Secondo il rapporto del World Economic Forum sugli effetti del cambiamento climatico sulla salute umana, entro il 2050, a causa dell’aumento delle temperature globali potrebbero essere oltre mezzo milione in più le persone esposte a malattie trasmesse da insetti come Dengue, malaria e Zika. Gli esperti dell’IRCCS di Negrar richiamano quindi l’attenzione sull’importanza di migliorare la conoscenza, la sorveglianza e la gestione delle malattie tropicali neglette
Verona, 28 gennaio 2025 – Alcune hanno nomi difficili da pronunciare e pochi ne hanno sentito parlare al di fuori di una ristretta comunità scientifica, eppure riguardano una grande fetta della popolazione mondiale: sono le malattie tropicali neglette (NTDs), un gruppo eterogeneo di patologie, molte delle quali a carattere infettivo, causate da virus, funghi, batteri e tossine che comprendono, tra le altre, Dengue, Zika, chikungunya. Accomunate dall’essere diffuse nelle zone povere e marginalizzate del mondo, specialmente tropicali e subtropicali, con scarse risorse, sono ancora oggi troppo spesso dimenticate dall’agenda politica, dalla ricerca scientifica e invisibili all’opinione pubblica, nonostante incidano significativamente sulla mortalità globale e alimentino stigma sociale e povertà.
A fare il punto, i massimi esperti, tra cui Denise Mupfasoni, del Dipartimento dell’OMS per il controllo delle malattie neglette di Ginevra, Maria Elena Bottazzi, docente al Baylor College of Medicine di Huston e candidata al Nobel per la Pace nel 2022 e Adriano Casulli dell’Istituto Superiore di Sanità, riuniti a Verona il 30 gennaio per un congresso dedicato, organizzato dall’IRCCS di Negrar, centro di eccellenza nella diagnosi e cura delle malattie tropicali neglette che vanta decenni di esperienza.
“Malgrado le difficoltà di finanziamenti, soprattutto a seguito dell’epidemia di Covid-19, che in molti Paesi ha causato l’interruzione dei programmi di controllo, gli sforzi internazionali hanno permesso di eliminare alcune di queste malattie e di ridurne la prevalenza”, sottolinea Federico Gobbi, direttore del dipartimento di malattie infettive e tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato di malattie infettive all’Università di Brescia.
“A livello globale sono 1,76 miliardi le persone che richiedono interventi sanitari per queste malattie. Per contrastare ed eliminare le NTDs, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato una road map per le malattie tropicali dimenticate per il decennio 2021-2030 nella quale sono definiti gli obiettivi globali per prevenire, controllare ed eradicare queste patologie”, dichiara Denise Mupfasoni del Dipartimento NTDs dell’OMS.
“Ad oggi, passati quattro anni dall’introduzione del piano, i risultati raggiunti sono confortanti, infatti si è raggiunta l’eliminazione di almeno una malattia tropicale negletta in 54 Paesi tra i 100 previsti dalla road map e sono oltre 600 milioni le persone che non avranno più necessità di cure, con un significativo risparmio in termini di risorse economiche e sanitarie”, aggiunge Dora Buonfrate, direttrice del Centro collaboratore dell’OMS per la strongiloidosi e le altre malattie tropicali neglette.
“Con gli sforzi attuali è stato quindi possibile ridurre il numero globale di persone che necessitano interventi contro le malattie tropicali neglette del 25% rispetto a quindici anni fa. Siamo però ancora lontani dal target ottimale fissato dalla road map dell’OMS, pari al 90% di riduzione – puntualizza Buonfrate – Raggiungere questo obiettivo è fondamentale soprattutto per diminuire l’impatto della malattia in termini di anni di vita persi a causa della patologia che, ad oggi, è stato possibile ridurre solamente dell’11% contro il 75% auspicato dall’OMS dieci anni fa”.
