Ferrara, 22 ottobre 2021 – Il 24 ottobre si celebra la Giornata Mondiale contro la poliomielite: anche l’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara partecipa alla ricorrenza, sottolineando la necessità di mantenere un’adeguata sorveglianza su questa patologia infettiva, e in particolare sulle paralisi flaccide acute, che rientrano nella diagnosi differenziale della malattia.
Ma soprattutto sugli aspetti preventivi, legati alla puntuale e corretta somministrazione del vaccino. Infatti alla fine degli anni 80 l’Organizzazione Mondiale della Sanità – aderendo all’iniziativa globale per la eradicazione dell’infezione virale, approvando una risoluzione specifica – registrava ancora milioni di casi, in quasi tutti i Paesi del mondo. Oggi grazie alle estese campagne di vaccinazione e ai sistemi di sorveglianza, pochi casi sono riportati nel mondo. Due Paesi rimangono tuttavia endemici, Afghanistan e Pakistan, in quanto hanno continuato a registrare casi di poliomielite.
La poliomielite, è una patologia infettiva, acuta, molto contagiosa, determinata da un poliovirus che colpisce il sistema nervoso interessando le cellule neuronali e inducendo una paralisi flaccida acuta che, nei casi più gravi, può divenire mortale. Esistono tre forme di poliomielite paralitica:
- la forma spinale, quella più comune che si caratterizza per una paralisi asimmetrica, ed interessa principalmente gli arti inferiori;
- la forma bulbare, con interessamento dei nervi cranici;
- la forma bulbo-spinale che rappresenta una combinazione delle prime due.
Descritta nel 1789, la poliomielite è stata registrata per la prima volta in forma epidemica in Europa all’inizio del 1800, per diffondersi successivamente negli Stati Uniti. In Italia, nel 1958, furono notificati oltre 8mila casi. Nel nostro paese la vaccinazione antipolio è obbligatoria dal 1966 e l’ultimo caso endemico di poliomielite si è verificato nel 1982. Nel 2002, l’Italia e tutta la Regione OMS Europa, è stata definita una Regione polio-free. Non esistono cure per la poliomielite, se non trattamenti sintomatici che possono solo in parte minimizzare gli effetti della malattia. L’unica strada per evitare potenziali conseguenze è la prevenzione tramite vaccinazione.
A garanzia del mantenimento dello status polio free, i programmi di sorveglianza dovranno continuare fino all’eradicazione definitiva della poliomielite a livello mondiale. Dal 1996, in Italia è attiva una Rete di Sorveglianza delle Paralisi Flaccide Acute (PFA) gestita dal Ministero della Salute, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), considerata il golden standard secondo le linee guida dell’OMS per la certificazione dello stato polio-free.
Il sistema di sorveglianza delle Paralisi Flaccide acute (PFA), con raccolta di campioni per le indagini virologiche, permette di rilevare tempestivamente l’eventuale presenza di poliovirus, tramite il controllo di patologie che mostrano sintomatologia identica alla polio. La PFA è una sindrome a inizio rapido e improvviso, caratterizzata da paresi o paralisi degli arti con possibile concomitante interessamento dei muscoli respiratori e della deglutizione, che raggiunge il massimo grado di severità nel giro di 1-10 giorni.
Il virus della poliomielite si trasmette da persona a persona, principalmente per via fecale-orale, in quanto i soggetti contagiati lo eliminano per alcune settimane con le feci; ma, all’inizio, per un periodo limitato, la trasmissione del virus può anche avvenire per via orale, tramite le goccioline di saliva (per esempio con un colpo di tosse o degli starnuti). Anche chi non manifesta i sintomi della poliomielite può trasmettere il virus.
La maggior parte delle infezioni da poliovirus decorre in modo asintomatico (forme inapparenti), mentre in altri casi si manifestano sintomi aspecifici, di tipo influenzale, febbre, affaticamento, mal di testa, vomito, costipazione (o meno comunemente diarrea), indolenzimento del collo e dolore agli arti.
Tutte queste forme regrediscono completamente lasciando una immunità stabile. In alcuni casi invece la moltiplicazione virale distrugge i neuroni motori che non si rigenerano, portando inabilità funzionale dei muscoli interessati, anche se in alcuni casi è possibile recuperare la funzionalità muscolare in modo completo. Una minima parte delle infezioni, circa 1 su 200 (secondo i dati Oms), porta a una paralisi irreversibile, mentre il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell’apparato respiratorio.
La paralisi è la manifestazione più evidente della malattia, ma solo l’1% dei malati presenta questo sintomo. Spesso la diagnosi non è agevole, soprattutto quando i sintomi sono pochi e aspecifici. Può essere sospettata in presenza di rigidità della nuca e del dorso con difficoltà di flessione del collo, a sollevare le gambe o in caso di riflessi anomali. Per la conferma diagnostica è necessario il prelievo di un campione biologico (ad esempio catarro o liquido cerebro-spinale); la ricerca del virus viene effettuata soprattutto nei campioni di feci prelevati nei primi giorni della malattia.
L’unica arma di prevenzione è rappresentata dalla vaccinazione antipolio. Il vaccino antipolio in uso in Italia dal 2002 (quando l’Oms ha certificato l’eradicazione del virus nella regione europea) è quello definito “inattivato”, basato cioè su un procedimento chimico in grado di uccidere il virus senza fargli perdere la capacità di stimolare il sistema immunitario.
In precedenza, era impiegato anche il vaccino antipolio orale, in cui il virus non era ucciso, ma reso incapace di replicarsi nel tessuto nervoso. La vaccinazione antipolio, secondo il calendario vaccinale, prevede la somministrazione di 3 dosi nel primo anno di vita, (al 3°, 5° e 11° mese), seguite da 2 richiami al 6° e dopo il 12° anno di vita.
Dott. Marco Libanore
Direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive Ospedaliera dell’ospedale S. Anna di Cona