Il G-test aumenta il numero di malattie cromosomiche identificate con un semplice prelievo di sangue materno
Roma, 28 gennaio 2016 – Cresce in fretta il G-test, il test di screening non invasivo, effettuato a partire da un prelievo di sangue materno che permette di “guardare” nel DNA del feto nella pancia della mamma per identificare eventuali malattie cromosomiche. Alle Trisomie 13,18 e 21 (Down) si aggiungono tre importanti Sindromi da Delezione cromosomica: Cri du Chat il cui nome deriva da un tipico modo di piangere del neonato, 1p36 in cui manca una parte del cromosoma 1 e 2p33.1 che colpisce il cromosoma 2.
Patologie che fanno paura e che per molte delle quali non esiste ancora una cura. Alcune sono compatibili con la vita, altre prevedono diversi gradi di disabilità fisica e intellettiva, sino a quelle che prevedono la nascita di un bambino con una prospettiva di vita estremamente breve. Malattie rare? Non proprio: se prendiamo le anomalie cromosomiche singolarmente si tratta di patologie relativamente frequenti ma basta fermarsi a fare due calcoli perché l’insieme delle condizioni analizzate da questo test di screening assumano contorni molto diversi.
Moltiplicando l’incidenza per il numero delle nascite, solo le Trisomie 13, 18 e 21 contano circa 779 casi nel nostro Paese a cui bisogna aggiungere circa 474 casi di neonati affetti da delezioni e microdelezioni (ne sono state prese in considerazione otto: Sindrome Cri du Chat, Jacobson, Van der Woude, Prader- Willy, Delezione 1p36 Delezione 16p12 e Trisomie). A questo punto abbiamo una stima di 1253 casi ossia 1 bambino ogni 406 nati vivi. (i)
Il nostro corpo è composto da cellule. Per poter funzionare, le cellule hanno bisogno di “istruzioni” che sono contenute nel nostro DNA. Nel DNA ci sono migliaia di geni e ogni cellula contiene una copia di queste “istruzioni” come un qualsiasi elettrodomestico che venga fornito con il suo manuale. Questa specie di grande enciclopedia quindi (il DNA) si attorciglia e si posiziona sui cromosomi in numero di 23 coppie (per un totale di 46). Ogni cambiamento nel numero, dimensioni o struttura dei cromosomi può creare l’informazione genetica. Le mutazioni cromosomi che si possono verificare all’atto del concepimento o essere ereditate da uno dei due genitori. Possono avvenire due tipi principali di mutazione: nel numero di cromosomi, come nella trisomia (nella sindrome di Down ad esempio i soggetti hanno 47 cromosomi invece che 46. In particolare il cromosoma 21 si presenta in 3 copie anziché 2) o nella struttura, con l’aggiunta o perdita di materiale, come nel caso delle delezioni. Il termine delezione indica che una parte del cromosoma è assente e con essa i geni che contengono le informazioni per il buon funzionamento del nostro organismo. Una delezione, quindi, può portare ritardo mentale e dello sviluppo, difficoltà di apprendimento e diverse altre problematiche, la cui gravità dipende dalla grandezza e dalla localizzazione della delezione stessa. Alcune sindromi da delezione sono ormai conosciute e sono state aggiunte alle anomalie che il G-Test può individuare.
