Un oncologo su 3 non è a conoscenza delle Linee di Indirizzo del Ministero sui percorsi nutrizionali in oncologia
Roma, 26 maggio 2021 – Il cancro è la seconda causa di morte nei paesi occidentali e diminuirne l’incidenza e la mortalità è l’obiettivo di politiche internazionali come il Cancer Plan europeo. In attesa che le politiche a lungo termine diano i loro risultati, i clinici si confrontano con nuove tecniche diagnostiche, terapie innovative e approcci di gestioni. Al centro il paziente e le sue peculiarità tra cui la perdita di peso e la malnutrizione, causate da un metabolismo alterato a causa della malattia e fattore prognostico negativo.
Le linee guida ESPEN e lo studio PreMiO hanno evidenziato un supporto nutrizionale inadeguato nel 51,1% dei malati di cancro e una perdita di peso involontaria già alla prima visita oncologica. E nel 2011 è stato messo a punto il “Parallel Pathway” ossia un percorso di valutazione e intervento nutrizionale messo in atto da una equipe multidisciplinare. Obiettivo, intercettare tempestivamente la perdita di preziosa massa muscolare, preservare e integrare quella rimasta, scongiurare gli effetti avversi della perdita di peso tra cui la cachessia, ossia una grave sindrome da deperimento che impedisce la prosecuzione delle cure ed è causa di morte nel 20% dei pazienti oncologici.
“Sulla base di tali evidenze – afferma il prof. Maurizio Muscaritoli, Ordinario di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione dell’Università La Sapienza di Roma e Presidente della SINuC – abbiamo deciso di verificare lo stato della conoscenza e della consapevolezza di questo importante problema clinico su un campione di 300 medici ospedalieri (rappresentativi di una popolazione di 5.616, attraverso un rilievo di 44 item sviluppato e condotto da Medi-Pragma)”.
“La ricerca, appena pubblicata su Frontiers in Oncology, ha evidenziato che nonostante gli alti livelli di consapevolezza tra gli oncologi italiani, la malnutrizione nei malati di cancro rimane una esigenza medica non soddisfatta – prosegue Muscaritoli – Agli oncologi del campione (che hanno risposto nel 100% dei casi) abbiamo chiesto anche quali potrebbero essere le soluzioni, individuate in maggiore formazione, assunzione di personale e creazione di percorsi organizzativi ad hoc”.
Ma vediamo più nel dettaglio i risultati dell’indagine: l’analisi della consapevolezza della malnutrizione ha rivelato che il 51% degli intervistati non aveva potuto iniziare o aveva dovuto ridurre la terapia antitumorale per problemi nutrizionali, e il 48% è stato costretto ad interrompere le terapie.
Nonostante il 99% del campione sia a conoscenza dei problemi nutrizionali e metabolici dei propri pazienti e l’85% conosca il Percorso Parallelo metabolico-nutrizionale e il 71% fosse a conoscenza delle Linee di Indirizzo del Ministero (2017), il 54% ritiene che queste non siano adeguatamente implementate nelle Regioni italiane.
Esiste uno scollamento tra le conoscenze e l’applicazione di soluzioni: il 99% degli intervistati sostiene che l’introduzione del Percorso Parallelo di nutrizione sarebbe utile a migliorare gli outcome e il 95% è consapevole che la perdita di massa magra è fattore di rischio per una maggiore tossicità delle terapie ma alla questione sulla necessità di eseguire uno screening nutrizionale su tutti i pazienti, il 32% non è d’accordo di eseguire uno screening a tappeto e il 41% coinvolge il nutrizionista solo su casi specifici.
Mentre in un centro su 4 le Linee di Indirizzo del 2017 semplicemente non vengono applicate. Non sufficiente inoltre il 49% dei centri in cui la valutazione nutrizionale è importante, si, ma viene effettuata ‘occasionalmente’. E solo nel 25% dei casi il paziente viene valutato alla prima visita (il 47% ne valuta al primo incontro solo alcuni, e l’11% ‘quando è possibile’, il che implica perdere tempo prezioso data l’importanza della tempestività dell’intervento).
Prova di conoscenza del range di perdita di peso che deve allertare un intervento: un oncologo su 4 sostiene che sia quando la perdita di peso supera il 10% del peso corporeo. Anche qui è troppo tardi, la risposta corretta è tra il 5 e il 10% così come indicato dal 67,5% del campione. Infine, solo il 18% degli oncologi che hanno risposto fanno parte anche del team nutrizionale, ma l’81% ritiene che sarebbe utile farne parte per una assistenza multidisciplinare.
“Tra gli ostacoli all’implementazione del percorso la mancanza di tempo, la carenza di personale dedicato e adeguatamente preparato e la mancanza di protocolli adeguati. Nel 41% i rispondenti insistono proprio nella mancanza di training adeguato per il personale, evidenziando come debbano essere sostenute le proposte di ore dedicate alla nutrizione clinica durante il percorso universitario così come più volte suggerito dalla nostra Società – prosegue Muscaritoli – così come anche gli oncologi caldeggiano la creazione di modelli organizzativi basati su evidenze”.
In sintesi, lo screening e il monitoraggio nutrizionale dovrebbero essere routine di una buona pratica clinica nel trattamento del cancro, eppure tre recenti sondaggi globali sugli operatori sanitari hanno rivelato una gestione inadeguata: il 48% dei partecipanti attende un calo ponderale superiore al 15% prima di diagnosticare una cachessia tumorale e prescrivere un trattamento di supporto (mentre è sufficiente tra il 5 e il 10%) e dal 61 al 77 dei malati di cancro non ha ricevuto alcun trattamento per la cachessia prima di raggiungere lo stadio IV di malattia, troppo tardi per poter ottenere una inversione significativa.
Studi su modelli animali di cachessia neoplastica hanno dimostrato che fermare la perdita muscolare può portare a una sopravvivenza prolungata anche senza interferire sul decorso della malattia. Ecco perché il mantenimento della massa muscolare deve essere un obiettivo terapeutico per migliorare la quantità e la qualità della sopravvivenza. Il programma di trattamento deve includere nutrizione, supplementi nutrizionali, terapia farmacologica, movimento, riabilitazione motoria e consulenza psicologica.