Genova, 27 giugno 2022 – Svolta nella cura del cancro. La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’uso combinato di dabrafenib (Tafinlar) più trametinib (Mekinist) per il trattamento di pazienti adulti e pediatrici di età pari o superiore a 6 anni con tumori solidi non resecabili o metastatici con una mutazione BRAF V600E.
Una decisione che rivoluziona il mondo della pratica clinica e che di fatto riconosce l’esistenza del ‘BRAFoma’ cioè – come spiega Giuseppe Palmieri, past president IMI – Intergruppo Melanoma Italiano, professore ordinario oncologia medica all’Università di Sassari e responsabile sede di Sassari dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del CNR, che ha partecipato alla scoperta di questo gene e per primo ha studiato questa mutazione e le sue implicazioni – “un bersaglio da trattare con le terapie a prescindere dal tipo di tumore solido”.
Le mutazioni BRAF sono state identificate come fattori trainanti di crescita in più di 20 diversi tipi di tumori solidi, compresi i tipi di cancro rari che possono essere difficili da studiare negli studi di fase III e che spesso hanno opzioni di trattamento limitate. In particolare, studi multicentrici internazionali, del quale IMI ha fatto parte, hanno iniziato a studiare la mutazione BRAF V600E all’inizio degli anni 2000, un lavoro pubblicato su Nature nel 2002 dimostrava che era responsabile di circa il 66% dei melanomi maligni e, a frequenza più bassa, in una vasta gamma di altri tumori nell’uomo. “Oggi sappiamo – afferma Palmieri – che la variante V600E è responsabile fino al 90% dei tumori con mutazione BRAF”.
In questo contesto dabrafenib/trametinib è la prima e unica combinazione di inibitori BRAF/MEK ad essere approvata con indicazione tumore-agnostica ed è l’unica combinazione di inibitori BRAF/MEK approvato per l’uso in pazienti pediatrici.
“Una decisione storica – commenta Palmieri – perché riconosce l’esistenza del “BRAFoma” cioè di tumori accomunati dalla presenza dello stesso marcatore, indipendentemente dalla sede anatomica della neoplasia, e che di fatto rende questa mutazione un bersaglio da trattare al posto del tumore solido, di qualsiasi tipo esso sia, compresi quelli rari orfani di farmaci”.
E continua: “Nei nostri studi abbiamo sempre sostenuto che si potesse trattare la mutazione e non il tumore. Malgrado sapessimo che BRAF V600E fosse tipico del melanoma eravamo convinti che potesse essere in assoluto un marcatore bersaglio di terapie e che anche altri tumori solidi potessero beneficiare degli stessi successi terapeutici”.
Di qui l’appello: “Come IMI – conclude – vista la nostra esperienza, ci auguriamo che EMA e AIFA recepiscano a breve questa decisione e che il test BRAF diventi un passaggio diagnostico di routine per consentire una nuova opzione per il trattamento a tutti i pazienti con tumori solidi”.