“C’è pertanto ancora molto lavoro da fare per diminuire le infezioni e la circolazione delle malattie e per ridurre il pericolo a livello globale – prosegue Gobbi – È innegabile che per raggiungere quanto fissato dall’OMS la comunità mondiale debba impegnarsi in uno sforzo collettivo, finalizzato a sviluppare metodologie diagnostiche da poter utilizzare sul campo in zone dove il sistema sanitario è quasi inesiste e per scoprire farmaci e vaccini. Si deve ragionare in termini di salute globale – puntualizza – Curare chi è più lontano significa prevenire le malattie di chi ci sta accanto, considerando che viviamo in un mondo in cui la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sono sempre più interconnesse. Occorre perciò continuare a monitorare da vicino il loro andamento, perché cambiamenti climatici, viaggi e migrazioni portano le NTDs fuori dai loro confini tradizionali e creano quindi potenziali focolai di trasmissione in aree precedentemente non interessate. Un esempio è la Dengue, che negli ultimi anni ha causato delle epidemie, per fortuna ancora limitate, anche in Italia, con record di casi nel 2024”.
Italia, rischio Dengue in aumento: 2024 anno record di casi
La Dengue è una malattia infettiva, non trasmissibile da uomo a uomo, ma attraverso la zanzara tigre, che è presente in Italia dal 1990. Asintomatica in più del 50% dei casi, può manifestarsi con sintomi simili a quelli dell’influenza, febbre alta, mal di testa, dolori dietro agli occhi e soprattutto forti dolori ai muscoli, caratteristica per cui la Dengue è conosciuta come “febbre spaccaossa”. In una minima percentuale può evolversi in febbre emorragica, con perdita di sangue da diversi organi, e può avere esiti anche letali. Non esiste terapia farmacologica specifica e il vaccino, introdotto in commercio nel 2023, è indicato solo per i viaggiatori che si recano spesso in zone endemiche o dove è presente un’epidemia.
La scorsa estate ha segnato il record nel nostro Paese di casi di Dengue a trasmissione autoctona: 213 che si vanno ad associare ai 474 casi d’importazione. Significativo è stato il focolaio localizzato a Fano, nelle Marche, con 133 persone infette, tutte sintomatiche e con identificazione del virus Dengue. Un altro focolaio, di dimensioni più contenute, 35 casi dello stesso virus, è stato inoltre individuato in un comune della Regione Emilia-Romagna. In Lombardia sono stati invece confermati 10 casi, mentre in Abruzzo è stato segnalato un focolaio con 8 casi.
“In Italia nei prossimi anni assisteremo molto probabilmente a epidemie sempre più importanti di Dengue complice l’innalzamento della temperatura che favorisce la sopravvivenza e la proliferazione della zanzara vettore della malattia – sottolinea l’esperto – Ma dobbiamo prepararci a epidemie autoctone anche di chikungunya e di altre malattie tropicali neglette”.
Secondo il rapporto 2024 del World Economic Forum sugli effetti del cambiamento climatico sulla salute umana, entro il 2050, a causa dell’aumento delle temperature globali saranno oltre mezzo milione in più le persone esposte a malattie trasmesse da insetti. “Dobbiamo essere preparati a questa evenienza intensificando la ricerca su queste patologie e rafforzando il sistema di sorveglianza, di cui il Veneto è stato pioniere istituendolo a partire dal 2010, ma anche diffondendo la consapevolezza sulle NTDs nella popolazione, il cui contributo è fondamentale nel limitare la diffusione di queste patologie”, afferma Gobbi.
“In caso di febbre o altro malessere al ritorno da un viaggio in zone tropicali è necessario rivolgersi il prima possibile al Pronto Soccorso di un ospedale con un reparto di malattie infettive – raccomanda – Inoltre il ricorso al Pronto Soccorso permetterà ai sanitari, in presenza di una diagnosi positiva di infezione da virus trasmesso dalla zanzara vettore, di attivare subito l’autorità locale di igiene pubblica ed evitare che da un episodio limitato si generi una epidemia estesa”, conclude Gobbi.