Bologna, 21 aprile 2015 – Da un recente workshop sulla chirurgia andrologica protesica che si è svolto a Bologna e ha messo a confronto i massimi esperti italiani, Bologna è in prima linea per sconfiggere l’impotenza con l’impianto di protesi peniene di nuova generazione AMS, che consentono all’uomo il ritorno a una normale sessualità.
“L’asportazione chirurgica della prostata per tumore – dice Fulvio Colombo, Direttore della Struttura Dipartimentale di Andrologia del Policlinico Universitario Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e Consigliere della Società Italiana di Andrologia (SIA) – nonostante le più aggiornate tecniche laparoscopiche e robotiche (nerve sparing) per risparmiare i nervi che comandano l’erezione del pene, può causare in una rilevante percentuale di casi una disfunzione erettile grave”.
In Italia il problema riguarda migliaia di uomini over 50-60 anni, ma anche pazienti più giovani con meno di 40 anni. L’intervento alla prostata non è l’unica causa: ad esso si affiancano anche malattie cardiovascolari, diabete, neuropatie, e altre patologie che compromettono seriamente i rapporti sessuali. Per tornare ad amare, quando le pillole non bastano, e questo purtroppo si verifica in almeno 3 casi su 10, la soluzione definitiva arriva dalle protesi peniene idrauliche tricomponenti di ultima generazione che determinano un’erezione simile a quella fisiologica.
L’impianto si effettua con l’inserimento nei corpi cavernosi del pene (responsabili dell’erezione) di due cilindri collegati a una minuscola pompa e a un serbatoio contenente un liquido. Agendo su un bottone collocato tra i testicoli si possono inturgidire i due cilindri e poi svuotarli. Il pene conserva le sue caratteristiche di sensibilità e capacità di orgasmo; non solo, risolve anche lo spiacevole fenomeno di accorciamento del pene, inevitabile conseguenza dell’asportazione della prostata.
Secondo le stime degli esperti, nel nostro Paese sono 3 mila i maschi che ogni anno necessiterebbero di un impianto protesico, ma solo 500 di questi (uno su 6) si sottopone all’intervento. Responsabile la scarsa informazione, ma anche difficoltà legate a un intervento non ancora adeguatamente riconosciuto dalle Istituzioni Italiane.
“Nonostante l’efficacia dimostrata dalle protesi peniene – precisa Colombo – che garantiscono la massima soddisfazione per il paziente e la partner, in Italia, per un problema di costi non si impiantano tutte le protesi che sarebbero necessarie: i rimborsi da parte del Servizio Sanitario Nazionale non sono adeguati ed esistono diversità di sensibilità tra le varie Realtà Regionali”.
In Piemonte, ad esempio, molti ospedali hanno la disponibilità di 20-25 protesi tricomponenti all’anno e possono rispondere adeguatamente alle richieste del malato. Bologna, invece, pur essendo considerato uno tra i centri di eccellenza in Italia per l’implantologia protesica, soffre per un esiguo numero di protesi disponibili per anno. In questo contesto attuale, il prof. Colombo, anche come rappresentante della Società Italiana di Andrologia, sollecita una maggior attenzione da parte delle Istituzioni verso il riconoscimento del ruolo dell’impianto protesico nel garantire la salute sessuale.
“Per valutare e affrontare il problema in tutta la sua rilevanza sociale e sanitaria – conclude Colombo – è stata avviata da parte della SIA la realizzazione di un Registro Italiano di Implantologia Protesica Peniena, il primo nel Mondo. Da esso si potrà meglio comprendere quanti impianti vengano complessivamente eseguiti in Italia ogni anno, come siano distribuiti e quante persone siano in attesa di essere operate”.
fonte: ufficio stampa