La catastrofe alluvionale che ha sconvolto l’Emilia-Romagna rappresenta l’ennesimo disastro ambientale che trova nei cambiamenti climatici e, più in particolare, nel riscaldamento globale la propria “vis a tergo”. Dal 2015 al 2022 si sono consecutivamente registrati su scala globale, infatti, i più caldi degli ultimi 140 anni!
“Come possiamo pensare di vivere sani in un mondo malato?”, si domanda giustamente, a tal proposito, Papa Francesco. E, mentre il disastro emiliano-romagnolo ci richiama ad un improcrastinabile investimento di adeguate energie e risorse economiche nella gestione e nella cura del grave dissesto idro-geologico che caratterizza il nostro territorio, non si può sottacere il fatto che l’Italia continua pervicacemente ad investire poco più di un risibile 1% del proprio PIL nel finanziamento pubblico della ricerca.
Ciò fa il paio con la “fuga dei cervelli” e con la totale mancanza di “prestiti d’onore” riservati agli studenti meno abbienti, due ulteriori criticità che cronicamente affliggono il nostro Paese, come la recente “protesta delle tendopoli universitarie” chiaramente testimonia.
Il cambiamento climatico andrebbe affrontato con un radicale cambiamento di mentalità, di passo e di paradigma, rispetto al quale l’investimento di adeguate risorse economico-finanziarie nella ricerca scientifica multidisciplinare, sia di base che applicata, costituisce un’assoluta priorità.
Tutto ciò tenendo bene a mente, ovviamente, che i costi della prevenzione risultano immensamente inferiori rispetto a quelli richiesti per la ‘cura’ delle emergenze climatico-ambientali, come eloquentemente dimostrato dall’immane tragedia che l’Emilia-Romagna sta vivendo in queste drammatiche ore!
Prof. Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo