Riforma dei contratti della ricerca: un passo epocale per i giovani ricercatori

Roma, 9 agosto 2024 – Migliorare la filiera della formazione della ricerca è un obiettivo strategico per l’intero sistema Paese. Il ruolo che la ricerca scientifica può e deve svolgere nella società è sempre più determinante: l’esperienza delle recenti crisi ha mostrato che la capacità di affrontare le grandi sfide, di trovare soluzioni appropriate, di delineare nuovi scenari, dipende dalla ricerca e dalle conoscenze che essa è in grado di generare.

Il disegno di legge di riforma dei contratti della ricerca, presentato dal Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini e approvato il 7 agosto dal Consiglio dei Ministri, affronta, quindi, un tema sostanziale per tutta la società: la formazione delle future generazioni di ricercatori e ricercatrici. Auspichiamo quindi che la riforma possa ricevere la più ampia e proficua attenzione.

Le misure proposte rappresentano un primo importante contributo per realizzare un intervento organico che superi quelle situazioni che oggi non permettono ancora la piena promozione e valorizzazione delle giovani carriere.

La riforma predispone una serie di nuovi strumenti per affrontare le diverse esigenze, sia delle istituzioni accademiche e di ricerca sia dei giovani, che possono intraprendere un percorso nel mondo della ricerca con tutele sempre crescenti, o decidere di avviarsi verso il mondo delle imprese e delle altre professioni.

Le misure predisposte consentono di riconoscere l’apporto fornito alle attività scientifiche dalle carriere pre-ruolo, offrendo opportunità strutturate alle giovani e ai giovani interessati al mondo della ricerca, e dando valore ai loro contributi già durante il percorso di studi.

Le due diverse tipologie di borse di studio, junior per chi è neolaureato e senior per chi invece ha già conseguito il dottorato di ricerca, consentono da un lato di riconoscere i meriti non solo dei profili di ricerca, ma anche dei profili tecnologici, altrettanto importanti per lo sviluppo delle attività scientifiche, e dall’altro di valorizzare il titolo di dottorato. Mentre il contratto post-doc rappresenta l’avvio della carriera di ricerca. La figura di professore aggiunto permette inoltre di poter chiamare, anche dall’estero e per un periodo di tempo limitato, ricercatrici e ricercatori che si sono distinti per il loro alto profilo scientifico.

Tutti questi strumenti, non essendo uno propedeutico all’altro, possono essere impiegati dalle università e dagli enti di ricerca singolarmente e autonomamente in modo da individuare, caso per caso, la soluzione più adatta alle specifiche esigenze. Inoltre, trovando maggiore riscontro con analoghi strumenti in uso all’estero, agevolano la mobilità anche in entrata nel nostro Paese che, come noto, rappresenta uno dei punti deboli del nostro sistema.

Confermiamo al Ministro che siamo disponibili a proseguire il dialogo e il confronto cui siamo stati invitati e che hanno portato fino a qui, per condividere e costruire un percorso di miglioramento continuo che vada a beneficio dei nostri giovani e della ricerca del Paese.

CoPER – Consulta dei Presidenti degli Enti di Ricerca

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