“Il disagio già rilevato nella primavera 2020 sembra essersi trasformato in franca patologia” ha affermato Renato Borgatti, Direttore della Neuropsichiatria Infantile della Fondazione Mondino IRCCS di Pavia. Casi moltiplicati a causa dell’isolamento sociale, aumentano i numeri assoluti e anche la gravità delle patologie, tra cui atti di autolesionismo e tentativi di suicidio
Pavia, 25 febbraio 2021 – Sono aumentate di oltre il 50% rispetto all’anno scorso le richieste di ricovero alla Neuropsichiatria della Fondazione Mondino IRCCS di Pavia per adolescenti in grave difficoltà. Questo diffuso disagio, emerso già nella primavera 2020 grazie a una survey condotta dallo stesso Istituto per valutare le conseguenze dell’isolamento sociale dovuto alla pandemia da Covid-19, sembra essere esploso in questo secondo lockdown, con forme spesso drammatiche.
“ Si registra una vera e propria emergenza nella Neuropsichiatria del Mondino e, dai riscontri che abbiamo, anche nelle altre strutture lombarde ” ha affermato il prof. Renato Borgatti , direttore della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Mondino IRCCS, a margine dell’incontro “Covid e lockdown: gli effetti collaterali sulla psiche dei bambini e dei giovani” che si è tenuto a Roma, presso il Senato della Repubblica.
“ Il malessere riscontrato nel primo lockdown ora sembra essersi trasformato in franca patologia – aggiunge Borgatti – Sono aumentate in particolare le richieste di ricovero per psicopatologie con “attacco al corpo”, ossia con atti di autolesionismo via via sempre più gravi, fino al tentato suicidio”.
La tendenza è confermata anche dagli invii all’istituto dai pronto soccorso del sud della Lombardia: le richieste di ricovero per autolesionismo negli ultimi tre mesi, da ottobre 2020 a gennaio 2021, sono aumentate del 50%, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, in periodo pre-Covid, in cui l’aumento era del 38%, e anche i tentati suicidi aumentano del 50%, a fronte di un +15%.
Accanto ad atti di autolesionismo e tentati suicidi, tra le patologie più frequenti vi sono anche disturbi del comportamento alimentare, psicosi con compromissione dell’esame di realtà, aggressività e comportamenti distruttivi, ritiro sociale e dipendenza da internet.
Indicatori di questo allarmante quadro si erano già evidenziati nel 2020, dallo studio Covid-19 related psychiatric impact on Italian adolescent population: a cross-sectional cohort study – oggi in via di pubblicazione – condotto proprio da Fondazione Mondino IRCCS a livello nazionale.
Agli adolescenti tra i 12 e 17 anni di età è stato chiesto di rispondere a un questionario anonimo con domande tendenti a indagare gli effetti del confinamento in casa sul loro benessere, con l’obiettivo di individuare sintomi di stress acuto e stress post traumatico: su 1.649 adolescenti, il 79% riferiva sintomi sottosoglia – campanelli d’allarme, ma non ancora tali da richiedere l’intervento – di cui il 29% presentava sintomi acuti e ben il 50% sintomi già in via di cronicizzazione.
“ Lo stress post traumatico può lasciare segni duraturi nello sviluppo psichico dei ragazzi – spiega la dott.ssa Martina Mensi , neuropsichiatra dell’équipe della Fondazione Mondino IRCCS che ha condotto lo studio – Dall’indagine sono emersi alterazioni del contenuto del pensiero, quali per esempio allucinazioni e dispercezioni, sintomi dissociativi, agitazione, disturbi del sonno e incubi, preoccupazione per il futuro, e anche paura per genitori e familiari, che a loro volta appaiono sotto stress”.
A fronte di questo quadro, quello che è mancato è “Una risposta tempestiva sul territorio, per prevenire che la sofferenza emotiva percepita a causa della prima ondata si trasformasse in una patologia conclamata – continua il prof Renato Borgatti – Oggi sembrerebbe naturale chiedere più posti disponibili negli ospedali, certo, ma non basta; anzi il ricovero è l’ultima ratio che si dovrebbe sempre cercare di evitare. I veri interventi preventivi si realizzano rinforzando i servizi territoriali, con più neuropsichiatri, più psicologi, più educatori, lavorando con le famiglie e nelle scuole”.