Il Consiglio nazionale delle ricerche ha contribuito, con l’Istituto per i processi chimico-fisici di Messina, alla ricerca internazionale coordinata dall’Ecole Polytechnique Federale di Losanna che ha per la prima volta osservato in maniera diretta – tramite il metodo della spettroscopia vibrazionale correlata – le molecole che partecipano ai legami a idrogeno nell’acqua liquida, misurando gli effetti quantistici elettronici e nucleari che in precedenza erano accessibili solo tramite simulazioni al calcolatore. Lo studio, al quale hanno partecipato anche l’ICTP di Trieste, l’Ecole Normale Superieure di Parigi e la Queen’s University di Belfast sperimentale e computazionale, è stato pubblicato su Science
Roma, 29 ottobre 2024 – Una ricerca internazionale coordinata dalla Scuola di ingegneria dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna (EPFL), alla quale hanno partecipato anche l’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Ipcf), l’ICTP di Trieste, l’Ecole Normale Superieure di Parigi e la Queen’s University di Belfast fa luce, per la prima volta, sulle complesse interazioni dinamiche che uniscono le molecole dell’elemento più indispensabile per la vita, l’acqua.
Tutti noi abbiamo ricordi scolastici che riguardano lo studio dell’acqua che è sinonimo di vita per il nostro pianeta. Tuttavia l’interazione che “lega” molecole di H2O – il legame a idrogeno, che si forma quando gli atomi di idrogeno e ossigeno tra le molecole d’acqua interagiscono, condividendo carica elettronica nel processo – rimane, ad oggi misteriosa: questa condivisione di carica è una caratteristica fondamentale del network tridimensionale dei legami a idrogeno, che conferisce all’acqua liquida le sue proprietà uniche. Tuttavia, finora i fenomeni quantistici alla base di tali network di legami sono stati compresi solo attraverso simulazioni al calcolatore.
Oggi, il team che ha svolto la ricerca, pubblicata su Science, è riuscito a misurare come si comportano le molecole d’acqua quando partecipano al network di legami a idrogeno attraverso lo sviluppo di una nuova metodologia, la spettroscopia vibrazionale correlata (CVS). Tale metodo ha il vantaggio di poter distinguere tra molecole “partecipanti” (cioè che interagiscono) e molecole distribuite casualmente, non legate a idrogeno (e non interagenti), superando i limiti di altre metodologie usate, che forniscono misurazioni su entrambi i tipi di molecole contemporaneamente, rendendo impossibile distinguerle.
Lo studio è stato guidato da Sylvie Roke, responsabile del Laboratorio di Biofotonica Fondamentale della Scuola di Ingegneria dell’EPFL, che ha spiegato: “I metodi spettroscopici attuali misurano la dispersione della luce laser causata dalle vibrazioni di tutte le molecole in un sistema, quindi bisogna ipotizzare o assumere che ciò che si osserva sia dovuto all’interazione molecolare di interesse. Con la CVS, la modalità vibrazionale di ogni tipo di molecola ha il proprio spettro vibrazionale. E poiché ogni spettro ha un picco unico corrispondente alle molecole d’acqua che si muovono avanti e indietro lungo i legami a idrogeno, possiamo misurare direttamente le loro proprietà, come quanta carica elettronica viene condivisa e come viene influenzata la forza di questo legame”.
Per distinguere tra molecole interagenti e non interagenti, gli scienziati hanno illuminato l’acqua liquida con impulsi laser brevissimi, nell’ordine dei femtosecondi (un quadrilionesimo di secondo) nello spettro vicino all’infrarosso. Questi brevissimi lampi di luce creano piccole oscillazioni di carica e spostamenti atomici nell’acqua, che provocano l’emissione di luce visibile. Tale luce emessa appare in uno schema di dispersione che contiene informazioni chiave sull’organizzazione spaziale delle molecole, mentre la frequenza dei fotoni emessi contiene informazioni sugli spostamenti atomici all’interno e tra le molecole.
Il team ha anche condotto ulteriori esperimenti volti a utilizzare CVS per distinguere tra gli effetti quantistici elettronici e nucleari delle reti di legami a idrogeno, ad esempio modificando il pH dell’acqua attraverso l’aggiunta di ioni idrossido (rendendola più basica) o protoni (più acida): in questo modo è stato possibile per la prima volta quantificare esattamente quanta carica in più gli ioni idrossido OH- donano alle reti di legami a idrogeno (8%) e quanta carica i protoni H+ ne accettano (4%), misure che non erano mai state eseguite sperimentalmente.
I diversi valori sono stati spiegati con l’aiuto di simulazioni avanzate condotte su supercomputer e che hanno coinvolto anche metodi di machine learning messi a punto presso le altre istituzioni partecipanti: il Cnr-Ipcf di Messina, l’ICTP di Trieste, l’Ecole Normale Superieure di Parigi e la Queen’s University di Belfast.
Il team ha sottolineato che tale metodo, validato anche tramite potenti calcoli computazionali, può essere applicato a qualsiasi materiale e, infatti, diversi nuovi esperimenti di caratterizzazione sono già in corso. “La capacità di quantificare direttamente la forza dei legami a idrogeno è un potente metodo che può essere utilizzato per chiarire i dettagli a livello molecolare di qualsiasi soluzione, ad esempio contenente elettroliti, zuccheri, amminoacidi, DNA o proteine: la spettroscopia vibrazionale correlata può, infatti, fornire una ricchezza di informazioni su altri liquidi, sistemi e processi” conclude Giuseppe Cassone, ricercatore del Cnr-Ipcf co-autore del lavoro e responsabile di una parte delle simulazioni eseguite tramite supercomputers.