Prof.ssa Maria Rosaria Gualano, Università di Torino: “Bisogna mettere al centro dell’agenda di sanità pubblica la cura della salute mentale del cittadino, in quanto la sofferenza mentale potrebbe rappresentare un’ennesima pandemia di cui occuparsi a livello globale, soprattutto per i soggetti più a rischio come i giovani, le persone sole e chi ha perso o rischia di perdere il lavoro”
Torino, 12 luglio 2020 – Sono stati pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health i risultati del progetto COCOS (Covid Collateral ImpactS), ideato e condotto dalla prof.ssa Maria Rosaria Gualano e dal dott. Gianluca Voglino. Il Gruppo di Ricerca – guidato dalla prof.ssa Roberta Siliquini – della Sezione di Igiene del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino, si occupa da anni di approfondire il tema del benessere mentale in un’ottica di sanità pubblica. Lo studio è stato realizzato nelle ultime due settimane della Fase 1 (19 aprile-3 maggio 2020), valutando l’impatto del lockdown sui comportamenti e sul benessere degli italiani.
Dalle interviste condotte su un campione di oltre 1.500 soggetti, tutti maggiori di 18 anni d’età, la salute mentale sembra essere un problema significativo. Si possono evidenziare profili di fragilità tra le donne, i più giovani e tra coloro i quali hanno subito difficoltà economiche legate al lockdown.
I dati mostrano che il 23,2% degli intervistati ha avuto disturbi di tipo ansioso, il 24,7% sintomi depressivi, il 42,4% disturbi del sonno e, per quest’ultima patologia, la probabilità di essere colpiti risulta doppia tra le donne. Ulteriori dati circa l’accesso alle cure, l’uso della mascherina e la paura di uscire e svolgere attività indotta dalle pressioni sociali saranno pubblicati dai ricercatori nelle prossime settimane e presentati al Congresso Mondiale di Sanità Pubblica che si terrà a ottobre 2020.
“Bisogna mettere al centro dell’agenda di sanità pubblica la cura della salute mentale del cittadino – dichiara la prof.ssa Maria Rosaria Gualano – in quanto la sofferenza mentale potrebbe rappresentare un’ennesima pandemia di cui occuparsi a livello globale, soprattutto per i soggetti più a rischio come i giovani, le persone sole e chi ha perso o rischia di perdere il lavoro”.
“L’alto interesse che lo studio ha suscitato tra gli intervistati – prosegue il dott. Gianluca Voglino – testimonia la necessità di ascoltare i bisogni dei cittadini. Serve farsi carico delle persone in modo globale, ancor di più in momenti difficili come quello che stiamo vivendo”.