Mal di testa e rigidità cervicale: le connessioni nascoste che cambiano la cura

Il mal di testa comunque inteso è un disturbo di comune diffusione e i pazienti che ne sono affetti, mostrano spesso importanti comorbidità neurologiche, psichiatriche, cardiovascolari ed endocrine, tali da condizionare sia la progressione della malattia, sia le strategie terapeutiche.

Secondo le statistiche, in Europa circa il 68% degli adulti soffre di mal di testa (il 53% di cefalea ed il 15% di emicrania), di cui circa il 2-5% in forma cronico-refrattaria. In assenza di qualsiasi correlato strumentale specifico (la diagnostica per immagini è limitata dall’alta prevalenza di patologie degenerative in adulti asintomatici), la maggiore difficoltà viene riscontrata in fase anamnestica, un momento in cui la capacità di analisi clinica (propria dello specialista) può fare la differenza.

I disordini e le alterazioni tenomiofasciali in carico al distretto dorso-cervicale (spesso ignorati o sottovalutati), consentono di chiarire il ruolo e l’influenza che essi hanno sul mal di testa del paziente. Esistono connessioni tendino-muscolari, nervose e vascolari peculiari tra il rachide cervicale superiore e la testa: un’accurata valutazione del rachide cervicale, soprattutto in presenza di fastidi e rigidità, consentirebbe non solo di meglio comprendere la natura degli attacchi, ma anche di adottare idonee strategie d’intervento.

La tipica mobilità del rachide cervicale è ciò che, di fatto, maggiormente lo espone al deterioramento:

  • micro e macro traumatismi del quotidiano;
  • posizioni di fissità protratte nel tempo;
  • movimenti scorretti, stereotipati e ripetuti in automatico;
  • sedentarietà.
Dott. Claudio Santoro

In modo graduale o improvviso, questi fattori possono determinare una forte tensione dei muscoli del distretto dorso-cervicale tale da ingenerare una condizione ischemica dei tessuti del distretto e una ridotta mobilità delle articolazioni vertebrali. La presenza di una lesione della funzione neuromotoria induce un progressivo sovraccarico muscolare che, attivando i nocicettori in loco, rende il dolore una mera inevitabile conseguenza.

Il dolore risulta usualmente unilaterale (non cambia lato), di tipo trafittivo o pulsante, con uno sviluppo postero-anteriore: dalla scapola o dall’area sub-occipitale, sale fino ad arrivare sul vertice della testa, sulla tempia o sul sopracciglio. Frequente il coinvolgimento dei muscoli elevatore della scapola, occipito-frontale, temporale e massetere. I sintomi sono soliti comparire od esacerbare tra le 03.00 e le 05.00 del mattino. Hanno un’intensità moderata o severa, con andamento fluttuante.

Questa condizione è chiaramente ricollegabile a un vissuto sedentario o stereotipato, non oltremodo faticoso, talvolta caratterizzato da forte tensione emozionale, obesità, fumo, alcol, ecc., i cui effetti sono stato riconosciuti come potenziali fattori di cronicizzazione del dolore.

Le linee guida redatte dall’American Academy of Neurology e dall’American Headache Society, sono tese a raccomandare al paziente di evitare ritardi nell’assunzione di antidolorifici così da garantirne una maggiore efficacia. Suggerirne l’assunzione, però, scade spesso in un utilizzo improprio e protratto, conducendo spesso a inevitabili gravi conseguenze che hanno il proprio epilogo in cronicizzazione del dolore e quadri di comorbidità complessi.

A giusta integrazione, interviene la Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SICS)affermando che nella terapia (non farmacologica) di profilassi dell’emicrania, le manipolazioni cervicali hanno consentito una riduzione complessiva dell’indice di cefalea.

In ottica anamnestica, è il blocco funzionale dei processi articolari ricompresi tra le vertebre C1 e C3 a rivestire una notevole importanza, soprattutto per le ricadute che ha sui piani:

  1. nervoso, dove le afferenze nocicettive dei nervi spinali di C0, C1, C2 e C3, lungo il decorso ascendente midollare, entrano in contatto con il nucleo della radice discendente del nervo trigemino. Il dolore ingeneratosi al primo tratto cervicale, è solito essere riferito alle aree occipito-parietale e auricolo-temporale (afferenza prime radici nervose cervicali) e fronto-orbitaria (afferenze trigeminali). Importante, inoltre, il contributo reso dal nervo frenico (anastomosi con rami inferiori di C2 e C3): formato in gran parte da fibre motorie per il diaframma, contiene anche fibre sensitive per il pericardio, la pleura mediastinica e diaframmatica, il peritoneo (parte inferiore del diaframma) e la parete posteriore dell’addome. In questi termini si giustificherebbero anche nausea, senso di oppressione toracica, tachicardia.
  2. vascolare, in cui il blocco genera una limitazione del flusso vertebrobasilare, con ulteriore contributo all’aumento della pressione arteriosa (già alterata per effetto della rigidità muscolare). Una limitazione che, a lungo termine, non può non avere ricadute sulla funzione dei territori cerebrali serviti dalle arterie soprattutto cerebrali posteriori (lobo occipitale, il tronco encefalico, il cervelletto). Una limitazione che giustificherebbe, tra le altre, la presenza di disturbi associati al mal di testa (pulsante), tipicamente riferibili a perdita di equilibrio e coordinazione, sensazione di stordimento, disturbi lievi e temporanei di fonazione, visione offuscata.

Disfunzioni meccaniche che è possibile normalizzare attraverso:

  • mobilizzazione tissutale, capace di regolarizzare il flusso di substrati e metaboliti, riorientare le fibre di collagene ed aumentare le capacità elastiche tissutali;
  • mobilizzazione articolare, utile a risolvere quello che in letteratura è meglio noto come conflitto di faccette articolari ovvero aumentare la capacità di escursione articolare, in ciò riducendo lo spostamento intra-articolare, eliminando la condizione di compressione e iperpressione (interruzione di aderenze periferiche), ripristinando una funzione completa ed indolore.

Quanto sopra in subordine al principio di competenza, quella capacità di usare l’insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute, per comprendere le dinamiche funzionali, identificare le problematiche e, di volta in volta, intervenire adattando le procedure alle effettive/attuali condizioni fisiche e di salute del paziente abbisognevole.

Dott. Claudio Santoro

Dottore di Scienze in Chiropratica. Dottore di Scienze in Osteopatia. Specialista in Neuroriabilitazione. Master in Aging Brain. Perfezionato in Recupero della Funzione Motoria e Sportiva

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