Mai come oggi è importante sensibilizzare la popolazione a sottoporsi all’esame. I risultati di uno studio recente indicano che un ritardo di oltre 4-6 mesi porterebbe a un aumento dei casi di malattia diagnosticati a uno stadio avanzato; oltre i 12 mesi si arriverebbe anche a un aumento della mortalità
Bologna, 19 settembre 2020 – I risultati di uno studio guidato da ricercatori dell’Università di Bologna, dell’Università di Parma e IRCCS Humanitas, pubblicati sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, stimano le conseguenze che il rinvio degli esami di screening per il cancro del colon-retto, dovuto alla pandemia di Covid-19, potrebbero avere sulla ritardata diagnosi di malattia e sull’aumento della mortalità.
Lo studio stima che ritardi nello screening oltre 4-6 mesi aumenterebbero significativamente la diagnosi di casi più avanzati di cancro colorettale, e se i ritardi superassero i 12 mesi, sarebbe destinata ad aumentare anche la mortalità.
“Dall’inizio della pandemia, i programmi di screening del cancro del colon-retto sono stati sospesi per tutta la durata del lockdown, e la ripresa è stata particolarmente difficile con problemi organizzativi, logistici e di sensibilizzazione della popolazione a cui lo screening è rivolto”, spiega Luigi Ricciardiello, professore dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio.
“La pandemia ha avuto effetti negativi sugli screening non solo in Italia ma anche nel resto del mondo a causa di restrizioni alla circolazione o di riorganizzazione dei servizi sanitari per fare fronte all’emergenza. I risultati della nostra ricerca mostrano che questi ritardi possono portare a significative conseguenze negative sull’epidemiologia della malattia: è fondamentale mantenere prioritaria l’attività di screening del cancro colorettale da parte delle istituzioni”, prosegue Ricciardiello.
Dopo i mesi di sospensione dovuti al lockdown, l’attività di screening è spesso ripresa in misura ridotta, ma in alcune realtà si sta cercando di trovare percorsi alternativi. “Qui a Bologna il programma di screening dell’Azienda Usl, in collaborazione con le associazioni delle farmacie, ha riorganizzato l’accesso al test del sangue occulto fecale facilitando l’adesione. Questa modalità evita l’accesso nelle strutture sanitarie e aumenta il numero dei punti di riconsegna – aggiunge Ricciardiello – È necessario continuare a lavorare per aumentare ancora il numero degli utenti che aderiscono al programma”.
“Mai come oggi la popolazione va sensibilizzata: negli ultimi quindici anni lo screening del cancro colorettale ha portato a una riduzione dell’incidenza e conseguentemente della mortalità grazie all’individuazione e rimozione delle lesioni premaligne o a cure tempestive di tumori in stadio precoce – dice Luigi Laghi, professore dell’Università di Parma, capo del Laboratorio di Gastroenterologia Molecolare dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, Piattaforma congiunta con Università di Parma, e anch’egli coordinatore dello studio – In Italia un’interruzione dello screening di due mesi comporta il mancato invio di circa un milione di inviti alla popolazione a rischio, con una parallela diminuzione del 50% del tasso di pick-up, e una conseguente perdita dei test positivi stimati del 5% tra chi risponde”.
Pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology con il titolo “Impact of SARS-CoV-2 pandemic on colorectal cancer screening delay: effect on stage shift and increased mortality”, lo studio è stato coordinato da Luigi Ricciardiello (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna – U.O. Gastroenterologia, Policlinico di Sant’Orsola) e Luigi Laghi (Università di Parma, IRCCS Humanitas), con la collaborazione delle statistiche Clarissa Ferrari (IRCCS Fatebenefratelli di Brescia) e Michela Cameletti (Università di Bergamo). Lo studio è stato realizzato anche grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro: i due ricercatori Luigi Ricciardiello e Luigi Laghi sono titolari di Investigator Grants AIRC quinquennali.