Milano, 8 agosto 2022 – Le persone con HIV sono particolarmente esposte al rischio di sviluppare una malattia renale cronica. Fino a poco tempo fa, se in questi pazienti c’era bisogno di un trapianto le cose potevano complicarsi ulteriormente: per ragioni cliniche, l’ideale sarebbe avere un donatore dell’organo sieropositivo, ma la normativa italiana sulla sicurezza del donatore non prevedeva questa possibilità. L’intervento veniva quindi riservato a pochi casi selezionati, solo pochi centri italiani ne offrivano la possibilità, e gli organi disponibili i pazienti con HIV erano veramente pochi.
Le cose però in Italia sono cambiate: dal 2018 è possibile la donazione d’organi e il trapianto tra persone HIV positive, aprendo a nuove possibilità di cura per questi pazienti. E dopo il primo trapianto di fegato al Policlinico di Milano su un paziente con HIV, avvenuto nel 2021, ora è stato portato a termine con successo anche il primo trapianto di rene in cui sia il donatore sia il ricevente erano sieropositivi.
“Nei pazienti con HIV – spiega Giuseppe Castellano, direttore della Nefrologia, Dialisi e Trapianti di Rene del Policlinico – c’è una maggiore predisposizione alla malattia renale cronica: in parte per meccanismi legati all’infezione stessa, in parte per altre patologie spesso concomitanti come epatite B e C. In ultimo c’è il ruolo delle terapie antiretrovirali, che hanno sicuramente aumentato le aspettative di vita ma con effetti collaterali non trascurabili”.
Ed è proprio quello che è accaduto a Pietro (nome di fantasia), paziente con HIV che era in lista per un trapianto di rene da circa un anno. La svolta è arrivata poche settimane fa, quando si è reso disponibile un rene da donatore HIV positivo.
“Il nostro Ospedale – aggiunge Mariano Ferraresso, direttore della Chirurgia Generale – Trapianti di Rene al Policlinico di Milano – ha ottenuto l’autorizzazione per questo tipo di trapianti nel 2019, ma purtroppo la pandemia da Covid-19 aveva bloccato in partenza il percorso. Avevamo però tutte le competenze per poterci occupare di questi pazienti molto delicati, sia sul fronte nefrologico che infettivologico e ovviamente chirurgico data la nostra lunga esperienza nel confezionamento di accessi per emodialisi nei pazienti nefropatici con HIV”.
Con la disponibilità dell’organo e grazie all’evoluzione della pandemia, oggi meno preoccupante rispetto al passato, è stato finalmente possibile organizzare il primo trapianto di questo tipo: “Poter contare su una maggiore disponibilità di organi riservati ai pazienti con HIV – prosegue Ferraresso – aumenta le chance per questo tipo di riceventi: perché non entrano in competizione con i malati sieronegativi, ovviamente più numerosi, per lo stesso organo e quindi la loro lista d’attesa scorre più velocemente”. Il decorso post-operatorio di Pietro “è stato eccellente e dopo alcune settimane è tornato a casa con il suo rene nuovo”.
Infine, sottolineano i due esperti, il programma di trapianti dedicato ai pazienti con HIV “consente di garantire l’accesso a organi di qualità e senza rischi aggiuntivi a persone che per molto tempo hanno visto precludersi la possibilità del trapianto sulla base di valutazioni oggi del tutto superate”.