Ferrara, 9 febbraio 2023 – Il 9 febbraio 2023 si celebra la Giornata nazionale dedicata alle persone in stato vegetativo ed alle loro famiglie. Questa ricorrenza rappresenta un’importante iniziativa che ha come obiettivo quello di sensibilizzare i cittadini sulle problematiche e sui bisogni delle persone che si trovano in condizione di gravissima compromissione dello stato di coscienza e delle loro famiglie. Si tratta di persone colpite da una grave cerebrolesione acquisita (GCA), in cui il danno cerebrale è così grave da provocare inizialmente uno stato di coma, tale da richiedere il ricovero in rianimazione.
Lo stato vegetativo, che cos’è e in cosa consiste
Il danno cerebrale può essere provocato da diverse cause: un trauma cranico (ad esempio a seguito di un incidente o una caduta), un accidente vascolare che colpisce il cervello (come un’emorragia cerebrale o un ictus), o ancora, come conseguenza di un arresto cardiocircolatorio (dove viene meno l’ossigenazione del cervello).
Dopo la riemersione dal coma, nei danni cerebrali più gravi, il recupero della coscienza può essere assente o solo parziale, con quadri di stato vegetativo o di minima coscienza, che possono mantenersi nel tempo. In questi casi i pazienti non sono in grado di interagire, quindi non hanno la consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante, e sono incapaci di comunicare.
Lo stato vegetativo rappresenta la condizione più grave di questi disturbi. Oltre ad avere una gravissima compromissione dello stato di coscienza e delle funzioni cognitive, queste persone presentano molteplici menomazioni a carico del movimento, con quadri di paralisi, incapacità a spostarsi, alterazione della deglutizione e della respirazione e completa dipendenza nello svolgimento delle attività elementari della vita quotidiana (quali l’alimentazione e il controllo degli sfinteri), con conseguente gravissima disabilità che può protrarsi nel lungo termine. Questi pazienti spesso necessitano, dopo il ricovero in rianimazione, di percorsi di cura specifici di tipo riabilitativo.
L’Unità operativa di gravi cerebrolesioni del Sant’Anna (diretta dalla dott.ssa Susanna Lavezzi) rappresenta il centro Hub di riferimento regionale della rete GRACER (Gravi Cerebrolesioni Emilia Romagna) per la riabilitazione delle GCA e, da oltre 40 anni, il Reparto segue pazienti con esiti di grave danno cerebrale, tra cui persone con grave disturbo di coscienza. Ogni anno al suo interno vengono accolte oltre 30 persone con gravissimo disturbo di coscienza, con quadri che vanno dallo stato vegetativo allo stato di minima coscienza.
“Molti di questi pazienti – commenta la dott.ssa Lavezzi – provengono dai reparti di Rianimazione aziendale (dove la presa in carico riabilitativa avviene già nel reparto stesso, con l’intervento di fisiatra e fisioterapista), ma anche dalla regione Emilia-Romagna o da realtà extraregionali. Il percorso di cura di queste persone è spesso molto lungo, può durare infatti anche diversi mesi, durante i quali vengono attivati programmi di trattamento riabilitativo da parte di un team di professionisti che comprende il fisiatra, il fisioterapista, il logopedista, l’infermiere, l’OSS e lo psicologo. Durante questo percorso, inoltre, viene prestata particolare attenzione alla presa in carico della famiglia e dei caregiver, fin dalle prime fasi del ricovero. Durante tutta la degenza in riabilitazione, il paziente è seguito da un team multidisciplinare, che vede la collaborazione costante di molti specialisti, come neurochirurghi, neurologi, neuroradiologi, pneumologi, infettivologi, otorinolaringoiatri e gastroenterologi. Questo a causa delle molteplici problematiche che i pazienti presentano”.
“All’interno della nostra realtà riabilitativa ospedaliera – prosegue Lavezzi – in collaborazione con Università ed Istituti di Ricerca, ci si adopera per lo sviluppo ed applicazione delle più moderne tecniche diagnostiche, prognostiche e terapeutiche. Accanto ai trattamenti riabilitativi tradizionali, infatti, vengono attuati protocolli innovativi di stimolazione cerebrale non invasiva e multisensoriale, volti a favorire il recupero della coscienza. Inoltre, lungo l’intero percorso di cura, occupa grande rilievo l’affiancamento, accompagnamento, informazione ed educazione della famiglia nel processo di adattamento e gestione degli esiti di gravissima disabilità”.
