Aggressioni negli ospedali, Ugl chiede l’intervento dell’esercito e l’inasprimento delle pene

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pronto-soccorso-2Catania, 6 maggio 2018 – “Per avere i drastici provvedimenti che da oltre un anno richiediamo, bisogna aspettare che prima ci scappi il morto?”. Se lo chiedono a nome di tutti gli iscritti e del personale degli ospedali siciliani, mostrando preoccupazione ed indignazione, i segretari regionali delle federazioni Ugl sanità e medici, rispettivamente Carmelo Urzì e Raffaele Lanteri dopo gli ultimi gravi episodi accaduti ancora una volta in un nosocomio a Palermo e nella Asp di Trapani.

“Il personale in forza nei Pronto Soccorso ed anche nelle guardie mediche, quotidianamente, si reca in servizio impaurito, sentendosi lasciato solo e poco sicuro, quasi fosse destinato a combattere in una trincea. Campo di battaglia che non è quello dell’operato sanitario contro le patologie per curare i pazienti e salvare vite umane, ma è quello dei uomini chiamati a svolgere responsabilmente il proprio lavoro contro la dilagante violenza e barbarie umana. Per questo motivo nessuno è più disposto a trasferirsi da altri reparti proprio nei pronto soccorso e nessun altro vuole andare a lavorare nelle guardie mediche, quando fino a non molto tempo addietro erano posti comunque ambiti.

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Dott. Carmelo Urzì

Non possiamo consentire più che nessuno alzi un solo dito ad un medico, piuttosto che ad un infermiere o ad un ausiliario e per far si che ciò avvenga ci vogliono deterrenti forti oltre alle apprezzabili misure già programmate dall’assessorato regionale con l’ingente stanziamento di 45 milioni di euro per il potenziamento dei servizi di sicurezza.

Chiediamo quindi al presidente della Regione Nello Musumeci un solenne impegno affinché si rivolga al governo Gentiloni per un tempestivo invio degli uomini dell’esercito, e al parlamento un immediato inasprimento delle pene, ovvero due interventi assolutamente a costo zero, considerato che oggi più che mai il terrore non si deve prevenire con ogni mezzo soltanto nelle strade, ma si deve contrastare anche negli ospedali e nelle strutture sanitarie periferiche”.

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