In un articolo pubblicato questa settimana sull’ultimo numero di Nature Computational Science un gruppo di ricerca coordinato da Elena Cuoco, ricercatrice dell’ Osservatorio Gravitazionale Europeo e della Scuola Normale Superiore e associata all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare spiega come l’Intelligenza Artificiale potrà contribuire ad affrontare le sfide dell’Astronomia del futuro. In particolare l’IA potrebbe aiutare gli astronomi ad integrare le informazioni, che uno stesso fenomeno cosmico ci invia attraverso diversi ‘messaggeri’, potenziando la nostra capacità di esplorare e descrivere in un futuro prossimo eventi cosmici remoti e violenti, come la fusione di stelle o le supernovae. Per realizzarla però saranno necessari spazi virtuali per la condivisione dei dati e collaborazioni scientifiche sempre più estese
Roma, 29 agosto 2022 – L’Intelligenza Artificiale, sempre più pervasiva in ogni ambito della nostra vita, tra non molti anni potrebbe diventare uno strumento decisivo anche per gli scienziati e le sfide future della cosiddetta ‘Astronomia ‘Multimessaggera’. Telescopi e antenne sulla Terra e nello Spazio, riusciranno sempre più spesso, infatti, nei prossimi decenni a fare osservazioni coordinate e a registrare in parallelo segnali di diversa natura generati dallo stesso fenomeno cosmico: onde elettromagnetiche di differenti frequenze dalle onde radio fino ai potentissimi lampi gamma, ma anche onde gravitazionali, neutrini o altre particelle cosmiche…
In realtà fino ad oggi esiste un’unica osservazione astronomica di questo tipo, avvenuta il 17 Agosto 2017. Quel giorno il segnale gravitazionale emesso dalla fusione di due stelle di neutroni catturato dagli interferometri LIGO negli USA e Virgo in Italia (e il successivo riscontro di un lampo gamma osservato dal satellite Fermi) resero possibile per la prima volta una campagna osservativa multimessaggera, che coinvolse oltre 70 telescopi e osservatorii su tutto il pianeta.
In futuro, però, con i prossimi cicli di osservazioni di LIGO e Virgo o, più probabilmente, grazie alle nuove generazioni di antenne gravitazionali (come Einstein Telescope in Europa e Cosmic Explorer negli USA) e di telescopi elettromagnetici (come CTA per i raggi gamma o il Webb Telescope, appena messo in orbita) l’osservazione parallela di onde gravitazionali, raggi gamma e (possibilmente) neutrini potrebbe diventare routinaria, con la possibilità di rivelare più di un evento ‘multimessaggero’ al giorno.
“In questo scenario molti dati di natura diversa, saranno registrati quasi simultaneamente e dovranno essere analizzati ed elaborati il più rapidamente possibile per coordinare le osservazioni e, soprattutto, studiare i fenomeni astrofisici che li hanno generati – spiega in un recente articolo pubblicato da Nature Computational Science Elena Cuoco, ricercatrice dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO) e della Scuola Normale Superiore di Pisa, associata all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) – L’Intelligenza Artificiale allora potrebbe giocare un ruolo decisivo se saremo in grado di addestrare degli agenti intelligenti in grado di analizzare, quasi in tempo reale, i segnali generati da un unico evento astrofisico ‘multimessaggero’, identificandolo e descrivendone le caratteristiche fisiche con estrema rapidità”.
Per questo il gruppo di ricerca, coordinato dalla stessa Cuoco, ha proposto un approccio detto ‘multimodale’, che è utilizzato in molte applicazioni di Intelligenza Artificiale, in grado di integrare informazioni e segnali di natura diversa, come immagini, suoni, testi… Sono di questo tipo le IA dei robot che analizzano simultaneamente input visivi, sonori e di differenti sensori per orientarsi e muoversi nello spazio; o le applicazioni che per interpretare le intenzioni o i discorsi di una persona incrociano le informazioni che ricavano dalle espressioni del viso, dal timbro della voce oltre che dal contenuto letterale di ciò che viene detto.
“Nel nostro caso – spiega la Cuoco – possiamo rappresentare pezzi di informazione derivanti da diversi segnali fisici nella forma di visualizzazioni 3D, diagrammi di frequenze, immagini o segnali audio… che i programmi imparano ad interpretare e integrare, per identificare in tempo reale le caratteristiche delle sorgenti. I test che abbiamo fatto su campioni di eventi astrofisici simulati indicano che questa direzione è percorribile e i primi risultati sembrano incoraggianti”.
Naturalmente questa prospettiva apre sfide impegnative legate agli aspetti di calcolo e alla condivisione su un’unica piattaforma informatica, in modo quasi istantaneo, dei dati e dei risultati di gruppi e istituzioni di ricerca di tutto il mondo.
“La scelta delle istituzioni di ricerca di garantire un accesso libero e universale ai propri dati, il cosiddetto open access, è l’unica via a consentirci di sviluppare collaborazioni così estese – conclude Elena Cuoco – E in questo senso iniziative come quella dell’European Open Science Cloud (EOSC), che punta alla costruzione di una cloud condivisa per i dati e i software della ricerca europea e utile a settori ricerca molto diversi (dalla biologia alla fisica delle particelle) vanno senz’altro nella giusta direzione. Del resto la comunità delle onde gravitazionali è in questo senso un modello esemplare: LIGO e Virgo rendono pubblici la posizione nel cielo e le caratteristiche preliminari delle sorgenti gravitazionali appena pochi secondi dopo la loro rivelazione”.