Leucemia linfatica cronica, la sopravvivenza oggi supera i 10 anni dalla diagnosi grazie a nuove scoperte

Padova, 27 novembre 2020 – La leucemia linfatica cronica (LLC) è una neoplasia ematologica che consiste in un accumulo nel sangue, nel midollo osseo e negli organi linfatici, di linfociti B, che hanno subito una trasformazione maligna. Rappresenta la leucemia più comune nel mondo occidentale tipica nell’anziano, con una età media alla diagnosi attorno ai 70 anni. Circa la metà di questi, presenta varie altre patologie associate, rendendo il trattamento più complesso.

Per questo la scelta di quando intervenire e la scelta dell’appropriata terapia, rappresentano passaggi chiave per la cura di questi pazienti e per la sostenibilità del sistema. Di questo si è parlato al webinar “Leucemia linfatica cronica. Malattia sempre più cronicizzata: quali nuovi percorsi di cura?”, organizzato da Motore Sanità.

“La terapia attuale della leucemia linfatica cronica sta cambiando i modelli organizzativi nella gestione del paziente con questa malattia. Si è passati da regimi contenenti chemioterapici e pertanto con gestione in ambiente di day-hospital a regimi terapeutici senza chemio e di conseguenza gestibili ambulatorialmente. Una buona parte di questi pazienti non necessita di soffermarsi per ore in Ospedale per eseguire terapie. Questo sta determinando una maggior tollerabilità da parte dei pazienti stessi verso questa malattia, che viene vista come malattia cronica. Inoltre, le terapie con nuovi farmaci vanno ad impattare in misura minore sulla qualità di vita, permettendo al paziente stesso, seppure talvolta anziano, di gestire in modo autonomo la sua malattia”, queste le parole di Livio Trentin, Professore Associato Confermato Med/15 Malattie del Sangue, Università degli Studi di Padova.

“Nell’attuale contesto temporale, riuscire a risparmiare la somministrazione di farmaci chemioterapici a questi pazienti ha una rilevanza notevole nel ridurre l’esposizione del paziente a patologie infettive quali il Covid-19, considerata l’immunodeficienza che spesso si associa a questa patologia”, ha concluso Trentin.

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