Medici di famiglia contro l’Epatite Delta, AIFA approva nuovo trattamento

“L’Epatite Delta non solo ha la capacità di provocare cirrosi ed epatocarcinoma con tassi molto più elevati rispetto alle altre epatiti, ma si caratterizza anche per l’ampio sommerso e per gli strumenti terapeutici limitati di cui abbiamo disposto finora” sottolinea Alessandro Rossi, Responsabile SIMG Patologie Acute

Roma, 8 marzo 2023

Vecchie e nuove armi contro epatiti B e Delta

Gli strumenti preventivi e terapeutici per contrastare le Epatiti B e Delta si consolidano e si arricchiscono, ma serve una maggiore consapevolezza da parte della classe medica che avvii un circolo virtuoso di screening e trattamenti. Per l’Epatite B, in Italia, la vaccinazione è obbligatoria dal 1991 per tutti i nuovi nati e per gli adolescenti al 12° anno di età: grazie a questo, il virus è quasi assente nella popolazione under 40, ma si riscontra in altre fasce anagrafiche e in soggetti non nati in Italia.

Il virus dell’Epatite Delta si manifesta solo nelle persone affette da Epatite B ed è particolarmente virulento: il limite sta nel grande sommerso che si fatica a far emergere, tanto che meno di un paziente su due con HBV è testato per la Delta, nonostante siano sufficienti semplici esami del sangue per diagnosticarla.

Si stima che circa il 5% dei pazienti con Epatite B siano affetti anche da HDV, quindi su circa 800mila casi di Epatite B, fino a 40mila persone potrebbero essere colpite da entrambi i virus, con numerosi casi che sfuggono tra coloro che provengono da aree ad alta endemia da virus B e Delta.

I limiti posti dal sommerso rappresentano un obiettivo da superare, tanto più che da gennaio 2023 è presente in Italia, rimborsato da AIFA, un nuovo farmaco, bulevirtide, che permetterà di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti con Epatite Delta, con l’opportunità di trattare anche senza interferone pazienti che prima non potevano ricevere alcuna terapia.

Il ruolo determinante del medico di famiglia

Alla luce di questo quadro, è partito un rinnovato impegno da parte della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie – SIMG per favorire le conoscenze tra i medici di famiglia. “Il ruolo della Medicina Generale è nevralgico per favorire diagnosi precoci e immediati linkage-to-care – sottolinea Alessandro Rossi, Responsabile Patologie Acute SIMG – L’Epatite Delta, infatti, non solo è la forma più grave di epatite virale esistente, con capacità di provocare cirrosi ed epatocarcinoma con tassi molto più elevati rispetto alle altre epatiti, ma si caratterizza anche per l’ampio sommerso e per gli strumenti terapeutici limitati di cui abbiamo disposto finora. Con le recenti novità, un aumento degli screening diventa un obiettivo prioritario, dove il medico di famiglia può dare un contributo determinante, con particolare attenzione ai pazienti HBV-positivi, sui quali non sempre avviene anche il test per l’Epatite Delta, lasciando così che il sommerso si ampli ulteriormente”.

Diagnosi tardive e rapida progressione della malattia

“Grazie alla vaccinazione contro l’Epatite B, le persone fino a 40 anni sono immuni all’infezione sia da Epatite B che da Epatite Delta – spiega la prof.ssa Loreta Kondili, Centro Nazionale per la Salute Globale, Istituto Superiore di Sanità – Tuttavia, i flussi migratori verso l’Italia da zone ad elevata prevalenza di HBV (Asia, Africa ed Est Europa) hanno influenzato l’epidemiologia dell’infezione Delta in Italia. La Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti Virali – PITER ha riscontrato uno scenario epidemiologico clinico attualizzato in cui i pazienti nati in Italia sono più anziani, hanno una malattia del fegato avanzata, da dover ricorrere spesso a trapianto di fegato, e molte altre comorbidità; le persone migrate in Italia, invece, sono spesso giovani, con una malattia di fegato in rapida progressione e con un elevato rischio di gravi conseguenze sin dalla giovane età. I nuovi antivirali contro l’infezione da virus dell’epatite Delta permettono nuove prospettive ottimistiche di cura. Pertanto, serve una diagnosi precoce a cui far seguire un’appropriata terapia antivirale per diminuire l’elevato impatto clinico ed economico sul SSN della malattia da virus dell’epatite B e Delta”.

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