I primi effetti con gli incendi di biomassa innescati da attività antropiche: le prove nei ghiacci della Groenlandia. A dirlo, scienziati dell’Idpa-Cnr e dell’Università Ca’ Foscari con il progetto Erc Early Human Impact, i cui risultati sono pubblicati su Geophysical Research Letters
Roma, 13 agosto 2015 – L’uomo potrebbe aver alterato il clima ben prima della Rivoluzione Industriale, già con gli incendi innescati tremila anni fa nelle foreste europee per fare spazio a insediamenti e campi per coltivazione e allevamento. A ipotizzarlo è uno studio dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e dell’Università Ca’ Foscari Venezia sui ghiacci della Groenlandia.
Questi veri e propri archivi ambientali della storia climatica della Terra sono stati analizzati nella clean room di Ca’ Foscari nell’ambito di due progetti europei coordinati da Carlo Barbante, direttore dell’Idpa-Cnr e professore di chimica analitica dell’ateneo. I risultati sono pubblicati sulla rivista Geophysical Research Letters.
“Abbiamo riscontrato un picco nel flusso di prodotti di combustione di vegetazione tra 3.500 e 2.500 anni fa senza eguali negli ultimi 110.000 anni – afferma Piero Zennaro, ricercatore di Idpa-Cnr e Ca’ Foscari e coautore dello studio – difficilmente spiegabile dai soli fattori climatici naturali. Solo un forte contributo umano sembra poter spiegare l’andamento ‘anomalo’ di combustione di biomassa registrato nei ghiacci della Groenlandia”.
Un’ipotesi confermata anche dai modelli climatici. “Si osserva una forte attività incendiaria in simulazioni che tengono conto della variabile antropica, quale densità di popolazione e terra coltivata procapite – precisa Zennaro – che invece non risulta importante considerando le sole variabili naturali. Numerosissime ricostruzioni indipendenti di incendi, possibili grazie a dati sul carbone e pollini raccolti in Europa, mostrano un picco coincidente con quello trovato nella carota di ghiaccio in Groenlandia”.
Elemento, quest’ultimo, emerso analizzando – grazie a una metodologia sviluppata a Venezia dai ricercatori dell’Idpa-Cnr e del Dipartimento di scienze ambientali, informatica e statistica dell’Università Ca’ Foscari – la presenza nelle carote di uno specifico marcatore chiamato levoglucosan, un composto organico prodotto dalla combustione di biomasse.
“La metodologia aveva già dato riscontri incoraggianti nei mesi scorsi, al termine dell’analisi di centinaia di campioni relativi agli ultimi duemila anni di storia del clima mostrando precisamente registrate nei ghiacci le tracce di mega incendi provocati da drammatiche siccità nel continente asiatico”, conclude il ricercatore.
La carota North Greenland Eemian Ice Drilling (Neem), un cilindro di ghiaccio lungo 2.537 metri, è la più recente estratta nel Nord Ovest della Groenlandia ed ha permesso al team guidato da Barbante di intraprendere un viaggio indietro nel tempo di 128 mila anni. Tra gli autori dell’articolo anche il paleoclimatologo William Ruddiman, professore emerito dell’Università della Virginia e autore della tesi dell’“Early Anthropocene”, che anticipa di migliaia di anni l’inizio dell’Antropocene, l’epoca geologica contrassegnata dall’impatto determinante dell’uomo su ambiente e clima. L’Antropocene non inizierebbe quindi con l’invenzione della macchina a vapore e il massiccio utilizzo di combustibili fossili, ma con il disboscamento e il rapido sviluppo delle pratiche agricole.
Lo studio “Europe on fire 3000 years ago: Arson or climate?” si inserisce nell’ambito dei progetti di ricerca europei Early Human Impact e Past 4 Future, il primo dei quali è finanziato dall’European Research Council.
fonte: ufficio stampa