Catania, 30 settembre 2021 – 20 anni fa in Italia fu eseguita la prima operazione di chirurgia robotica e proprio dalle nuove tecnologie e dall’innovazione parte il percorso di ripresa della chirurgia post Covid. Un anniversario speciale quello celebrato durante il Congresso della Società Italiana di Chirurgia in corso a Catania.
I macchinari e le novità robotiche da sole però non bastano, serve una formazione ad alta specializzazione: senza il personale numericamente sufficiente infatti le innovative e performanti macchine non sono utilizzabili.
La chirurgia robotica in Italia è una realtà clinica consolidata, a dimostrarlo più di 23mila interventi eseguiti nel 2019, con prevalenza per l’urologia, seguita da chirurgia generale, ginecologia, chirurgia toracica, ORL.
Poi la pandemia ha rallentato le attività ospedaliere, il numero degli interventi si è notevolmente ridotto e gli specializzandi in periodo di formazione sono stati impegnati nel Servizio sanitario nazionale. Dopo lo stop imposto dalla diffusione del virus è fondamentale “riprendere la corsa in tutti i settori, da quelli più istituzionali a quelli specifici, come nel caso della chirurgia” spiega il prof. Francesco Basile, presidente della Sic.
La sanità nazionale ha dimostrato di saper far fronte all’emergenza del Covid-19, ampliando gli spazi, facendo confluire personale medico e risorse economiche ingenti. Ora, nel momento della ripresa dei regimi pre-pandemia, per la chirurgia italiana è importante indirizzare gli investimenti verso la crescita in termini di innovazione e preparazione accademica.
Le tecnologie avanzate e la robotica in particolare permettono di migliorare la qualità degli interventi, aumentare i benefici per i pazienti, nonché di superare alcuni limiti in campo chirurgico.
“I robot chirurgici permettono l’ingrandimento delle immagini, una maggiore rotazione del braccio robotico, nettamente superiore a quella della mano umana, fornendo al chirurgo la possibilità di intervenire con maggiore precisione” spiega Basile.
Il metodo è considerato vantaggioso dall’80% degli operatori, allo stesso tempo il 95% dei pazienti si ritiene soddisfatto (come testimonia una ricerca pubblicata da Updates in Surgery la rivista scientifica della Sic), si registrano infatti un trauma minore da parte del paziente, la riduzione del dolore percepito e una perdita inferiore di sangue, oltre ai benefici nel periodo di degenza post operatoria.
Gli investimenti nelle nuove tecnologie non bastano, “la chirurgia robotica richiede una preparazione complessa e articolata – precisa Basile – da qui nasce l’esigenza di sviluppare criteri di utilizzo condivisi, individuando modelli innovativi di gestione delle tecnologie”. In mani competenti e preparate, l’assistenza robotica consente l’esecuzione di interventi complessi e allo stesso tempo ne aumenta la riproducibilità da parte di diversi chirurgi, rendendo efficiente anche la formazione delle nuove generazioni.
“I giovani chirurghi che inizieranno la loro formazione in sale operatorie dotate di robot, cresceranno usando queste tecnologie come i millennial usano con naturalezza e semplicità gli smartphone” conclude il prof. Basile.
Il Congresso della SIC è, quindi, l’occasione per fare il punto della situazione e definire le direzioni da prendere anche per questa branca della chirurgia.