono di contrastare velocemente e con efficacia i fastidi provocati dalla reazione agli allergeni contenuti nei tipici pollini primaverili, per esempio delle Graminacee, della Parietaria, delle Betulacee, delle Oleacee e delle Cupressacee”.
“E’ però importante evidenziare – prosegue il prof. Bonini – che l’uso cronico di colliri antiallergici è spesso responsabile di effetti dannosi a carico della superficie oculare, per lo più determinati dai conservanti aggiunti alle formulazioni per prevenire la contaminazione batterica.
In particolare, diversi studi hanno dimostrato che alcuni tra i conservanti più comunemente impiegati producono effetti tossici e infiammatori per l’occhio che vanno da sintomi transitori e lievi come irritazione, prurito, bruciore a reazioni decisamente più gravi come infiammazione cronica o fibrosi subcongiuntivale cronica. In questi casi la sospensione immediata del preparato si è rivelata purtroppo non sufficiente per ristabilire le condizioni di normalità. Inoltre non va sottovalutato che le reazioni avverse correlate alla presenza di conservanti possono confondere ulteriormente il quadro clinico”.
Quali colliri occorre quindi utilizzare? “Fermo restando fondamentale il parere del proprio oculista – conclude Bonini – il consiglio generale è quindi di evitare le formulazioni contenenti conservanti, privilegiando i formati monouso o i nuovi dispositivi oggi sul mercato, senza conservanti ma in grado di durare diverse settimane”.