Nuova tecnica per verificare l’inquinamento causato dal minerale allo stato gassoso. La ricerca individua una nuova metodologia per la salvaguardia ambientale e la protezione della salute con l’uso di un drone. Pubblicazione su Chemosphere, a cura dell’Università di Firenze e dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche, con il sostegno dell’Unione dei Comuni Amiata-Val d’Orcia e la partecipazione di un’azienda leader in ambito droni
Roma, 9 dicembre 2021 – Il mercurio è riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità come un inquinante globale. Per questo il suo utilizzo è stato sottoposto a limitazioni, soprattutto in Europa. A livello mondiale se ne fa ancora largo uso in alcune attività industriali.
Le emissioni di mercurio in forma gassosa possono derivare da tante sorgenti, come l’attività estrattiva, l’uso del carbone come combustibile o anche il passaggio del metallo dalla fase liquida a quella gassosa con l’aumento della temperatura. Il problema principale è dato dal fatto che le quantità di mercurio rilasciate nell’ambiente possono continuare a circolare fino a due anni; una prima regolamentazione delle emissioni a livello mondiale è stata fissata nella Convenzione di Minamata, entrata in vigore nel 2017.
Un aiuto per monitorare l’inquinamento ambientale da mercurio viene ora dalla ricerca. Il Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Firenze e l’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igg) hanno presentato, sulla rivista Chemosphere, i risultati dell’utilizzo combinato di un rilevatore del mercurio gassoso elementare nell’atmosfera e di un drone. Il lavoro è stato commissionato dall’Unione dei Comuni Amiata-Val d’Orcia e vi ha partecipato l’azienda Drone Arezzo S.r.l..
Come siti di prova sono stati selezionati l’ex area mineraria di Abbadia San Salvatore (sul Monte Amiata), dove fino all’inizio degli anni ‘80 si estraeva il mercurio a partire dal cinabro, e le aree urbane circostanti.
“Abbiamo utilizzato un detector associato ad un veicolo aereo senza pilota, capace di trasportare un peso fino a 20 kg. Abbiamo ottenuto, così, misurazioni sia orizzontali che verticali, che ci hanno permesso di rappresentare la distribuzione tridimensionale del mercurio gassoso in atmosfera fino a 60 m dal suolo”, spiegano Orlando Vaselli, docente di geochimica e vulcanologia dell’Università di Firenze, e Jacopo Cabassi, ricercatore del Cnr-Igg.
Il sistema è stato ottimizzato attraverso la sincronizzazione dei dati del detector e del drone. È stato utilizzato un tubo di campionamento verticale, alto 1,20 m, collegato al rilevatore per evitare l’effetto delle forti correnti d’aria e delle turbolenze generate dal movimento del drone, che viene alimentato da batterie per evitare il rilascio di gas di scarico. La metodologia sfrutta la capacità del drone di atterrare in piccoli spazi e fermarsi ad altitudini selezionate: le rappresentazioni grafiche risultanti hanno fornito quasi in tempo reale un’immagine 3D realistica della distribuzione del mercurio gassoso.
“Questo approccio innovativo è in grado di superare i limiti dei metodi di misura classici, come le stazioni di misura fisse (che non possono tenere conto della variabilità spaziale del mercurio gassoso) o i campionatori passivi, che non forniscono indicazioni su variazioni repentine di concentrazione in brevi periodi”, concludono Vaselli e Cabassi.