Suicidio, il ruolo dei mass-media: pericoloso puntare allo scoop. Prevenzione al centro della comunicazione

Prof. Maurizio Pompili, professore ordinario di Psichiatria della Sapienza Università di Roma: “La parola suicidio dovrebbe essere usata non per attirare l’attenzione, ma solo per approfondire la tematica in termini preventivi”

Roma, 12 febbraio 2021 – Allo stato attuale, il suicidio è un problema grave nell’ambito della salute pubblica. “Il suicidio è uno dei tabù più radicati nella nostra società. Parlare dell’argomento suscita riluttanza, evitamento ed è in gran parte misconosciuto per ciò che concerne la prevenzione. Parlare di suicidio in modo corretto è l’elemento più importante per sensibilizzare, informare e formare sia esperti che l’opinione pubblica. Notizie riportate dai mass-media possono però non rispettare questi principi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha divulgato un testo dal titolo “Preventing Suicide A Resource for Media Professionals”. Mi ritrovo dunque in linea con dette linee-guida, facilmente fruibili su questi link: https://www.who.int/mental_health/prevention/suicide/resource_medi a.pdf. Oppure con le indicazioni riportate dal sito della International Association for Suicide Prevention: https://iasp.info/media_guidelines.php”. A dirlo è Maurizio Pompili, professore ordinario di Psichiatria della Sapienza Università di Roma.

Prof. Maurizio Pompili

“Il mio impegno nella prevenzione del suicidio prende le distanze da notizie che non rispettano le linee guida per i mass-media nella trattazione di questa tematica. Una recente notizia in tema di suicidio tra i giovani ha puntato allo scoop invece di descrivere il fenomeno e traslare in modo fruibile e ponderato dati epidemiologici recentemente pubblicati. Un buon titolo – consiglia il professore – sarebbe stato “La prevenzione del suicidio tra i giovani, priorità per i nostri tempi”. Si è invece puntato a cifre sensazionalistiche, che inducono impatto piuttosto che cultura. I servizi sul suicidio possono indurre un aumento del comportamento suicidario, soprattutto quando questi vengono enfatizzati, sono ripetuti o descrivono il metodo di suicidio utilizzato. Sono i giovani e gli anziani – ricorda Pompili – a essere particolarmente vulnerabili a questo tipo di influenza”.

“La maggior parte dei resoconti forniti dai media circa i suicidi omettono di informare adeguatamente circa la condizione di sofferenza con la quale il soggetto si confrontava – aggiunge l’esperto – I media possono non rendersi conto di quanto sia facile raggiungere individui particolarmente vulnerabili al messaggio. I mass media non dovrebbero mai usare modalità di presentazione tipo ‘scoop’, con caratteri cubitali, titoli altisonanti e di effetto, nonché con modalità romanticizzate, con numeri di impatto per quanto riguarda la trattazione”.

“La parola suicidio dovrebbe essere usata non per attirare l’attenzione – afferma il professore di Psichiatria – ma solo per approfondire la tematica in termini preventivi. L’uso di immagini dovrebbe essere evitato se riferite al soggetto deceduto o alla scena suicidaria. Il servizio dovrebbe sempre far riferimento alla prevenzione, alle alternative e alla possibilità di essere aiutati”.

L’alleanza tra esperti e mass-media è “fondamentale per prevenire il suicidio, un obiettivo raggiungibile anche con un confronto sul tipo di linguaggio utilizzato. La prevenzione del suicidio è possibile, anche attraverso la conoscenza dei segnali di allarme, formulando giuste domande, immedesimandosi sulla sofferenza mentale del soggetto in crisi. I soggetti che pensano al suicidio vogliono tenacemente vivere, ammesso che qualcuno li aiuti a ridurre la loro sofferenza mentale. Oltre alla identificazione dei soggetti in crisi e alla loro comprensione, questi devono essere visitati da professionisti della salute mentale per un valido progetto terapeutico”, conclude Pompili.

(fonte: Agenzia Dire)

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