La ricerca coordinata da Roberto Bassi, docente dell’Università di Verona, sarà finanziata con 2,5 milioni di euro, grazie a un ERC Advanced Grant
Verona, 26 aprile 2022 – La vita sulla Terra è alimentata da piante e alghe unicellulari, cioè organismi autotrofi, che si nutrono dei fotoni del sole. Anche animali, funghi e batteri dipendono dall’energia luminosa, ma, indirettamente, attraverso la catena alimentare, dato che si nutrono di piante ed alghe. Sebbene, la luce solare sia disponibile in abbondanza, ha delle caratteristiche che ne rendono problematico l’uso da parte dei viventi, come la sua intensità variabile.
Riuscire a sfruttare tutto il potere di questa energia verde, sia come fonte di cibo che di biocombustibili, è lo scopo del progetto “GrinSun – Harvesting Light for Life. Green Proteins at the Interface between Sun Energy and Biosphere”, coordinato da Roberto Bassi, docente di Fisiologia vegetale nel dipartimento di Biotecnologie dell’ateneo scaligero, finanziato dall’Unione europea, tramite un ERC Advanced Grant, con 2,5 milioni di euro.
“Gli organismi autotrofi rappresentano più dell’80% della massa vivente, sul pianeta – spiega Bassi – Ciò nonostante, l’efficacia con cui piante e alghe trasformano l’energia luminosa in biomassa è molto più bassa di quanto si creda comunemente. La luce solare è disponibile in abbondanza, ma le sue caratteristiche ne rendono problematico l’uso: la sua intensità è estremamente variabile, dipendendo dall’ora del giorno, la latitudine, e la stagione o, semplicemente, l’ombreggiamento da parte di altre foglie o delle nuvole. rendendo il rifornimento di energia a limitante per la crescita o, al contrario, eccessivo, con il pericolo di mandare fuorigiri il motore metabolico che produce il nostro cibo e i combustibili”.
“Sebbene la rivoluzione verde della genetica nell’ultimo secolo abbia migliorato la produttività delle colture, il processo fotosintetico è finora stato considerato troppo complesso per poterlo cambiare con cognizione di causa – prosegue Bassi – Quindi, l’efficienza fotosintetica è rimasta invariata nelle attuali piante coltivate nonostante sia la componente principale della produttività delle piante”.
Durante l’evoluzione, i geni che codificano per le proteine verdi si sono diversificati per adattarsi alle condizioni dei diversi ambienti e permettere a piante ed alghe di sopravvivere alle condizioni avverse e riprodursi. Questa riserva di biodiversità genetica non ancora sfruttata può essere esplorata al fine di ingegnerizzare le colture sia per la produttività che per la sostenibilità ambientale. Ed è proprio questo lo scopo del progetto GrInSun, che vuole comprendere il funzionamento delle proteine verdi che raccolgono l’energia del sole e la rendono utilizzabile per la vita sulla terra.
Questo avverrà attraverso diverse strategie: per prima cosa verrà identificata la funzione di ciascuna delle proteine verdi in modo da poterle assortire geneticamente per realizzare piante coltivate più produttive e resistenti alle condizioni ambientali avverse. Oltre ad essere più produttive, tali piante saranno anche in grado di abbassare la temperatura del pianeta. Infatti, le nuove piante così prodotte saranno di colore verde chiaro. Una superfice più chiara del pianeta rifletterà in misura maggiore la luce del sole.
Le colture agrarie coprono circa il 30% delle terre emerse e assorbono una grande quantità energia luminosa che per il 95% viene dissipata in calore. Le piante verde chiaro emetteranno meno calore e abbasseranno la temperatura terrestre pur senza perdere in produttività.
L’analisi genetica delle proteine verdi permetterà, inoltre, di impararne la logica di funzionamento e quindi di fabbricarne di nuove, con le caratteristiche che ci sembreranno più opportune, per migliorare la vita sul nostro pianeta e riportarlo in equilibrio climatico.
“L’efficienza di queste proteine nel raccogliere i fotoni e regolare il trasferimento dell’energia – prosegue Bassi – è fondamentale per la crescita delle piante, sia spontanee che coltivate. Le ricerche condotte nei laboratori dell’università di Verona negli ultimi anni hanno mostrato che ciascuna delle proteine verdi presenti negli organismi autotrofi, chiamate LHC, contribuisce in maniera specifica al processo fotosintetico ed è, quindi, possibile modulare la composizione genica per migliorare l’efficienza delle piante e la resistenza in condizioni ambientali specifiche”.
“Quello ottenuto – conclude Bassi – è un finanziamento europeo cospicuo che riconosce la nostra eccellenza nella ricerca di base e applicata e permetterà per cinque anni al gruppo di ricerca formatosi presso l’università di Verona di potenziare concetti e intuizioni sviluppati in anni di lavoro”.
Diversi sono gli scenari futuri possibili che scaturiranno da questi studi. Fra questi, ci saranno varietà di piante coltivate e di alghe unicellulari che si adattino a diverse condizioni di produzione in serra o all’aperto, a diverse latitudini e altitudini, con un rendimento superiore nella produzione di cibo e combustibili biologici. Inoltre, le proteine ingegnerizzate potranno essere utilizzate nei pannelli solari i cui materiali diventeranno riciclabili.