Avere un figlio sano è il primo desiderio di ogni coppia e le moderne biotecnologie permettono di valutare eventuali rischi in un periodo sempre più precoce della gravidanza. È il motivo dell’ampia diffusione della diagnostica prenatale spesso dedicata alle donne che hanno una gravidanza oltre i 35 anni ma che si sta diffondendo anche tra quelle più giovani: si pensi che si sono sottoposte ad amniocentesi anche l’1,88% delle donne con meno di 25 anni con picchi dell’8.88% nelle Marche, del 3,07% nel Lazio che si posiziona al secondo posto e del 3.04% dell’Umbria. E anche nella fascia 25-29 anni il ricorso a questa indagine invasiva coinvolge una media del 3% di donne sul territorio nazionale che si impenna al 10% nel caso delle Marche, all’8,02% in Umbria e al 6,33% del Lazio che comunque porta a casa una medaglia di bronzo. Al crescere dell’età materna cresce il riscorso all’amniocentesi: l’hanno eseguita il 32,33% delle donne tra 38-40 anni e il 35% delle over 40 anche se sforano la media nazionale almeno 5 regioni: Liguria (63,59%), Umbria (59,79), Valle D’Aosta (59,65) e Basilicata (43,08%) mentre il Lazio segue al sesto posto con il 42,38%. Tassi in alcuni casi troppo alti anche in termini di rischio abortivo, un dazio pagato in circa l’1- 1,5% dei feti sottoposti ad indagini invasive (dati Rapporto CEDAP Certificati di assistenza al parto 2015).
Malattie cromosomiche non ereditarie. “L’attenzione alla maternità e all’evento nascita gode quindi della massima attenzione ed è considerato sempre più prezioso per gli individui e le società intere – spiega il prof. Giuseppe Novelli, Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata e Specialista in Genetica Umana – È importante quindi conoscere tempestivamente anche la presenza di condizioni genetiche che non vengono ereditate da uno dei due genitori ma che si verificano in maniera casuale e che possono colpire chiunque nella popolazione generale. Malattie che talora diventano più frequenti all’aumentare dell’età della gestante. Sapere se il feto presenta delle anomalie gravi permette di impostare un percorso di sostegno prima della nascita, ma anche di decidere se portarla a termine nel caso che la malattia del bambino abbia una prognosi infausta, basti pensare alla trisomia 22 in cui i nati vivi sono una rarità, ai neonati con Sindrome di Van der Woude che nascono con gravi alterazioni dello sviluppo di testa e volto e con labio-palatoschisi, sino alla Trisomia 13 in cui la metà dei neonati muore entro il primo mese e solo il 10% sopravvive sino a un anno. Nella maggior parte dei casi si tratta di malattie associate a disabilità mentale o fisica, immunodeficienze, anomalie cardiache, convulsioni, disturbi ormonali ecc.”.
L’importanza del counseling genetico. È per questo motivo che la gestione dei risultato positivo dello screening è una fase delicata e fondamentale: i futuri genitori alle prese con un risultato che evidenzia il rischio di una malattia di questo tipo non possono essere lasciati soli ma hanno bisogno di essere accompagnati in un percorso di “counseling genetico” che preveda diverse figure professionali.
(i) Elaborazione dei dati di incidenza per singola patologia tratti dal National Organization for Rare Disease e messi in relazione col numero di nascite del 2014. Nel caso di incidenze che prevedono un range è stata calcolata una media.
Le domande più frequenti
Che cosa è il G-test?
È un test di screening prenatale non invasivo per la valutazione delle anomalie cromosomiche; si basa sull’analisi di piccoli frammenti di DNA fetale che circolano nel sangue materno a partire dalla quinta settimana di gestazione.
Cosa vuol dire test di screening?
Un test di screening ha lo scopo di isolare dalla popolazione generale tutti i soggetti che sono da considerare a rischio di avere le anomalie oggetto dell’indagine. Nel caso in cui dallo screening emerga una situazione di alto rischio sarà determinante l’affidabilità del test poiché, quanto maggiore questa si dimostrerà, tanto minori saranno i casi in cui la gestante dovrà sottoporsi inutilmente ad una procedura diagnostica invasiva, con relativo rischio abortivo.
Cosa sono le malattie cromosomiche?
