Fascia C, Federfarma: “Come manipolare le coscienze”

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antibiotici-pillole-farmaciRoma, 4 dicembre 2015 – Non è piaciuta a Federfarma l’audizione del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti in Senato sul Ddl concorrenza. Lo si capisce dai toni risentiti e forse dal fatto che tutte le argomentazioni contrarie alla liberalizzazione dei farmaci di fascia C sono state una per una smontata e riportate alla realtà oggettiva dei fatti.

Nessuna differenza sulla sicurezza dei cittadini e garanzia per la tutela della salute, nessuna differenza sui controlli, nessun aumento potenziale dei consumi con la liberalizzazione dei farmaci di fascia C.

Quello che però a Federfarma non è andato proprio giù è la scoperta che i risparmi per i cittadini ci sono stati e sono stati reali. Per continuare a difendere la tesi che “le liberalizzazioni non servono”, in maniera arrogante e confusa si attaccano i dati portati in Commissione dal MNLF. Al limite dell’insulto si parla di “spaccio” di dati.

Ebbene, entriamo nel merito.

Primo punto: viene contestato il dato fornito dal MNLF di 1,8 miliardi di euro di risparmio generato in 7 anni di liberalizzazioni, questo perché secondo Federfarma non può essere messo insieme farmaco ed extrafarmaco. Tuttavia, nel documento consegnato in Senato questo dato è segmentato ed è del tutto ovvio che quando c’è concorrenza essa non si esplica soltanto nel comparto investito dal provvedimento, ma si “riverbera” su tutti i prodotti del settore, limitando i rialzi ed innescando processi positivi di competitività. Piaccia o no i risparmi ci sono stati ed hanno toccato anche articoli diversi dal farmaco, risparmio che, lo spieghiamo a Federfarma, non significa solo diminuzione dei prezzi, ma anche mancati aumenti.

Punto secondo: viene contestato il dato fornito da MNLF relativo all’aumento del prezzo dei farmaci d’automedicazione sino al 2011 di 90 centesime ogni 10 euro di spesa. Federfarma, modificando l’orizzonte di riferimento (non più l’AIFA e si capisce il perché) fa riferimento ai dati di Assosalute, la quale nei suoi report annuali deve ovviamente considerare tutti i farmaci di automedicazione, anche quelli che hanno mercato talmente irrisorio da occupare quote che rasentano lo 0%. Il nostro metodo di calcolo riguarda i prodotti che maggiormente vengono acquistati dai cittadini. Lo stesso metodo utilizzato dalle Associazioni dei consumatori per monitorare i prezzi. Ebbene, lo confermiamo i prezzi dei farmaci sono aumentati in media dalla liberalizzazione al 2011, prima quindi del delistining operato dall’AIFA, solo dello 0,9%.

Punto terzo: viene contestato il numero delle parafarmacie e quindi i dati riportati dal Ministero della Salute. Nel nostro calcolo sono stati presi in considerazione solamente i codici di tracciabilità ancora attivi. Quando si va ad un appuntamento istituzionale per questo tipo di dati bisogna utilizzare dati ufficiali derivanti, appunto, da comunicazioni istituzionali come quella del Ministero della Salute. Se Federfarma contesta i dati del Ministero, visti i buoni rapporti con la Lorenzin, giri ad Ella le sue lamentele.

Va notato però che nulla Federfarma dice a proposito di altri punti dell’audizione, come ad esempio il numero di farmacie a rischio chiusura, una volta sono 6.000, un’altra oltre 4.000. Peccato che le farmacie con più di due parametri d’insofferenza siano appena 279 in Italia.

Ora si potrebbero scrivere libri sulle fantasiose interpretazioni dei numeri operate in questi anni da Federfarma, ma forse l’utilizzo del termine “spacciare” andrebbe utilizzato a ragion veduta perché altrimenti lo stesso termine potrebbe essere usato facendo riferimento a quei titolari di farmacia che ogni giorno consegnano senza motivo d’urgenza farmaci di fascia C senza la dovuta ricetta medica.

fonte: ufficio stampa

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