Sindrome di Rett: individuati nuovi meccanismi che possono provocare la malattia

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Studio congiunto tra Siena e Ferrara

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Il dott. Joussef Hayek insieme al prof. Giuseppe Valacchi

Siena, 7 agosto 2015 – Un nuovo studio, a cui hanno partecipato l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, l’Università di Siena e l’Università di Ferrara, oltre alle Università di Bari, Rotterdarm e Los Angeles, mette in evidenza novità importanti nei meccanismi che possono causare la sindrome di Rett, rara e grave forma di autismo infantile che colpisce quasi esclusivamente le bambine.

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica “BBA-molecular mechanim of disease”, svela per la prima volta la fonte da cui si origina lo stress ossidativo presente nei pazienti affetti da sindrome di Rett, oltre a dimostrare l’incapacità delle cellule dei pazienti Rett di metabolizzare le proteine danneggiate. Tale fonte è legata ad un’alterata funzionalità dei mitocondri ed all’attivazione di enzimi coinvolti nella produzione di radicali liberi.

“Questa scoperta – spiega Joussef Hayek, direttore della Neuropsichiatria Infantile dell’AOU Senese, centro di riferimento nazionale per questa malattia – rafforza i risultati degli studi condotti negli ultimi cinque anni dai due gruppi di ricerca di Siena e Ferrara, aggiungendo un nuovo tassello molecolare ai meccanismi che, dalla mutazione genetica, portano ai danni ossidativi presenti nella Rett”.

Fondamentale il contributo del prof. Giuseppe Valacchi, del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara, che ha coordinato la parte molecolare dello studio. “Abbiamo dimostrato – aggiunge Valacchi – come nei pazienti Rett ci sia l’incapacità di attivare le difese antiossidanti cellulari ed eliminare le proteine danneggiate portando, di conseguenza, ad un accumulo di danni ossidativi ed al malfunzionamento cellulare.”

I risultati indicano che le cellule prelevate da biopsie cutanee di pazienti Rett non riescono a far fronte al danno ossidativo sistemico causato proprio dalle cellule stesse.
Allo studio hanno partecipato anche i ricercatori del gruppo senese Alessandra Pecorelli, Giuseppe Belmonte e Vinno Savelli oltre a Carlo Cervellati, Claudia Sticozzi, Arianna Romani e Franco Cervellati del gruppo ferrarese.

fonte: ufficio stampa

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