Milano, 14 luglio 2021 – Daniela Trabattoni, Responsabile di Monzino Women e Responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia Interventistica al Centro Cardiologico Monzino, ha partecipato ieri al Summit di Women 20 (W20), il gruppo ufficiale del G20 sulla parità di genere, sollecitando un piano d’azione per il cuore delle donne. W20, attualmente presieduto dall’Italia, ha l’obiettivo di garantire che le considerazioni di genere siano integrate nelle discussioni del G20 e tradotte nella dichiarazione dei leader del G20 come politiche e impegni che promuovono la parità di genere e l’emancipazione economica delle donne. In questo quadro, la cardiologa del Monzino ha affrontato il tema degli stereotipi di genere e la salute.
“Il miglioramento tecnologico e lo sviluppo di dispositivi medici di nuova generazione hanno permesso di colmare un divario tra i sessi nella cardiologia interventistica, ottenendo risultati clinici acuti simili, ma dobbiamo ancora scalare la montagna nella cura cardiovascolare delle donne”, ha dichiarato Trabattoni nel suo discorso.
“Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di mortalità nelle donne. In base ai dati del 2019 ogni anno le malattie cardiovascolari causano 3.9 milioni di vittime femminili in Europa, vale dire il 45% dei decessi totali – prosegue Trabattoni – Tuttavia la consapevolezza che le malattie del cuore siano il killer numero uno è diminuita negli ultimi dieci anni nelle giovani donne, che rappresentano la popolazione in cui la prevenzione sarebbe invece più efficace”.
“Va segnalato che i casi di infarto miocardico sono in aumento nelle donne con meno di 55 anni: erano il 21% nel periodo 1995-1999 per salire al 31% nel periodo 2010-2014. Pertanto è fondamentale raddoppiare gli sforzi da parte delle organizzazioni interessate alla salute delle donne per migliorare l’educazione e aumentare la presa di coscienza nella comunità femminile. Anche ospedali e centri di ricerca devono essere sensibilizzati e cambiare direzione”.
“Storicamente le donne sono poco rappresentate negli studi clinici per nuove terapie: negli ultimi dieci anni la partecipazione femminile a studi clinici è risultata pari al 39%. Questo pone ovviamente un limite sia alla nostra comprensione delle malattie cardiovascolari in oltre metà della popolazione, che alla nostra potenzialità di sviluppare terapie o raccomandazioni specifiche per genere”.
“Le donne sono ancora etichettate come popolazione speciale nella maggior parte delle linee guida di trattamento delle malattie cardiovascolari e dunque hanno meno probabilità di ricevere i trattamenti raccomandati. L’enorme rischio cardiovascolare specifico della donna è ampiamente dimostrato, ma oltre ai fattori di rischio noti, che hanno spesso effetti peggiori nella donna che nel maschio, esistono fattori sesso-specifici e ambientali ampiamente sottostimati come la violenza e l’abuso, le privazioni socio economiche, la scarsa educazione sanitaria”.
“Queste sono solo alcune fra milioni di ragioni per intervenire subito per proteggere le donne dalle malattie cardiovascolari. Bisogna migliore l’educazione sanitaria, aumentare la consapevolezza, migliorare la prevenzione in tutte le fasi della vita, e ridurre le disparità di genere nella cura e nell’assistenza, migliorare la diagnosi e i trattamenti per le malattie specifiche o prevalenti nelle donne e ampliare lo spettro educativo per fornire una formazione interprofessionale a livello di cure primarie, includendo ostetrici e ginecologi, che spesso sono i primi a identificare i fattori di rischio. Il cuore delle donne conta”, conclude la dott.ssa Trabattoni.