Roma, 23 maggio 2024 – Si è svolto ieri il convegno dal titolo “Long-COVID e malattie neurologiche: analisi degli effetti a lungo termine e strategie di intervento”, organizzato da RIN – rete IRCCS delle Neuroscienze e della Neuroriabilitazione, con il patrocinio di SIN (Società Italiana di Neurologia), in collaborazione con il Centro Studi Americani, che ha ospitato i lavori a Roma.
A distanza di oltre quattro anni dall’inizio della pandemia, appare evidente che per un rilevante numero di persone colpite da Covid-19 segni e sintomi causati dall’infezione possono persistere o svilupparsi anche dopo la risoluzione della fase acuta, precludendo il pieno ritorno al precedente stato di salute. Questa condizione è stata riconosciuta come una entità clinica specifica, denominata appunto Long-COVID.
Su tali premesse il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute ha individuato l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) come capofila dello studio “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione COVID-19 (Long-COVID): bilanci e prospettive”.
Il progetto, messo in pista nel dicembre 2021, è coordinato dal prof. Graziano Onder (IRCCS Gemelli di Roma) coinvolge tra gli enti anche RIN – rete IRCCS delle Neuroscienze e della Neuroriabilitazione. Quest’ultima ha approfondito gli effetti a lungo termine del Long-COVID nell’ambito delle malattie neurologiche, portando gli studi e le testimonianze di numerosi esperti di primissimo piano, come la prof.ssa Roberta Ghidoni, Direttore Scientifico dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, il prof. Carlo Caltagirone, Direttore Scientifico dell’IRCCS Santa Lucia di Roma, e il prof. Luigi Frati, Direttore Scientifico dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli.
Durante il convegno, che è stato articolato in due sessioni tecniche e una tavola rotonda con i decisori politici, è stata presentata una visione del Long-COVID di ampio respiro, iniziando dal tema degli effetti del contagio a livello neurologico sino all’importanza di considerare l’interazione tra uomo, ambiente e mondo animale per comprendere, prevenire e gestire le pandemie.
Si è discusso anche della necessità di riorganizzare i sistemi sanitari e sociali per affrontare le future sfide pandemiche. Il convegno ha rappresentato un passo importante verso una migliore comprensione delle complesse interazioni tra Covid-19 e salute neurologica, stimolando una collaborazione integrata tra diversi settori scientifici e sanitari per migliorare la risposta globale alle pandemie.
Nel caso specifico, il Long-COVID rappresenta una sfida significativa per la sanità pubblica, che richiede interventi mirati con un approccio multidisciplinare. È infatti importante incrementare le conoscenze e uniformare il trattamento del Long-COVID, assicurare coesione tra tutti gli stakeholder, raccogliere le esperienze territoriali e promuovere l’utilizzo di linguaggi e strumenti comuni nella risposta al problema.
“Questo convegno nasce per focalizzare l’attenzione sulle manifestazioni neurologiche successive all’infezione da SARS-CoV-2 – ha detto il prof. Raffaele Lodi, presidente RIN e Direttore Scientifico dell’IRCCS ISN di Bologna – Ci siamo concentrati su due aspetti: gli effetti neurologici provocati dall’infezione, sia in fase acuta che nella fase successiva alla guarigione con particolare riferimento alle manifestazioni neurologiche legate soprattutto a disfunzioni cognitive e disturbi psichiatrici. L’altro aspetto importante che abbiamo approfondito è l’effetto dell’infezione da Covid-19 su malattie neurologiche preesistenti e croniche, come quelle autoimmuni e neurodegenerative. Infine, lanciando uno sguardo al futuro con il possibile effetto del Covid-19 sullo sviluppo di malattie neurodegenerative, potenzialmente anticipando il loro esordio in soggetti predisposti”.
“È sempre importante studiare e avere delle risposte. Oggi ci concentriamo sugli effetti neurologici del Covid, ma chiaramente non sono gli unici aspetti rilevanti. Dal punto di vista dell’approccio One Health diventa fondamentale considerare le pandemie come il risultato di una serie di fattori, tra cui l’ambiente e l’interazione con il mondo animale e vegetale. Dobbiamo sempre avere una visione integrata di come l’uomo interagisce con i diversi ambiti economici e sociali”. Queste le parole di Giovanni Leonardi, Capo del Dipartimento della salute umana, della salute animale e dell’ecosistema (One Health) e dei rapporti internazionali del Ministero della Salute e ad interim Capo dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, in apertura dei lavori.
“L’approccio One Health – ha proseguito Leonardi – implica un’interazione non solo a livello sanitario, ma anche con altri settori. Questo include l’istruzione e i ruoli sociali, che devono lavorare insieme per implementare questa metodologia. Il convegno di oggi si inserisce in quest’ottica, indicando che le cause del Long-COVID sono molteplici e devono essere affrontate con un approccio interdisciplinare”.
Il prof. Alessandro Padovani, Presidente SIN, durante il suo intervento, dal titolo “Le manifestazioni neurologiche dell’infezione Covid-19 e gli effetti funzionali a lungo termine”, ha sottolineato come “il sistema nervoso centrale e periferico è stato al centro delle attenzioni fin dall’inizio della pandemia. In fase acuta abbiamo osservato un aumento di encefalopatie e patologie cerebrovascolari. Nel lungo termine diverse manifestazioni si sono presentate, alcune strettamente correlate alla gravità del Covid, altre meno. Tra i dati più interessanti ci sono le manifestazioni neurologiche occorse indipendentemente dalla gravità dell’infezione, in tempi successivi al Covid. Una delle ipotesi è la riattivazione di virus latenti o una reazione immunomediata, supportata dalla presenza di anticorpi anti Epstein-Barr e dall’aumento di cloni anticorpali autoimmuni”.
Il prof. Graziano Onder ha contestualizzato le tematiche trattate nel convegno all’interno del progetto “madre” “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione COVID-19 (Long-COVID): bilanci e prospettive”: “Il progetto ha riunito numerosi attori che lavorano sul tema del Long-Covid, oltre all’Istituto Superiore di Sanità, le reti degli IRCCS, le università e tanti altri professionisti del settore. Grazie al loro lavoro abbiamo raggiunto tre macro obiettivi: valutare l’impatto del Long-Covid sul consumo di risorse a lungo termine, evidenziando il raddoppio del numero di ospedalizzazioni, delle prestazioni diagnostiche e delle visite; definire buone pratiche su come gestire e organizzare un centro che si occupa di Long-Covid; e sviluppare un sistema di sorveglianza che ha seguito nel tempo oltre 1.900 pazienti afferenti ai centri non-Covid”.
Il professore della Cattolica ha sottolineato inoltre anche che il progetto “rappresenta una fonte importante di informazioni per ulteriori ricerche e per comprendere meglio il fenomeno Long-Covid. La grande quantità di dati ha anche permesso di informare la popolazione tramite il sito dell’Istituto Superiore di Sanità e di formare gli operatori sanitari. Abbiamo svolto una formazione a distanza (FAD) che ha coinvolto oltre 14.000 operatori sanitari su tutto il territorio nazionale. Quindi, un progetto che ha avuto un impatto significativo sulla sanità pubblica, la ricerca e la formazione, aggiungendo molto sul tema del non-Covid”.