Sono malattie genetiche caratterizzate dall’anomalia del numero dei cromosomi rispetto ad un cariotipo normale o dall’anomalia nella struttura di uno o più cromosomi. Le trisomie sono aneuploidie caratterizzate da un cromosoma in più rispetto alla coppia presente in un cariotipo normale. La più comune alla nascita è la Trisomia 21, associata alla Sindrome di Down (frequenza 1 su 700 nati); più rare sono la Trisomia 18 (Sindrome di Edwards, 1 su 7900 nati) la Trisomia 13 (Sindrome di Patau, 1 su 9500 nati), la Trisomia 22, la Trisomia 16 e la Trisomia 9, solitamente causa di aborto precoce, morte endouterina, perinatale o comunque di breve aspettativa di vita.
Le anomalie del numero dei cromosomi sessuali sono, invece, caratterizzate dall’assenza di un cromosoma sessuale, nel caso della Sindrome di Turner (45,X – frequenza 1 su 2500 femmine), o dalla presenza di un cromosoma sessuale in più, nel caso della Sindrome di Klinefelter (XXY, frequenza da 1:500 a 1:1000 maschi), della Sindrome di Jacobs (XYY, frequenza 1 su 1000 maschi) e della Sindrome XXX (frequenza 1 su 1000 femmine).
Le delezioni sono anomalie cromosomiche sbilanciate caratterizzate dall’assenza di un tratto di cromosoma e, di conseguenza, dei geni localizzati su quel frammento. Alcune delezioni causano sindromi rare, alle quali possono essere associate: anomalie cardiache, dismorfismi facciali e labiopalatoschisi, disturbi dell’alimentazione nella prima infanzia, alterazioni a carico del funzionamento del tratto gastrointestinale e del sistema immunitario, ritardo mentale o deficit dello sviluppo neuro-cognitivo. La gravità di queste manifestazioni cliniche varia, da individuo ad individuo, in funzione delle dimensioni e della posizione del frammento cromosomico assente.
Cosa rivela il G-test della mia gravidanza?
Questo test eseguito durante il primo trimestre di gestazione e in particolare a partire dalla 10ma settimana di gravidanza, è un test di screening che analizza con grande affidabilità la presenza nel feto di una anomalia cromosomica. I risultati dei test di screening devono essere seguiti da una consulenza genetica che, nel caso di un risultato positivo, deve essere accompagnata da un esame diagnostico invasivo. Sostanzialmente il test può far emergere una situazione di alto rischio per le anomalie oggetto del test ed evidenziare la necessità di un approfondimento diagnostico o indicare che il proprio figlio è a basso rischio di esserne affetto.
Cosa sono i mosaicismi e che influenza hanno sui risultati?
Per mosaicismo si intende la presenza in un stesso individuo di 2 linee genetiche diverse tra loro, e quindi possono esistere cellule con diverso corredo cromosomico. I mosaicismi possono determinare errori diagnostici laddove il materiale biologico valutato non è rappresentativo del patrimonio genetico dell’individuo, ma solo di alcune sue cellule.
Come si esegue?
Il G-test si esegue su sangue materno, prelevato in modo semplice, come per qualunque altro esame di routine. Il campione di sangue prelevato viene confezionato e inviato al laboratorio nel rispetto della normativa per il trasporto di materiale biologico, per poi essere analizzato. L’unico fastidio è legato ad una sensibilità individuale rispetto al prelievo.
Questo è possibile grazie all’evoluzione tecnologica delle piattaforme di Next Generation Sequencing – (NGS) ed in particolare con lo sviluppo della metodica definita “Massively Parallel Shotgun Sequencing” (MPSS) e allo sviluppo di sofisticati algoritmi di elaborazione, si riesce ad effettuare la valutazione del DNA libero del feto presente nel plasma materno.
Da dove deriva il DNA fetale prelevato?
Durante le prime settimane di gestazione l’embrione è nutrito da un gruppo di cellule (trofoblasto) che contribuirà a formare la placenta; alcune di queste si “romperanno” naturalmente e riverseranno nel sangue materno il DNA fetale in esse contenuto, sotto forma di frammenti.
Ci sono rischi o effetti collaterali per la madre o per il bambino?
Non c’è alcun rischio o effetto collaterale associato al test né per la madre né tantomeno per il nascituro.
