Prof.ssa Sabrina Prudente, Coordinatore Unità di Ricerca Malattie Metaboliche e Cardiovascolari, Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo: “Questa tipologia di studio è fondamentale per poter individuare precocemente gli individui a più alto rischio. Ciò consentirà, in un futuro non troppo lontano, di implementare strategie mirate atte a prevenire e/o ritardare l’insorgenza della malattia”
Roma, 23 settembre 2020 – Il diabete di tipo 2 (DT2) è una malattia complessa ed eterogenea che insorge in età adulta, generalmente dopo la quinta decade di vita. Ma negli ultimi anni sta aumentando il numero di individui con esordio precoce della malattia. A preoccupare è il fatto che i soggetti con diabete a insorgenza precoce mostrano un quadro clinico più aggressivo, che si associa dunque ad un rischio maggiore di complicanze croniche e di morte prematura, rispetto ai pazienti con esordio più tardivo.
Mentre è noto il contributo di fattori di rischio ambientali e stile di vita sbagliato nell’anticipare la comparsa della malattia, poco si conosce del suo background genetico. Ma è ipotizzabile che i pazienti con diabete di tipo 2 ad esordio precoce abbiano un maggior ‘carico genetico’ rispetto agli altri e che questo possa contribuire all’anticipazione della malattia.
“Il nostro studio – spiega la dott.ssa Serena Pezzilli, Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo – ha valutato il ruolo nell’esordio precoce del DT2 sia delle varianti rare e potenzialmente patogenetiche nei geni responsabili del diabete monogenico, sia di quelle comuni (SNPs) precedentemente associate al rischio di DT2 da studi sull’intero genoma (GWAS). Utilizzando l’approccio degli ‘estremi di fenotipo’, da un totale di 9,712 pazienti, appartenenti ad una serie di casistiche di pazienti adulti affetti da DT2 raccolte grazie alla collaborazione tra diversi centri diabetologici universitari e ospedalieri del Centro-Sud Italia e dell’area urbana di Roma, abbiamo selezionato per uno studio caso-controllo 300 pazienti con età di esordio precoce, cioè uguale o inferiore ai 35 anni (casi) e altri 300 pazienti con un’età di esordio tardiva, cioè uguale o superiore ai 65 anni (controlli)”.
Il DNA di questi 600 pazienti è stato sottoposto a risequenziamento di nuova generazione dei 27 geni noti per essere responsabili di diabete monogenico e alla genotipizzazione di 22 GWAS-SNPs associati a DT2, utilizzati poi per la definizione di uno score di rischio genetico (GRS).
“I risultati ottenuti dall’analisi delle varianti rare e potenzialmente patogenetiche – continua la dottoressa Pezzilli – hanno evidenziato che queste aumentavano del 71% il rischio di esordio precoce della malattia. Questo aumento del rischio era tanto maggiore quanto minore era la frequenza delle varianti, arrivando al punto che varianti rarissime (presenti in una persona su 50.000 o meno) aumentavano di più di sei volte il rischio dell’insorgenza precoce del DT2. Ognuna delle varianti comuni che influenzano la suscettibilità al DT2, aumentava in media la probabilità di un esordio precoce della malattia del 20%”.
“I nostri dati mostrano per la prima volta una notevole influenza di entrambe le tipologie di varianti genetiche (varianti rare e varianti comuni di suscettibilità al DT2), nell’aumento del rischio di insorgenza precoce della malattia – prosegue Pezzilli – Nonostante lo studio necessiti di replicazione su casistiche numericamente più ampie, questa osservazione riveste carattere di particolare rilevanza nella comprensione del background genetico che sottintende il DT2 ad esordio precoce, di cui ad oggi si conosce ben poco”.
“Per quanto di recente diversi studi abbiano focalizzato l’attenzione e caratterizzato da un punto di vista clinico il diabete di tipo 2 ad esordio precoce – commenta la prof.ssa Sabrina Prudente, Coordinatore Unità di Ricerca Malattie Metaboliche e Cardiovascolari, Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo – il nostro studio rappresenta il primo contributo nella comprensione del suo background genetico. Questa tipologia di studio è fondamentale per poter individuare precocemente gli individui a più alto rischio. Ciò consentirà, in un futuro non troppo lontano, di implementare strategie mirate atte a prevenire e/o ritardare l’insorgenza della malattia, secondo un approccio definito ‘medicina di precisione’ in grado di massimizzare l’efficacia e ridurre i costi economici e sociali degli interventi medici”.
“Stiamo cominciando a capire meglio che la diagnosi di ‘diabete mellito di tipo 2’ comprende una ampia ‘gamma’ di patologie – commenta il prof. Agostino Consoli, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia – che, pur avendo tratti comuni e complicanze simili, differiscono nella loro eziologia, patofisiologia ed evoluzione. Questo studio aggiunge importanti elementi di differenziazione ‘genetica’ che ci aiuteranno a classificare ancora meglio la patologia”.