A cura del prof. Giuseppe Plazzi, Centro per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno dell’Università di Bologna
Fra i numerosi studi che si sono occupati delle sequele provocate dalla infezione Covid-19, un lavoro retrospettivo su oltre 60.000 casi apparso in novembre su The Lancet Psychiatry colloca l’insonnia al secondo posto (dopo il disturbo d’ansia) nelle sequele psichiatriche dei pazienti Covid-19. Su JAMA Open, inoltre, il gruppo canadese capitanato da Charles Morin indica come l’insonnia, una volta comparsa, indipendentemente dal background, tenda a divenire una condizione permanente.
Considerando quindi i considerevoli fattori di rischio associati a una insonnia persistente (la bidirezionalità dimostrata con disturbi dell’umore – ansia e depressione – disturbi cognitivi, disturbi endocrino-metabolici e cardiovascolari), questo secondo lavoro ha importanti implicazioni per prognosi e trattamento dell’insonnia, per la quale dovremo anche attenderci una recrudescenza dopo la pandemia.
Cos’è successo al nostro sonno durante il lockdown? Questa è un’altra domanda cui hanno cercato di rispondere numerosi studi, alcuni ancora in corso ed altri già pubblicati. I ritmi di vita, sonno e alimentazione sono stati messi a dura prova dalle numerose restrizioni imposte per contrastare la diffusione del nuovo Covid-19, in particolare l’isolamento forzato.
Uno dei più ampi studi italiani ha evidenziato, su un campione di più di 6.000 soggetti adulti (età compresa tra i 18 e gli 82 anni), come più della metà (55.32%) dei soggetti lamentasse una ridotta qualità del sonno e modificazioni del ritmo sonno-veglia, con una anticipazione o posticipazione del periodo di sonno e con una maggiore quantità di sonno diurna. Questo si associa, con un legame bidirezionale, a più elevati livelli di stress, ansia e depressione e ad un peggioramento del benessere mentale e della qualità di vita. Effetto modulato dal genere con un maggior rischio per le donne.
Dati preliminari sulla popolazione pediatrica indicano come il confinamento, l’esposizione indiscriminata agli strumenti elettronici e l’assenza di sincronizzatori sociali abbiano causato una vera e propria esplosione di disturbi del ritmo circadiano, insonnia e conseguenti disturbi dell’umore e comportamentali.
Tenendo conto dell’importante ruolo che il sonno ha dimostrato di avere nella prevenzione, nella promozione del benessere fisico mentale delle persone, e le gravi conseguenze prodotte da una sua scarsa qualità, occorre sostenere e progettare linee d’intervento verso i pazienti e la popolazione oggi nuovamente esposta.
Per venire incontro alle esigenze di tanti cittadini l’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS) ha inaugurato un nuovo Servizio di consulenza, dove gli esperti di Medicina del Sonno dell’AIMS rispondono via Skype e per email alle richieste di tutti quelli che hanno problemi di sonno legati alle condizioni di auto-isolamento o che, più semplicemente, chiederanno consigli su come gestire il proprio sonno in questo periodo. Gli esperti dell’AIMS garantiranno, sette giorni su sette in una fascia oraria quotidiana la propria disponibilità al Servizio di consulenza (questo il link al Servizio: http://www.sonnomed.it/2020/04/01/servizio/).
Sempre in tema di trattamento dell’insonnia si moltiplicano linee guida (anche italiane) sul trattamento cognitivo comportamentale e l’uso di melatonina a rilascio modificato, e i lavori scientifici sulla efficacia della terapia, anche nel bambino con disturbo dello spettro autistico, sulla telemedicina, e sugli antagonisti della orexina, una nuova categoria di farmaci impiegati in trial di fase 3 che dimostrano risultati preliminari estremamente promettenti, anche per il trattamento dell’insonnia nell’anziano ed in pazienti con demenza.
Un altro disturbo del sonno che ha catalizzato l’attenzione dei ricercatori è una parasonnia denominata REM sleep behavior disorder (RBD) traducibile con Disturbo comportamentale del sonno REM. Colpisce di solito persone al di sopra dei 50 anni, manifestandosi con comportamenti motori e verbali a volte estremamente violenti che compaiono nella seconda parte della notte, associati al sogno.
La ricerca ha dimostrato che l’RBD rappresenta un segno prodromico di una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla deposizione di sinucleina fosforilata in diverse sedi cerebrali, esitando in un parkinsonismo o in una demenza. L’interesse intorno a questa patologia, con oltre 500 lavori scientifici prodotti negli ultimi due anni, è evidente poiché consentirebbe di riconoscere precocemente pazienti nei quali testare future terapie neuroprotettive. L’Italia ed i centri del sonno italiani sono fra i componenti più attivi di un ampio consorzio internazionale.
Anche il capitolo della narcolessia e delle ipersonnie rare del sistema nervoso centrale ha registrato una iperbolica impennata di pubblicazioni scientifiche incentrate al riconoscimento precoce della malattia, alla nascita di registri di patologia e, nuovamente, alle sperimentazioni di nuovi farmaci.
La notizia estremamente importante per la narcolessia è la sperimentazione in fase 3 di agonisti della orexina, peptide di produzione ipotalamica estremamente deficitario nella narcolessia. Il trattamento quindi sostitutivo nella narcolessia sarà quindi presto possibile.