Roma, 1 giugno 2020 – “La riapertura degli ambulatori in questo momento è solo sulla carta. La Regione ha dato delle indicazioni ma ogni Asl di fatto sta andando per conto suo, creando forti disuguaglianze sul territorio per l’accesso dei cittadini: alcuni ambulatori hanno già cominciato a fare le visite, altri hanno aperto solo a determinate branche, alcuni stanno facendo ancora delle sperimentazioni – per esempio con la diagnostica per immagini – per vedere come va, e altri ancora riapriranno solo a luglio. Ma non c’è tempo: vanno recuperate un milione di prestazioni e bisogna aumentare l’offerta”. Così il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, Antonio Magi, interpellato dall’agenzia Dire in merito alle linee guida della Regione Lazio per Asl e ospedali per recuperare le prestazioni saltate a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19.
Il piano di rimodulazione dei servizi entrerà a pieno regime a partire da mercoledì prossimo e prevede l’apertura di ospedali e ambulatori pubblici fino alle 22, anche il sabato (e alcuni la domenica), grazie a turni straordinari, ferie ridotte e assunzioni a progetto del personale medico, infermieristico e amministrativo.
“Siamo moderatamente soddisfatti perché l’attività ambulatoriale sta cominciando a riaprirsi – prosegue Magi- ma non possiamo certamente dire che sia andata a regime. Troppi cittadini, per troppo tempo, sono stati abbandonati a loro stessi e stanno aspettando ancora di essere visitati, nonostante abbiano assoluta necessità di avere una consulenza specialistica. Quello che temiamo, ora, è che molti di loro potrebbero presentarsi negli ambulatori senza neppure prenotare, creando così assembramenti. La prossima settimana incontrerò l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, per cercare delle soluzioni che possano snellire un po’ le liste d’attesa, grazie al supporto della telemedicina”.
Secondo il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, però, i teleconsulti non sono la soluzione: “Il rapporto medico-paziente non può basarsi su un collegamento via Skype – dice – il medico deve mettere le mani sul paziente. E poi come faccio a fare un elettrocardiogramma? Con un device posso monitorare il paziente a distanza, se già ce l’ho in carico, ma chi compra quel dispositivo?”.
Per rifissare le visite ‘perse’ dai Cup, intanto, il criterio non sarà quello della priorità nella data della prenotazione saltata, ma quello dato dal livello di fragilità dell’utente. “Questa modalità ha una logica – commenta Magi – si è optato per una stratificazione delle prenotazioni per cercare di privilegiare appunto i più fragili. Ma i pazienti vanno visitati tutti e prima ci affrettiamo a dare più prestazioni, prima andiamo a recuperare tutte quelle visite andate perse. Non dimentichiamoci che in Italia ci sono 24 milioni di malati cronici, 12 dei quali hanno più di una patologia. Ci sono pazienti che hanno bisogno del cardiologo ma anche del diabetologo, per esempio, per questo è necessario privilegiare anche un lavoro di equipe”.
Bene aprire gli ambulatori il sabato e la domenica, dunque, ma occorre “soprattutto aumentare l’offerta – aggiunge il presidente dei camici bianchi capitolini – che in questi anni è stata penalizzata moltissimo dal blocco del turnover. Bisogna avere il coraggio di investire sul territorio e sulla specialistica, ma anche sul personale. Ora più che mai ce n’è bisogno, altrimenti il rischio è quello di posticipare di altri tre mesi le liste d’attesa perché mancano medici, infermieri e amministrativi. Già prima del Covid-19 in molti ambulatori c’erano le stanze vuote perché mancavano gli specialisti e quindi non c’era un pieno utilizzo delle visite, per questo si creavano le liste d’attesa. E ora che dobbiamo far recuperare anche tutte le altre visite, come faremo?”.
Un punto da tenere in considerazione, rispetto al passato, è infine anche un altro: ogni esame e visita impiegherà più tempo dal momento che gli ambienti e le apparecchiature, tra un paziente e l’altro, dovranno essere sanificati. “Il tempo di visita di un medico rimane sempre lo stesso – commenta ancora Magi – quindi il problema è prettamente di natura organizzativa. Le Asl dovranno organizzarsi e ancora una volta – conclude – ribadisco che bisogna potenziare l’offerta”.