Nel territorio ferrarese, in ottemperanza a quanto deliberato dalla Regione Emilia-Romagna già nel 2004, è attiva una rete assistenziale dedicata per questa tipologia di pazienti – in particolare a favore della domiciliarità – attraverso l’intervento di equipe multiprofessionali dedicate e con agevolazioni anche sul piano economico. Attualmente, nel territorio provinciale, risultano in carico oltre trenta pazienti con esiti di stato vegetativo e di minima coscienza, a seguito di una grave cerebrolesione, prevalentemente gestiti al domicilio.
“Per le Professioni Sanitarie – precisano il dott. Davide Cavedagna e la dott.ssa Marika Colombi, rispettivamente Responsabili delle Professioni Sanitarie di Sant’Anna e Ausl – la rete assistenziale dedicata alla rete GRACER vede il coinvolgimento di personale infermieristico e fisioterapisti, in possesso di competenze avanzate, sia presso la struttura ospedaliera di Cona che presso le strutture territoriali afferenti all’AUSL. Sono in corso di attivazione percorsi integrati relativi alla presa in carico riabilitativa al domicilio, in continuità con i trattamenti avviati presso la struttura ospedaliera”.
“Ritengo che questa giornata – conclude Lavezzi – sia un’occasione importante per far crescere, nell’intera comunità, la consapevolezza dei bisogni di queste persone e delle loro famiglie; oltre che uno stimolo per continuare a lavorare con l’obiettivo di garantire un’alta qualità della cura in tutti i contesti, con la piena integrazione ospedale-territorio, nel rispetto della dignità della persona e cercando sempre di dare voce a coloro che non sono in grado di farlo”.
L’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Ospedaliera (Direttore Facente Funzioni dott. Milo Vason) tratta ogni anno oltre 40 pazienti neurolesi che, in minima percentuale, potrebbero andare incontro alla condizione clinica comunemente nota come “stato vegetativo”.
“Si tratta di una condizione di gravissimo danno encefalico – spiega il dott. Vason – che può essere dovuta a diverse cause. Fra queste il politrauma con coinvolgimento cranio-encefalico, l’ictus ischemico massivo, l’emorragia cerebrale massiva, le neoformazioni maligne cerebrali e l’arresto cardio-circolatorio. Il paziente neuroleso richiede cure intensive di alta complessità, tra le quali, molto spesso, la tracheotomia. Per ottimizzare le cure rivolte a questo tipo di disabilità, indispensabile diviene perciò la collaborazione con altre importanti discipline medico chirurgiche. Fra queste, solo per citarne alcune, ci sono la neurologia, la neurochirurgia, la neuro-radiologia e la medicina riabilitativa. L’impegno terapeutico e assistenziale, dunque, terminata la fase di stabilizzazione delle funzioni vitali che è prettamente rianimatoria, diviene collegiale e condivisa. Fondamentale risulta il sostegno dell’Unità Gravi Cerebrolesioni, con la quale collaboriamo attivamente”.
“Le cause più comuni di uno stato vegetativo – mette in evidenza il prof. Carlo Alberto Volta, Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Universitaria – sono gli esiti di un trauma cranico maggiore e/o di una mancanza di ossigenazione cerebrale (post anossiche); ma qualsiasi disturbo che si traduce in un grave danno cerebrale (come, per esempio, le sindromi degenerative) può determinare uno stato vegetativo. Tipicamente si verifica perché, dopo il coma, la funzione del tronco encefalico e quella del diencefalo riprendono, ma non quella corticale. Dopo la prima fase di stabilizzazione in ambito intensivo, il maggior impegno per questi pazienti è assistenziale ed infermieristico. Il nursing è continuo durante la giornata ed è finalizzato alla mobilizzazione passiva, all’igiene personale, alla somministrazione e controllo dell’alimentazione e dell’idratazione”.
“Il trattamento riabilitativo è volto soprattutto alla prevenzione del danno secondario, al mantenimento della funzionalità residua, alla stimolazione sensoriale e agli aspetti affettivo-relazionali. Un aspetto particolarmente importante – riprende il prof. Volta – è la presa in carico da parte della famiglia con coinvolgimento nelle attività assistenziali. Questo presuppone la verifica delle difficoltà emotive dei familiari, del loro grado di adattamento alla disabilità del congiunto e all’attivazione di eventuali percorsi di supporto”.
I pazienti in stato vegetativo sono presenti in entrambe le Terapie Intensive del nostro Ospedale e comunque rappresentano un numero limitato di pazienti quantificabile in 6/10 all’anno.