Nota a cura del senatore prof. Andrea Crisanti, Segretario della 7ª Commissione permanente (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica e ricerca scientifica)
Roma, 2 febbraio 2023 – Oggi ho interrogato in Question Time il ministro della Salute Orazio Schillaci su una materia che a me sta molto a cuore: le borse di studio per specializzandi nelle professioni non-mediche. Ovvero quelle riservate alle categorie dei veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi.
Nonostante il loro percorso universitario si equipari per legge agli specializzandi laureati in medicina (il Decreto Interministeriale n. 716/2016 “Riordino delle Scuole di specializzazione ad accesso riservato ai non medici” ha infatti formalmente uniformato i percorsi formativi tra le due figure) ed entrambe le specializzazioni prevedano che il 70% dei crediti formativi debba essere maturato attraverso tirocini e pratiche lavorando quindi nei nostri ospedali almeno 34 ore ogni settimana, questi – più di 1500 in un anno – non sono beneficiari di una borsa di studio. Ovvero queste persone lavorano nei nostri ospedali e non vengono pagate.
Una situazione che va avanti da decenni e resa ancor più intollerabile con la pandemia, se si pensa che sono proprio questi specializzandi ad aver analizzato giorno e notte centinaia di migliaia di tamponi, o questi farmacisti ad aver assicurato i dispositivi di protezione e i medicinali, o i fisici medici ad aver assicurato il corretto funzionamento dei macchinari – solo per fare alcuni esempi. Il decreto Rilancio ha stanziato 95 milioni per finanziare 4200 contratti di specializzazione in più, nessuno dei quali destinato ai non medici.
Durante gli ultimi 20 anni si sono susseguiti provvedimenti in materia, ma nulla è stato disposto in relazione alla corresponsione di borse di studio; anzi, si è aggiunto che a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il possesso di un titolo di specializzazione è diventato requisito necessario per l’accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale sia per i dirigenti di area medica sia per quelli di area non medica. Con il risultato che percorrere questa professione diventa un costo che sempre meno specializzandi possono permettersi di affrontare.
Per questo, oltre a lavorare a un progetto di legge che riformi la materia, oggi ho interrogato con urgenza il ministro Schillaci, per sapere quali iniziative urgenti il titolare della Sanità intenda adottare, nell’ambito delle sue competenze, al fine di superare l’assurda e intollerabile disparità di trattamento nel rispetto del principio di uguaglianza e nel rispetto della normativa vigente che ha previsto un’equiparazione che nei fatti non ha mai trovato attuazione, provvedendo altresì a individuare, nel primo provvedimento utile, le risorse finanziarie necessarie a tal fine.
Sono sicuro che, da medico, non potrà che essere d’accordo a sanare una situazione che ancora una volta mortifica professionalità e merito dei nostri laureati e il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale.