Allergia al veleno di api, vespe e calabroni: farmaco salvavita è l’immunoterapia specifica

Roma, 21 luglio 2021 – Punture di api, vespe e calabroni, sono un problema più comune di quel che si pensa, soprattutto d’estate. In Italia, infatti, sono oltre 5 milioni le persone che ogni anno vengono punte da un’ape, una vespa o un calabrone. A seconda dell’ambiente di vita e del tipo di attività si calcola che il 56-94% della popolazione adulta sia stata punta da un imenottero almeno una volta nel corso della vita.

Le reazioni locali estese, generalmente campanello di allarme per allergia, sono le reazioni allergiche più lievi, caratterizzate da un gonfiore intenso ed esteso, con un pomfo di almeno 8-10 cm di diametro e con una durata superiore alle 24 ore.

Le reazioni allergiche sistemiche possono interessare vari apparati, come l’apparato cutaneo-mucoso (es. pomfi di orticaria diffusi a tutto il corpo, gonfiore delle labbra, delle palpebre), l’apparato respiratorio (es. difficoltà di respiro, broncospasmo) fino allo shock anafilattico con perdita di coscienza.

Riparte la campagna di informazione “Punto nel vivo”, patrocinata da FederAsma e Allergie Onlus-Federazione Italiana Pazienti. Quest’anno le preoccupazioni delle persone allergiche al veleno di imenotteri sono rivolte soprattutto ai vaccini anti-Covid. Per questo motivo gli esperti hanno scritto il “Puntuario”, un e-book, in cui trovare le risposte degli esperti ai dubbi più ricorrenti sulle punture di api, vespe e calabroni. L’ebook è scaricabile gratuitamente dal sito www.puntonelvivo.it.

Il vaccino anti-Covid può essere fatto da chi ha avuto una reazione allergica da punture di imenotteri? “I soggetti con allergia al veleno di imenotteri possono ricevere il vaccino anti-Covid” tranquillizza la prof.ssa Maria Beatrice Bilò allergologa e referente della campagna ‘Punto nel Vivo’ “perché le reazioni allergiche, anche gravi, da punture di imenotteri non costituiscono una controindicazione al vaccino. Tuttavia, è importante sottoporre ai pazienti un questionario allergologico che aiuti il clinico a stratificare il rischio di reazione. Da un puto di vista concreto, nel caso in cui il soggetto abbia presentato una reazione allergica da puntura di imenotteri, diversa dall’anafilassi, il rischio di sviluppare una reazione allergica al vaccino anti-Covid è paragonabile a quello della popolazione generale, pertanto non è necessario attuare alcuna particolare procedura ed è sufficiente tenere il soggetto in osservazione per 15 minuti dopo la vaccinazione”.

Anche una precedente anafilassi da puntura di imenotteri non costituisce una controindicazione alla somministrazione del vaccino anti-Covid. La vaccinazione può essere eseguita come da procedura standard (in ambiente vaccinale normale), ma con osservazione prolungata di 60 minuti.

“Dal momento che esiste un’associazione preferenziale tra reazioni anafilattiche gravi da allergia al veleno di imenotteri e mastocitosi sistemica indolente – continua la prof.ssa Bilò – è importante, nei soggetti che abbiano manifestato una reazione anafilattica severa, escludere una possibile di malattia clonale dei mastociti. In presenza di entrambe le patologie, oltre alla osservazione prolungata, è opportuno eseguire una premedicazione con anstistaminico e suggerire al paziente di portare con sé l’adrenalina autoiniettabile”.

L’unica reale terapia ‘salvavita’ per le persone allergiche al veleno di imenotteri è l’immunoterapia specifica. L’immunoterapia specifica per via iniettiva al momento attuale rappresenta l’unico presidio terapeutico in grado di prevenire efficacemente le reazioni allergiche sistemiche in caso di nuova puntura, con una efficacia protettiva superiore al 90% (per il veleno di Vespidi addirittura intorno al 95%). Se eseguita per un minimo di 5 anni consecutivi, mantiene la sua efficacia anche per molti anni dopo la sua interruzione. La sua importanza è tale che le Linee Guida sia Europee che Internazionali hanno confermato la necessità di proseguirla anche durante la pandemia da Covid-19.

I pazienti in immunoterapia specifica per veleni possono fare il vaccino anti-Covid. L’immunoterapia specifica per veleni (VIT) non è una controindicazione alla somministrazione del vaccino anti-Covid. Se il paziente sta effettuando la VIT questo può essere vaccinato con l’avvertenza di somministrare la vaccinazione a distanza di 48-72 h dalla VIT, in modo da poter distinguere con chiarezza eventuali effetti collaterali (peraltro molto rari) attribuibili alla vaccinazione o alla VIT.

L’immunoterapia specifica per veleni di vespula e di ape è stata recentemente riclassificata da AIFA in fascia H, garantendone quindi la distribuzione ospedaliera in regime di rimborso a carico del SSN, e ponendo quindi fine alla incresciosa situazione che vedeva questa terapia fornita gratuitamente solo in alcune regioni italiane.

“Nel corso di quest’anno, per la prima volta è stata riconosciuta da AIFA la disponibilità senza spese per il paziente di due farmaci ad uso ospedaliero per l’allergia ad ape e vespa – sottolinea la prof.ssa Bilò – Dopo decenni nei quali le Regioni si sono mosse in ordine sparso, la cura dei pazienti con questo problema è stata presa in carico dal Servizio Sanitario Nazionale. La sicurezza e l’efficacia (potenzialmente salvavita) di questi farmaci sono state valutate per mezzo di studi che ne hanno consentito la registrazione a livello europeo oltreché nazionale, indicando la via per tutti i prodotti che ambiscono a questo tipo di indicazione”.

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