Covid, sequenziamento genomico del microbiota intestinale apre la strada a promettenti applicazioni diagnostiche e cliniche

I ricercatori dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e dell’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo (FG), hanno ipotizzato che la polmonite da SARS-CoV-2 possa influenzare il microbiota intestinale, e che da queste alterazioni si possano estrarre marcatori diagnostici che potrebbero essere di grande aiuto nella stratificazione dei pazienti e dei relativi profili di rischio di malattia grave. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE

Roma/San Giovanni Rotondo, 22 febbraio 2021 – L’infezione da SARS-CoV-2 provoca alterazioni della flora intestinale che, opportunamente analizzate con sistemi di sequenziamento genomico di nuova generazione, possono fornire nuovi strumenti per la diagnosi e per la terapia del Covid-19, e per la stratificazione dei pazienti per profili di rischio. Sono questi i risultati più importanti di una ricerca condotta congiuntamente dall’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e dall’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo (FG), appena pubblicata dalla rivista scientifica PLOS ONE.

Il Covid-19, come noto, è una malattia che interessa le basse vie respiratorie, ma il virus SARS-CoV-2 che la provoca è stato individuato anche in altri distretti corporei. In particolare, la presenza del virus in tamponi rettali dimostra che, oltre che nei polmoni, esso può aggredire anche altri organi, come l’intestino: d’altra parte il recettore ACE2, che è la porta d’ingresso attraverso la quale il virus penetra nelle cellule umane, è abbondantemente presente anche nelle cellule del tratto gastro-intestinale.

Per di più una importante proporzione di pazienti Covid-19 evidenzia sintomi gastrointestinali, e diverse ricerche in passato hanno dimostrato che le infezioni respiratorie, e tra esse il Covid-19, si associano ad alterazioni della composizione del microbiota intestinale, quella complessa “comunità” composta soprattutto da batteri, ma anche da lieviti, parassiti e virus, che comunemente chiamiamo “flora intestinale” e che svolge una funzione essenziale nel mantenere l’equilibrio (la cosiddetta “eubiosi”) dell’organismo.

Recenti ricerche hanno evidenziato l’esistenza di un “asse polmoni-intestino”, nel quale il microbiota intestinale, quando le cellule immunitarie intestinali hanno individuato patogeni estranei, rilascia prodotti microbici e immuno-modulatori che aiutano la regolazione dell’immunità polmonare, e viceversa.

Sulla base di queste premesse, i ricercatori dell’INMI e della Casa Sollievo della Sofferenza hanno ipotizzato che la polmonite da Sars-Cov-2 possa influenzare il microbiota intestinale, e che da queste alterazioni si possano estrarre marcatori diagnostici che potrebbero essere di grande aiuto nella stratificazione dei pazienti e dei relativi profili di rischio di malattia grave.

Per la ricerca sono stati raccolti, tra aprile e maggio 2020, i tamponi rettali di 23 pazienti ricoverati presso l’INMI, suddivisi in tre gruppi: nove positivi al SARS-CoV-2 ricoverati in degenza ordinaria (w-COVID19), sei positivi al SARS-CoV-2 ricoverati in terapia intensiva (i-COVID19), e otto pazienti ricoverati in degenza ordinaria o terapia intensiva ma negativi al test per SARS-CoV-2, utilizzati come gruppo di controllo. I campioni di questi pazienti sono stati quindi sottoposti a sequenziamento genomico dell’RNA ribosomiale 16S, tecnica che permette di individuare i diversi microorganismi presenti nel microbiota in maniera assai più rapida ed efficiente rispetto alle tecniche microbiologiche classiche.

Dall’analisi sono emerse significative differenze nella composizione del microbiota tra i tre gruppi di pazienti. Rispetto al gruppo di controllo e ai pazienti w-COVID19, i pazienti i-COVID19 hanno per esempio evidenziato un calo dell’indice Chao1, che misura la ricchezza microbica. I pazienti w-COVID19, invece, hanno evidenziato una maggiore quantità di Proteobacteria, mentre i pazienti i-COVID19 mostravano maggiori quantità delle famiglie Staphylococcaceae, Microbacteriaceae, Micrococcaceae, Pseudonocardiaceae, Erysipelotrichales.

“La nostra ricerca costituisce soltanto il primo passo di una nuova e promettente area di ricerca, che andrà approfondita con gruppi più ampi di pazienti ed includendo anche pazienti paucisintomatici o asintomatici – hanno dichiarato Antonio Mazzarelli e Maria Letizia Giancola dell’INMI – Ciò che appare chiaro tuttavia è che la flora intestinale dei pazienti Covid-19 presenta significative differenze: sia rispetto ai pazienti non Covid, sia in relazione al diverso grado di severità della malattia. Una evidenza, questa, di grande importanza, che apre la strada a successive promettenti applicazioni diagnostiche e cliniche”.

“Questi dati possono aprire nuove prospettive anche in campo terapeutico in un prossimo futuro – ha aggiunto Valerio Pazienza, biologo del Laboratorio di ricerca in Gastroenterologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza – È possibile presupporre una opzione terapeutica adiuvante agli attuali trattamenti oggi disponibili, dove l’integrazione di specifiche miscele di probiotici, opportunamente selezionati per competere selettivamente con i microorganismi dannosi aumentati nei pazienti Covid-19, possa sia attenuare la perdita di ricchezza del microbiota intestinale che mitigare il decorso della malattia, evitando magari il rischio di trasferimento nel reparto di terapia intensiva per i pazienti SARS-CoV-2 positivi”.

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