Milano, 14 febbraio 2020 – Le allergie alimentari rappresentano un problema comune in età pediatrica, tuttavia secondo gli allergologi, che conoscono bene l’impatto sulla qualità di vita delle gravi allergie alimentari a rischio shock anafilattico con i suoi esiti potenzialmente mortali, in termini di reale prevalenza e impatto del problema, c’è una sostanziale tendenza a sovradimensionare il fenomeno.
Qual è quindi il reale l’impatto dell’allergia alimentare in età pediatrica? Anche se alcuni studi stimano una prevalenza di allergia alimentare in età pediatrica fino al 20%, tuttavia il dato più realistico è quello compreso tra lo 0,5% ed il 5%, riportato da trials condotti utilizzando il test di provocazione con l’alimento sospetto, ad oggi, il criterio diagnostico più attendibile.
“Capita ancora troppo spesso infatti – spiega la dott.ssa Carmen Montera, Allergologa pediatrica segretario del consiglio direttivo AAIITO (Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri) – che un bambino venga sottoposto ad una dieta di eliminazione in base al semplice sospetto clinico, ad una positività al prick test, o al valore elevato di IgE specifiche sieriche. Nella pratica clinica, però, il percorso diagnostico-terapeutico specialistico dovrebbe essere avviato solo a fronte di una anamnesi puntuale, evitando il più possibile l’approccio ‘semplicistico’ basato sulla mera esecuzione delle prove allergiche, seguita dalle successive diete di eliminazione, che risultano il più delle volte inutili.”
“Nelle allergie alimentari dell’età pediatrica conoscere ed attuare le procedure diagnostiche essenziali e darne una corretta interpretazione è una priorità non solo scientifica ma anche etica – osserva il dott. Antonino Musarra, Specialista allergologo e Past Presidente AAIITO – le decisioni che ne conseguono, infatti, possono influenzare le abitudini e la qualità della vita sia del paziente che dei famigliari, condizionandole in modo sostanziale e per un tempo indeterminato”.
Otto alimenti causano il 90% delle allergie nei bambini!
- Latte e uova, nei primi anni di vita
- Grano, arachidi, soia, frutta a guscio, crostacei e pesce, nelle fasi della crescita.
La prevenzione delle allergie nel primo anno di vita, cosa è cambiato? Negli anni ‘80 e ‘90 si pensava che l’assunzione precoce, nei primi mesi di vita, degli alimenti ‘allergenici’ potesse favorire la sensibilizzazione e il successivo sviluppo di allergie alimentari. I pediatri, pertanto, nell’attuare lo svezzamento, ritardavano l’introduzione degli alimenti ritenuti ‘allergizzanti’.
Questa strategia preventiva si è dimostrata non solo inefficace, ma forse addirittura dannosa. Si sono accumulate, infatti, numerose evidenze a conferma del fatto che ritardare l’introduzione degli alimenti solidi oltre il 6° mese di vita non previene l’allergia alimentare anzi può favorirla. In quest’ottica gioca un ruolo fondamentale l’allattamento al seno, la cui durata ottimale dovrebbe essere prolungata, laddove possibile, almeno per i primi 6 mesi di vita e, in ogni caso, non sospeso durante tutto il periodo dello svezzamento, da iniziare tra il 4° e il 6° mese di vita.
E allora quando va introdotto il latte vaccino? Fino al 2014 si raccomandava, al posto del latte materno, l’utilizzo di formule lattee a ridotta allergenicità, ma recentemente queste raccomandazioni sono state messe in discussione. Oggi, sia nei casi di mancanza del latte materno sia al momento dello svezzamento, gli esperti consigliano di ricorrere alle normali formule derivate dal latte vaccino.
E le uova di gallina? Fino a pochi anni fa l’uovo veniva introdotto nella dieta del lattante con grande cautela: non prima dei 6-7 mesi il tuorlo, e non prima dell’anno l’albume. Numerosi trials hanno mostrato come sia più vantaggiosa, ai fini della riduzione del rischio di comparsa di allergia all’uovo nei mesi successivi, un’introduzione precoce, cioè tra il 4° e il 6° mese di vita.
L’unica situazione che richiede una certa prudenza riguarda il bambino affetto da dermatite atopica medio-grave: in questi casi l’introduzione dell’uovo deve essere preceduta da una valutazione allergologica che escluda l’esistenza di una sensibilizzazione verso le proteine dell’uovo, potenzialmente pericolosa al momento dell’assunzione dell’alimento.
Il caso arachidi: una precoce introduzione riduce il rischio di sviluppo di allergie. Nonostante si tratti di un alimento poco usato nei primi anni di vita nei paesi non-anglosassoni, è quello che ha raccolto le evidenze maggiori circa l’utilità di una precoce introduzione nella dieta del lattante, al fine di ridurre il rischio di comparsa di allergia all’arachide. Nei lattanti “ad alto rischio”, affetti da dermatite atopica grave, allergia all’uovo o entrambe, è raccomandata l’introduzione delle arachidi durante lo svezzamento (tra il 4° e l’11° mese di vita), sotto forma di burro, crema, granulato.
Sta arrivando la Desensibilizzazione Orale Per Alimenti (DOPA), una tecnica sperimentale che riesce a indurre la tolleranza alimentare tramite la somministrazione graduale e progressiva di un alimento, partendo da piccole dosi, con l’obiettivo di arrivare a una quantità predeterminata (considerata protettiva) oppure alla dose massima tollerata dal paziente.
“In passato l’unico approccio terapeutico alle allergie alimentari del bambino era l’eliminazione assoluta dell’alimento dalla dieta – spiega il dott. Giuseppe Pingitore, Allergologo Pediatrico coordinatore regione Lazio AAIITO – In questo modo da una parte si ‘congela’ il problema nel tempo, senza attivare nessuna azione di stimolo alla tolleranza immunologica, d’altra parte si espone il bambino al rischio di gravi reazioni che si potrebbero verificare anche per minime quantità di alimento assunto erroneamente. Oggi, la sfida nel trattamento delle allergie alimentari è rappresentata dalla DOPA, Desensibilizzazione Orale per Alimento, una procedura che consiste nella somministrazione dell’alimento ‘incriminato’ iniziando con dosi molto basse e aumentandone lentamente e progressivamente le quantità; questo tipo di approccio è praticabile, da un’equipe medica esperta solo in un ambiente idoneo ad affrontare eventuali reazioni”.
La DOPA, al momento ancora sperimentale, oltre a consentire in molti casi di ‘tollerare’ l’alimento sotto altra forma (molti bambini tollerano il latte e l’uovo sotto forma di prodotto da forno, o semplicemente cotti), permette di aumentare progressivamente la quantità di alimento tollerata dal bambino.
L’importante risultato è un notevole miglioramento della qualità della vita del bambino e della famiglia, terrorizzati da possibili reazioni che possano verificarsi per assunzioni inconsapevoli di piccole quantità dell’alimento, considerando anche i tanti momenti della vita quotidiana (scuola, attività sportiva, gite scolastiche, feste) in cui può mancare un controllo da parte dei genitori.