Quando deve essere eseguito?
Il G-test può essere fatto dalla decima settimana di gestazione. A partire da questa data infatti è possibile trovare nel sangue materno una quantità di DNA fetale tale da permettere una analisi attendibile.
Può essere eseguito sulle gravidanze gemellari?
Il G-test può essere eseguito nelle gravidanze singole e nelle gravidanze gemellari (con massimo 2 feti) , sia naturali che da fecondazione assistita. Non tutti i test disponibili sul mercato offrono questa possibilità.
Che cosa individua il test?
Trisomia 21 (Sindrome di Down), Trisomia 18 (Sindrome di Edwards),Trisomia 13 (Sindrome di Patau),Trisomia 22,Trisomia 16,Trisomia 9,Determinazione del sesso, Sindrome di Turner, Sindrome di Klinefelter, Sindrome di Jacobs, Sindrome XXX, Sindrome Cri du Chat, Sindrome da delezione 1p36,Sindrome da delezione 2q33.1,Sindrome di Prader-Willi, Sindrome di Angelman, Sindrome di Jacobsen, Sindrome di DiGeorge 2, Sindrome di Van der Woude, Sindrome da delezione 16p12.
Cosa fare in caso di risultato “positivo”?
In caso di risultato positivo occorre una consulenza genetica e un approfondimento diagnostico solitamente mediante tecniche invasive.
Esistono molti test sul mercato, alcuni sono “validati”, cosa significa questo termine e che influenza ha sulla mia scelta?
La validazione di un test per la valutazione prenatale di anomalie fetali deve passare attraverso un numero molto elevato di test eseguiti onde poter definire livelli di performance stabili e realistici (più sono rare le malattie, più test bisogna fare per valutarne l’effettiva affidabilità..). I test eseguiti dovrebbero essere corredati da un follow-up che ne confermi la correttezza e che ne consenta anche la pubblicazione su importanti e quotate riviste scientifiche.
Esistono delle linee guida per questo tipo di procedura?
Sì, sono state pubblicate proprio quest’anno. Le linee guida sono uno strumento tecnico importante che fornisce un imprimatur scientifico a questa tecnica di screening.
Perché è importante avere una consulenza specifica quando si esegue il test?
Perché è necessario decidere di fare il test con la massima consapevolezza avendo chiare le aspettative, i vantaggi e i limiti della metodica; è importante raggiungere tale consapevolezza attraverso il confronto con un professionista quindi con la consulenza di un genetista.
È vero che un risultato negativo non assicura che il feto sia sano?
Tale evenienza non può essere scartata in modo assoluto, tuttavia la probabilità che un risultato negativo corrisponda ad un feto effettivamente negativo alla patologia indagata è maggiore del 99,99% per quanto riguarda il G-test.
Quanto costa eseguire il test?
Dipende. I prezzi sono variabili: test validati i cui risultati sono dimostrati essere attendibili sono più affidabili e costosi. Il motivo è dato dal costo sostenuto dalle aziende per le procedure di messa a punto del test e la sua applicazione su migliaia di gravidanze. Al momento in Italia questo test di screening non è offerto dal Servizio Sanitario Nazionale.
Eseguire test successivi permette di confermare la diagnosi e risponde ad alcune esigenze:
- iniziare a pianificare la vita di un bambino con esigenze speciali;
- iniziare a indirizzare precocemente cambiamenti nello stile di vita della famiglia;
- identificare aiuti e gruppi di supporto;
- prendere una decisione relativamente al portare a termine la gravidanza.
Alcune coppie possono decidere di non approfondire i risultati dello screening con indagini ulteriori per varie ragioni:
- accettano i risultati, non importa quale sia l’esito;
- per motivi personali, morali o religiosi, decidere di interrompere la gravidanza non è una opzione;
- alcuni genitori scelgono di non effettuare alcun test invasivo che possa mettere a rischio la vita o la salute del nascituro.
fonte: ufficio stampa