Cannabis, prima si comincia e peggio è. In Europa il 20% di nuovi casi di psicosi sono legati al consumo di cannabinoidi

Prof. Giuseppe Bersani, già ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma, e membro del Comitato tecnico scientifico “Per la salute dei giovani”: “Le opportunità cognitive che si perdono in adolescenza non si recuperano più, sono danni strutturali che si organizzano in quell’età e si perpetuano nelle età successive”

Roma, 10 maggio 2022 – Calo del rendimento scolastico, della motivazione e della capacità di iniziativa, stranezze nel comportamento, tendenza a isolarsi all’interno del proprio gruppo di pari o di un determinato contesto, ad esempio quello social, possono essere campanelli d’allarme del consumo di cannabis da parte degli adolescenti, anche in età molto precoce, intorno agli 11-12 anni.

A spiegarlo è Giuseppe Bersani, già professore ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma, e membro del Comitato tecnico scientifico “Per la salute dei giovani”, entrato a far parte dei gruppi di lavoro dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri di Roma e provincia (OMCeO Roma).

Il consumo di cannabis si fa, infatti, sempre più precoce tra i ragazzi europei e quelli italiani non fanno eccezione. Secondo gli ultimi dati del 2020 della Direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa), nel nostro Paese il 6,3% dei consumatori di cannabis ha meno di 18 anni. Inoltre, secondo i dati Espad Italia 2014-2022, ad oggi il 25,8% degli studenti nella fascia d’età 15-19 ha fumato cannabis almeno una volta nell’ultimo anno (29,4% maschi e 22,1% femmine) e circa 75.000 studenti italiani in questa fascia d’età fumano abitualmente cannabis (10 o più volte al mese), determinando un effettivo fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi psichiatrici.

L’esordio precoce nell’assunzione di cannabis da parte dei giovani può portare numerose gravi conseguenze. La punta dell’iceberg, spiega Bersani, “sono i disturbi psicotici che, secondo un dato medio, possono interessare il 15% dei giovani consumatori”.

Prof. Giuseppe Bersani

“Non è possibile definire il dato in modo più preciso perché – chiarisce lo psichiatra – alla comparsa di queste forme psicotiche concorrono quattro variabili. La prima è l’età di esordio dell’assunzione, perché un conto è iniziare a consumare cannabis a 13 anni e un altro è iniziare a 30. La seconda è la continuità, la regolarità dell’assunzione. La terza è la quantità cumulativa di principio attivo della cannabis (il tetraidrocannabinolo, THC) assunta nel tempo. Questi tre fattori si combinano, poi, con una vulnerabilità individuale mediata geneticamente. Questi stati psicotici possono essere di tipo simil-schizofrenico o simil schizo-affettivo”.

“La cosa drammatica – sottolinea l’esperto – è che un disturbo psicotico che esordisce indotto e stimolato dal consumo di cannabis può cronicizzare e quindi non recedere, in molti casi, neanche dopo la sospensione del consumo di cannabis. È come se l’assunzione di cannabis fosse in grado attivare un processo potenziale, ma non espresso, che una volta attivato segue il suo decorso, indipendentemente dalla prosecuzione o meno dell’assunzione di cannabis”.

“Si tratta di un rischio altissimo”, ribadisce Bersani e ricorda: “è stato calcolato che in Europa, nell’ultimo decennio, circa il 20% di nuovi casi di psicosi sono in qualche modo legati al consumo di cannabinoidi. Un dato enorme se pensiamo che si parla di migliaia di pazienti che necessiteranno di assistenza sanitaria a vita, con costi elevatissimi, e che senza l’assunzione di cannabis non avrebbero avuto bisogno di quel tipo di assistenza”.

Nella zona mediana dell’iceberg ci sono poi le conseguenze mentali di lungo termine, sviluppate da una vasta percentuale di soggetti che iniziano ad assumere precocemente cannabis ma non sviluppano psicosi. Si tratta di “disturbi depressivi sub-sindromici. È quella che noi chiamiamo sindrome amotivazionale, caratterizzata, più che dalla tristezza e dalla malinconia tipiche della depressione vera e propria, da uno stato di apatia, indifferenza, mancanza di motivazione, di interessi, di iniziativa. È strettamente intersecata col deficit cognitivo, con le difficoltà a studiare, a memorizzare. Un quadro sindromico che compromette anche l’adattamento sociale e professionale di tantissimi ragazzi”.

Alla base della piramide delle conseguenze sulla salute mentale del consumo di cannabis ci sono, infine, quelle di ambito neuro-psicologico che si manifestano con “riguardano disturbi di memoria e della concentrazione, difficoltà nell’apprendimento verbale. Molti ragazzi che fumano cannabis iniziano prima ad andare male a scuola, poi abbandonano: moltissime interruzioni di studi – sottolinea l’accademico – sono legate al consumo di cannabis. Per quanto labile possa essere il dato, l’OMS ha stimato che tra i giovani che hanno iniziato precocemente ad assumere cannabis e quelli che non l’hanno mai consumata c’è una differenza di quoziente intellettivo di 10 punti”.

