Burnout, turni massacranti, demansionamenti, personale al lumicino… Il carico di lavoro di medici e infermieri è sotto gli occhi di tutti. La crisi strutturale e organizzativa della nostra Sanità è sotto gli occhi di tutti!
Quante denunce al riguardo si sono succedute da parte di Medici, Sindacati, Associazioni di categoria. Quanti appelli a Governo, Regioni, Istituzioni sono caduti nel vuoto.
Cari Medici e Infermieri, quanti comunicati stampa mi avete inviato negli anni, tutti “uguali”, avete denunciato sempre le stesse cose, le stesse carenze, le stesse difficoltà. Nonostante tutto, avete continuato a lavorare con la stessa abnegazione, dedizione, passione e professionalità. A voi dico grazie! Anche a nome dei nostri lettori. Grazie!
Caro Governo, a te vorrei dire ben altre cose. Ti sei speso a destra e a manca per garantirti voti che spero non arriveranno. Nella tua Agenda programmatica la Sanità è sempre stata figlia della serva. Vergogna!
Oggi sei colpevole della morte di un grande medico, Giovanni Buccoliero, che ha dedicato la sua vita a curare gli altri, fino all’ultimo respiro, fino a quando è stato stroncato da un infarto dopo 24 ore di lavoro non-stop tra reparto e Pronto Soccorso.
Mi stringo al dolore della famiglia e dei colleghi.
Nicoletta Cocco
Roma, 25 luglio 2022 – Anaao chiederà alla magistratura di indagare sulla violazione dei protocolli di sicurezza imposti dalle leggi dello Stato,
a cominciare dalle 11 ore di riposo tra un turno di lavoro e un altro.
La morte sul lavoro del collega dell’Ospedale di Manduria, commenta l’Anaao Assomed, non può essere liquidata solo con le parole vergognose del suo Direttore generale che considera “normale” quanto è accaduto perché ci sono turni da coprire, perché manca personale, perché esistono le patologie, costi quel che costi.
Ed evita qualunque espressione di solidarietà nei confronti della vittima e dei suoi medici, esposti a condizioni di lavoro disumane e ridotti da professionisti a numeri, chiamati a produrre altri numeri, ingranaggi inanimati di una squallida catena di montaggio economicistica.
Se soffrire sul lavoro non è una condizione naturale, morire mentre ci si prodiga ad alleviare le sofferenze dei cittadini non può essere un destino o un rischio del mestiere. Il compito di chi dirige un’azienda sanitaria è di mettere i dipendenti nelle migliori condizioni per assicurare il diritto alla salute dei cittadini. E non è accettabile che per difendere un diritto se ne neghi un altro, quello sulla sicurezza del lavoro e dei lavoratori, peraltro sancito da legge.
Organici insufficienti sono anche figli del blocco delle assunzioni disposto dalla Regione e impongono una riorganizzazione delle attività di cui non si vede traccia. Le responsabilità della politica regionale nel collasso della sanità pubblica, in Puglia come in altre regioni, sono enormi, anche nella scelta di dirigenti che dovrebbero avere competenze inopinabili e soprattutto dovrebbero avvertire la decenza di dimettersi dopo quanto è accaduto e hanno detto.
La sofferenza del servizio sanitario pubblico è evidente, dalla Puglia alla Campania, dal Lazio alla Sardegna, dal Piemonte alla Liguria, ma il Parlamento è da oggi dedito solo all’ordinaria amministrazione e i partiti sono impegnati a redigere liste elettorali, guardandosi bene dall’inserire la parola ‘sanità’ tra le loro promesse elettorali.
I medici lasciati soli si difenderanno da soli, e ognuno valuterà la differenza tra la loro presenza e la loro assenza in strutture sanitarie che sempre di più somigliano a quinte teatrali.
Intanto l’Anaao Assomed esprime le più sentite condoglianze alla famiglia del collega deceduto e chiederà alla magistratura di indagare sulla violazione dei protocolli di sicurezza imposti dalle leggi dello Stato, a cominciare dalle 11 ore di riposo tra un turno di lavoro e un altro.
Ma l’impegno politico che intende assumere è quello di chiamare i medici tutti a difendere, insieme con le loro organizzazioni professionali, in tutte le forme previste dalle leggi e immaginabili, la loro dignità professionale e il loro ruolo di professionisti negati da condizioni di lavoro che ne fanno la classe operaia del terzo millennio.