Milano, 28 giugno 2021 – La recente pandemia ha determinato effetti anche sull’apparato endocrino, tali da far formulare agli esperti la tesi di un ‘fenotipo endocrino’. Proprio il Covid-19 è il tema attorno a cui ruota il CUEM 2021 che si svolgerà tra l’1 e il 3 luglio online.
“Abbiamo iniziato a pensare subito a un fenotipo endocrino quando abbiamo ipotizzato su BMJ che la Vitamina D e la sua carenza fossero coinvolte nell’aumento della suscettibilità all’infezione e nei suoi esiti negativi nel nostro Paese. L’ipotesi si basava sul ruolo importante di questo ormone nel funzionamento del sistema immunitario e sul fatto che i pazienti ospedalizzati mostravano livelli molto bassi di vitamina D, in parte perché nei Paesi mediterranei come Italia e Spagna questa carenza è endemica nella popolazione anziana e in quella che vive nelle RSA”, spiega il prof. Andrea Giustina, Co-Presidente del CUEM e Professor of Endocrinology Head, Institute of Endocrine and Metabolic Sciences San Raffaele Vita-Salute University and IRCCS Hospital
“Nonostante l’origine della pandemia sia in Cina, Italia e Spagna sono infatti state rapidamente coinvolte e hanno pagato il tributo più alto in termini di decessi (circa il 4% dei decessi da Covid a livello mondiale, fonte Gimbe, marzo 2021). Oltre all’interessamento polmonare, caratteristico del virus, sono state notate alterazioni dirette o indirette di organi, tessuti e molecole endocrine”. L’osservazione ha portato a una revisione narrativa appena pubblicata su Endocrine, che sarà al centro del Congresso online (https://www.aicgroup.it/9-clinical-update-in-endocrinologia-e-metabolismo-fad-sincrona-2-3-luglio-2020).
La prima evidenza è che la maggior parte dei decessi si è verificata negli over 70, con la metà dei casi tra gli 80 e gli 89 anni. La seconda è che gli uomini hanno pagato il tributo maggiore: erano a più alto rischio e, se infettati, mostravano una maggiore gravità dei sintomi e peggiore outcome.
La terza: il diabete mellito si è manifestato come una delle comorbilità più frequenti e questa relazione si è rivelata bidirezionale. Chi aveva già il diabete era a maggior rischio di ricovero e coinvolgimento polmonare più severo e chi non lo aveva prima di ammalarsi di Covid-19, lo sviluppava durante la malattia.
Da notare inoltre che una glicemia cronicamente elevata ha effetti negativi sul sistema immune e si associa ad una infiammazione di basso grado che predispone ad una eccessiva reazione infiammatoria che peggiora i danni respiratori. Infine, anche le cellule pancreatiche che esprimono il recettore ACE2, la ‘porta’ di ingresso del virus, possono essere bersaglio della malattia e quindi il SARS-CoV-2 può esercitare un ‘effetto diabetogeno’. Tanto che è stato realizzato CoviDIAB, un registro internazionale per raccogliere i casi.
Lo studio CORONADO invece ha scoperto che un mix di danno diabetico con retinopatia grave e danno renale era un predittore di mortalità precoce e ancor più interessante, che retinopatia e obesità erano direttamente correlate a un rischio aumentato di intubazione. Ciò si spiega se pensiamo che la malattia oculare nel diabete deriva da un danno dell’endotelio dei vasi, che si può supporre essere generalizzato e interessare anche l’albero respiratorio. Vasi sanguigni danneggiati portano infatti in maniera meno efficiente al polmone e agli organi nutrimento e ossigeno.
Allo stesso modo l’obesità ha aumentato la gravità dell’infezione, il rischio di ricovero, la necessità di cure intensive, l’intubazione e la mortalità. E, insieme al sovrappeso, un alto indice di massa corporea determina una resistenza all’assorbimento di Vitamina D, che avrebbe invece un effetto protettivo nei confronti delle infezioni e delle infiammazioni sistemiche, migliora la risposta del sistema immunitario e protegge dall’osteoporosi e dalle fratture.
L’onda lunga dell’infezione ha interessato anche la salute delle ossa: uno studio ha valutato la presenza e l’impatto clinico delle fratture vertebrali in 114 pazienti Covid-19, trovandone nel 35% dei pazienti che non avevano mai ricevuto diagnosi di osteoporosi. Inoltre, il tasso di mortalità complessiva risultava raddoppiato nei soggetti con fratture vertebrali toraciche e più elevato in coloro che avevano una frattura grave rispetto a quelli con fratture lievi o moderate.
Ma una delle scoperte che hanno più allertato gli endocrinologi è stato rilevare una correlazione tra Covid-19 e bassi livelli di calcio: “In uno studio monocentrico su oltre 500 pazienti, l’ipocalcemia è stata rilevata in tre quarti di essi, condizione che rappresenta un fattore di rischio indipendente per il ricovero in ospedale – ha dichiarato il prof. Ezio Ghigo, Co-Presidente del Congresso – Il calcio era già noto per svolgere un ruolo cruciale nel meccanismo d’azione dei virus avvolti come SARS-CoV-2, MERS e Ebola in quanto necessario per la loro replicazione”.
Una relazione del congresso sarà dedicata a gli effetti del Covid-19 sulla tiroide, l’infezione infatti sembra poter determinare danni diretti alla ghiandola che portano in alcuni casi ad una tiroidite subacuta con tireotossicosi in soggetti prima sani. Inoltre, tiroiditi autoimmuni o casi di morbo di Graves possono essere scatenati dalla tempesta di citochine infiammatorie tipiche dell’infezione da Sars-CoV-2.
Gli esperti della European Society of Endocrinology hanno stilato un decalogo per la corretta gestione del fenotipo endocrino nella pandemia (https://link.springer.com/article/10.1007/s12020-021-02734-w).