“I consumatori precoci si autodeterminano una ridotta capacità intellettiva per tutto il resto della vita. Non è un decadimento cognitivo – ribadisce Bersani – è una cognitività che non si sviluppa perché la cannabis interferisce con il processo evolutivo del cervello che è nel pieno durante l’età adolescenziale. Le opportunità cognitive che si perdono in adolescenza non si recuperano più, sono danni strutturali che si organizzano in quell’età e si perpetuano nelle età successive”.

Una vasta gamma di disturbi “condita da un problema di adattamento sociale, disregolazione, di impulsività, condotte devianti anche perché spesso siamo davanti alla comorbilità con l’uso di alcol, che anche tra i giovanissimi sta diventando un grosso problema. Prima si comincia, insomma, e peggio è”.

Proprio per aumentare la consapevolezza sui rischi legati al consumo di cannabis in età adolescenziale, è nato il Gruppo di lavoro coordinato da Antonio Bolognese, professore onorario di Chirurgia generale del dipartimento Pietro Valdoni presso Sapienza Università di Roma.

“Lo spunto – ricorda Bolognese – è venuto all’inizio del 2022, nel momento del dibattito sul referendum per la legalizzazione della cannabis, quando nei confronti radio-televisivi la voce della scienza era solamente sussurrata se non addirittura ignorata e non veniva mai sottolineato che la cannabis non è una droga leggera. Il termine leggera non ha infatti alcun valore scientifico, ma nasce da un’esigenza soprattutto commerciale affinché se ne faciliti la vendita”.

“Il nostro intento – spiega Bolognese – è informare in modo semplice, capillare, mediante un messaggio da diffondere, non solo attraverso i canali di comunicazione tradizionali, ma anche attraverso i social e la ‘peer education’. Vogliamo, infatti, che arrivi in tutti i contesti in cui sono presenti i giovani: scuole, università, centri e federazioni sportivi, conservatori musicali, scuole d’arte, le carceri minorili”.

“Puntiamo alla ‘peer education’ – chiarisce il coordinatore del gruppo di esperti – con un progetto che istruisca alcuni giovani di riferimento ai quali sarà poi affidato il compito di fare informazione tra i loro coetanei. Il messaggio principale che dovrà essere diffuso è che il 15% di chi consuma la cannabis venduta oggi, che è molto diversa da quella degli anni ’60 e ’70 perché è potenziata, rischia di sviluppare effetti che possono indurre forme di psicosi, talora gravi e irreversibili. Poi ciascuno sarà responsabile del proprio futuro”.

“Il gruppo di lavoro – tiene a precisare il coordinatore – è nato come organismo spontaneo e indipendente. Poi è stato definito come “Comitato tecnico scientifico per la salute dei giovani”: è infatti costituito da un gruppo di medici specialisti esperti del settore scientifico, mentre nel gruppo dei tecnici ci sono esperti di comunicazione, di area giuridica e di sport. Successivamente, il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma e provincia, Stefano De Lillo, è venuto a conoscenza del nostro lavoro e ha voluto fare propria l’iniziativa, per diffonderla prima di tutto tra i medici e gli odontoiatri (che spesso non conoscono a sufficienza la materia) e poi in tutti I luoghi dove già noi ci siamo posti l’obiettivo di raggiungere non solo i ragazzi, ma anche le loro figure di riferimento. Abbiamo, in tal modo, potuto istituzionalizzare il Cts con una specifica delibera dell’Ordine dei Medici di Roma e provincia. Ovviamente con il contributo dell’Ordine dei Medici sarà molto più semplice, ci auguriamo, riuscire a raggiungere i nostri obiettivi (Federazione nazionale, Ordini dei medici, Coni). Istruttori sportivi, maestri d’arte, docenti avranno, soprattutto loro, il compito di diffondere il nostro messaggio. Promuoveremo anche piccoli convegni o incontri con i ragazzi”.

“L’esigenza di informare i medici – tiene a precisare Bolognese – nasce dalla consapevolezza di quanto sia, talora, poco approfondita la conoscenza dei danni da cannabis anche tra gli operatori sanitari. Molti, infatti, sono ancora convinti che la cannabis attuale sia la stessa dello spinello del ’68, mentre oggi è 80 volte più potente. Vogliamo quindi aumentare la conoscenza e la consapevolezza tra gli operatori sanitari e smontare la convinzione, diffusa ad arte a livello mediatico, che la cannabis sia una droga leggera”.

“L’altro nostro intento è che l’iniziativa assuma respiro nazionale, per rendere capillare l’informazione ed evitare che ci siano molte iniziative in alcune Regioni mentre altre restano scoperte”, conclude Bolognese.

Salva come PDF
Le informazioni presenti nel sito devono servire a migliorare, e non a sostituire, il rapporto medico-paziente. In nessun caso sostituiscono la consulenza medica specialistica. Ricordiamo a tutti i pazienti visitatori che in caso di disturbi e/o malattie è sempre necessario rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista.

Potrebbe anche interessarti...