L’utilizzo di questa innovativa tecnica endoscopica consente di intervenire sui piccolissimi con una singola incisione di 2 cm. La storia di un piccolo paziente dell’AOU Meyer
Firenze, 11 ottobre 2024 – Sono già 123 i neonati affetti da craniostenosi trattati endoscopicamente al Meyer per risolvere questa malformazione del cranio. L’utilizzo di questa tecnica, mininvasiva, consente di intervenire praticando una singola incisione di 2 cm evitando le cicatrici che prima correvano da orecchio a orecchio.
Attraverso questa piccola incisione si riesce, grazie all’aiuto dell’endoscopio, ad asportare la parte di cranio malata e ridare quindi spazio al cervello che cosi può continuare la sua crescita. Si riduce enormemente il disagio per i piccoli pazienti consentendo loro un tempo di degenza molto breve (2 giorni anziché 7, di media).
La craniostenosi
Le craniostenosi sono malformazioni congenite del cranio causate dalla fusione precoce di una o più suture craniche del neonato. Le suture sono quelle “linee di confine” tra le ossa del cranio che, fisiologicamente, alla nascita sono di tessuto fibroso ed elastico, adatte cioè ad assecondare lo sviluppo dell’encefalo. Quando ossificano troppo presto, perdendo la loro morbidezza, si determina uno sviluppo anomalo del cranio, che in alcuni casi non riesce a garantire uno sviluppo armonico del cervello.
Esistono craniostenosi di diversi tipi e gravità, a seconda del numero e delle suture coinvolte: possono causare deformità craniche, asimmetrie facciali e in alcuni casi aumento della pressione intracranica o problematiche dello sviluppo della vista nei casi in cui vi sia un coinvolgimento oculare.
La tecnica endoscopica del Meyer
Il team di Neurochirurgia del Meyer, guidato dal dott. Lorenzo Genitori, si sta sempre più specializzando nell’approccio endoscopico mininvasivo a diversi tipi di craniostenosi, con oltre 123 pazienti già operati e diverse pubblicazioni a riguardo.
Il paziente solitamente viene operato entro i primi sei mesi di vita. L’intervento con approccio endoscopico consiste nella rimozione di quelle porzioni del cranio (le suture, cioè) che si sono saldate prima del tempo causando la malattia. Questo avviene praticando una piccola incisione di circa 2cm, attraverso la quale gli specialisti raggiungono la zona malata potendo rimuoverla senza rischi, il tutto reso possibile attraverso la visione endoscopica: in questo modo potrà iniziare l’espansione del cranio che permette la completa guarigione dalla malattia.
Questa procedura dura circa un’ora, non richiede la terapia intensiva nel post operatorio, riduce il sanguinamento e il bambino viene dimesso a domicilio dopo soli 2 giorni. Adesso, al Meyer, oltre alla trigonocefalia, anche una delle craniostenosi più comuni, ovvero la scafocefalia, può essere trattata con la stessa tecnica endoscopica mini invasiva mediante una singola incisione di 2 cm.
Il caso di Andrea
Particolarissimo il caso di Andrea, uno dei piccoli operati all’interno del Centro di eccellenza di Neurochirurgia del Meyer: “Il bambino di 6 mesi era affetto da una forma severa di scafocefalia – spiega il dott. Mirko Scagnet, neurochirurgo del Meyer specializzato in questo tipo di interventi e responsabile dell’Unità di Chirurgia Endoscopica del Basicranio del Meyer – ed è stato operato con tecnica endoscopica, nonostante la severità del quadro malformativo. L’intervento è riuscito senza complicanze e già nel pomeriggio della stessa giornata il bambino si era rialimentato, potendo stare tranquillamente in braccio alla propria mamma”.
“La TC postoperatoria ha confermato il completo raggiungimento del target che ci eravamo fissati nello studio pre-chirurgico – conclude Scagnet – Già dopo 6 mesi dall’intervento, il bambino ha presentato un ottimo rimodellamento cranico con una normalizzazione degli indici craniometrici, come dimostrato dall’ultima visita, gode di buona salute ed i genitori sono molto contenti dell’aspetto estetico. Grazie all’introduzione dell’endoscopio in questa tipologia di chirurgia siamo riusciti ad ottenere i medesimi risultati della chirurgia tradizionale, ma con una singola e piccola incisione cutanea”.