Milano, 20 ottobre 2015 – In un articolo pubblicato oggi su Nature Reviews in Clinical Oncology intitolato “Drug repurposing in oncology – patient and health systems opportunities”, Francesco Bertolini Direttore del Laboratorio di Ematoncologia Clinica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Vikas Sukhatme dell’Università di Harvard e Gauthier Bouche dell’Anticancer Fund di Bruxelles propongono una nuova strada per ristudiare in ambito oncologico l’enorme arsenale di farmaci già disponibili per uso clinico, sia per il cancro che per altre malattie come il diabete o le malattie cardiovascolari. La strategia, chiamata in inglese appunto “Drug Repurposing”, presenta opportunità uniche sia per i pazienti che per i Sistemi sanitari Nazionali, e si propone di affiancare i nuovi farmaci anticancro, le cosiddette “targeted therapies”, che sono poche, costosissime e legate a processi lenti e complessi di selezione delle molecole e di validazione clinica. Nel Drug Repurposing invece lo sviluppo preclinico e clinico è sicuramente più veloce, perché si conoscono già gli effetti collaterali, ed è più economico, perché i farmaci sono spesso usciti dalla copertura brevettuale.
I casi di successo della strategia di “Repurposing” in oncologia sono stati sinora pochi ma di grande impatto. Un esempio è la Talidomide, farmaco tristemente famoso per i gravissimi effetti sui nascituri osservati negli anni ‘60 e ora usato con grande successo per la terapia del mieloma multiplo. Anche la tradizionale aspirina è oggi da considerarsi un caso di “Repurposing” di successo, alla luce dei risultati nella prevenzione del carcinoma del colon.
“IEO è già attivamente impegnato su vari fronti nella strategia di “Repurposing” con studi preclinici e clinici incentrati su farmaci a bassissima tossicità come la Metformina, in studio per il carcinoma del seno, il Fluorouracile e gli inibitori della tirosin chinasi nelle malattie ematologiche – dichiara Francesco Bertolini – Questo non significa – sottolinea – che il drug discovery è abbandonato, ma che una strategia complementare può contribuire a rispondere al bisogno pressante di farmaci anticancro in Italia come nel resto del mondo. La continua riduzione del costo del sequenziamento del genoma infatti sta rendendo possibile la nuova frontiera della “Precision Medicine”. Le speranze dei pazienti ammalati di cancro non sono mai state così alte, ma i ricercatori e i medici devono far fronte a uno scenario inedito caratterizzato da costi alle stelle per lo sviluppo di nuovi farmaci e processi lunghi e articolati per gli studi clinici”.
I Sistemi Sanitari Nazionali non riescono più a sopportare il costo dei nuovi farmaci oncologici “mirati”. Nel 2013 sono stati spesi globalmente 91 miliardi di Dollari per i farmaci innovativi per il cancro, e per mettere questa cifra nella sua giusta prospettiva si può considerare che il PIL di Stati come la Bulgaria e l’Ungheria è rispettivamente di 50 e 126 milioni. Il costo medio del trattamento mensile con un nuovo farmaco oncologico è salito dai 100 Dollari del 1990 ai 10.000 attuali, e l’industria biofarmaceutica, con il suo costo medio di oltre 105.000 dollari a dipendente, è di gran lunga il settore produttivo più caro al mondo, con costi quasi raddoppiati rispetto al secondo settore in classifica rappresentato dalle tecnologie informatiche.
fonte: ufficio stampa